I giovani, la mafia e quelle ferite che fanno ancora male. Trent’anni dopo

CAMPI BISENZIO – Ci sono giornate in cui fare questo mestiere è sicuramente motivo d’orgoglio. Non tanto per quello che può rappresentare il sottoscritto per i nostri lettori (a livello personale sicuramente sì) ma per ciò che si ha la fortuna di poter vivere e provare a raccontare. Ne è riprova la mattinata odierna “andata in scena” nell’Auditorium del Centro Rogers in piazza Resistenza. Per un appuntamento che il Comune di Scandicci ha dedicato alla legalità e alla lotta contro le mafie, grazie anche alla presenza della  “Quarto Savona Quindici”, ovvero la “teca” che conserva quello che resta dell’auto della scorta del giudice Giovanni Falcone dopo l’attentato di Capaci del 23 maggio 1992. L’Auditorium ha ospitato infatti un convegno rivolto agli studenti del territorio a cui ha partecipato anche Tina Montinaro, vedova di Antonio Montinaro, uno degli agenti di Polizia rimasti uccisi nella strage mafiosa di trent’anni fa. Una mattinata ricca di emozioni, quindi, con il sindaco Sandro Fallani a fare gli onori di casa; emozioni che si sono moltiplicate quando Tina Montinaro ha risposto alle domande che alcuni dei tanti studenti presenti le hanno rivolto. Già perché come lei stessa ha ribadito più volte, “i giovani di oggi non hanno più scusanti, mentre hanno tutte le informazioni necessarie perché, anche con il loro esempio, certi fatti non si ripetano più. Si parte dai giovani per cambiare gli anziani”. E la mente è corsa subito al 1992, quando lei aveva 32 anni e il marito 29. E poi è volata in un attimo ai giorni nostri: nel mezzo trent’anni di storia di questo paese ma anche delle nostre vite, trent’anni in cui lei non si è mai tirata indietro, anzi, ma ha sempre voluto testimoniare, con la propria presenza e la propria voce, la tragedia che colpito la sua famiglia. “E’ stato difficile, è stato pesante ma andava fatto, perché quando sposi un poliziotto, tutta la famiglia entra in Polizia, è stato questo il giuramento che ho fatto a mio marito il giorno delle nozze”. Una giornata insomma per dire no a tutte le mafie, preceduta da un flash mob realizzato dagli stessi studenti a cui Tina Montinaro ha assistito emozionata. E siccome gli agenti della scorta del giudica Falcone, così come era stato in precedenza per Rocco Chinnici e poche settimane dopo la strage di Capaci per Paolo Borsellino, avevano deciso da che parte stare, anche i più giovani, ma non solo loro, devono fare altrettanto: “La bomba di Capaci è entrata in casa mia e ancora oggi ne porto i segni”: parole che non hanno bisogno di alcuna interpretazione. Mentre un cittadino chiede, con educazione, se può lasciare un fiore davanti ai resti della macchina, “perché è grazie a iniziative come questa che la “Quarto Savona Quindici” ha continuato a macinare chilometri in tutti questi anni”. E non intende certo fermarsi oggi. Grazie anche ai più giovani che desiderano “guidarla”: ragazzi e ragazze che con l’esempio quotidiano possono e devono dimostrare il loro coraggio “anche se noi adulti – riprendendo sempre le parole di Tina Montinaro – dobbiamo dare loro l’esempio e fare la nostra parte”.