I medici, i consigli tramite WhatsApp e il (non) ritorno al passato

CAMPI BISENZIO – “A Firenze un medico su due usa WhatsApp per ricette e consigli”: la notizia è di oggi; il convegno, organizzato dall’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri di Firenze e provincia e che ha preso in esame un sondaggio condotto nel 2022, si è svolto ieri. E’ vero, “la messaggistica tramite cellulare permette di dare in tanti casi risposte rapide e tempestive ai pazienti” e, in tal senso, la tecnologia ha fatto passi da gigante: ci si ferisce? Si fa la foto, si invia tramite WhatsApp al medico di famiglia e lui (o lei, altrimenti qualcuno/a potrebbe risentirsi…) ti invia la la risposta sempre con un messaggio. “Tutto molto bello”, avrebbe detto Bruno Pizzul in una delle sue telecronache di una partita di calcio. E in effetti è vero: con la tecnologia oggi praticamente si può tutto. Lo dimostrano anche i tanti casi risolti, molto spesso gravi, grazie anche all’uso di mezzi e strumenti impensabili – e forse anche inimmaginabili – anni fa. E di questo bisogna essere solo grati a chi, proprio grazie alla scienza e alla tecnologia, riesce a salvare una o più vite. C’è un aspetto, però, del sondaggio che balza agli occhi e che mi fa tornare indietro nel tempo: un aspetto di costume? Un elemento di riflessione? Un momento di nostalgia? A voi la scelta. Mi riferisco all’età media di chi ha risposto: 55 anni per 1.541 professionisti intervistati, di cui 814 di sesso maschile e 727 femminile. Praticamente la stessa età di chi scrive. E che ha avuto la fortuna, perché per me è stata una fortuna, di ricevere a casa il medico di famiglia quando c’era un’influenza da debellare o, tanto per fare un altro esempio, un calcolo renale da espellere. Ne ricordo due in particolare, che purtroppo non sono più fra noi ma che mi piace citare non solo per l’affetto che mi legava a loro ma anche perché mi ricordano gli anni belli dell’infanzia e della “gioventù”: il dottor Trincas e il dottor Pini. Li vedevi arrivare, magari anche al termine di una lunga giornata di lavoro, con la loro borsa di pelle da cui tiravano fuori penna e ricettario che, soprattutto nell’immaginario di un bambino, erano un po’ come gli strumenti che un mago usa per far riuscire i propri giochi. In quel caso il dottore era il “mago” e con le sue “magie” riusciva a sconfiggere il male. O almeno ci provava. Ma erano sufficienti le rassicurazioni che ti dava nel corso della visita, che poteva durare anche un’ora, a far credere che fosse così. Non che oggi non lo sia, anzi: massimo rispetto per chi sceglie la professione di medico. Per quanto mi riguarda, e così rispondo anche a una delle domande che ho posto in precedenza, non è solo un “momento nostalgia”. Ma il tempo purtroppo passa veloce e la nostalgia spesso rischia di essere soltanto un orpello…