Il Valico, sotto l’albero si aspetta un po’ di attenzione in più

CAMPI BISENZIO – Passare dal Valico, per quanto mi riguarda, è come risalire sempre alle origini della mia storia personale. Qui, infatti, ha vissuto a lungo una fetta consistente della mia famiglia e ora che la nostra sede è a Spazio Reale, a San Donnino, mi capita praticamente tutti i giorni di passare da quel tratto di via delle Molina e da quelle case che in parte rientrano nell’orbita del Comune di Campi e in parte in quella del Comune di Signa. Con porte e finestre che inevitabilmente spalancano l’album dei ricordi. E’ così anche in via dei Bassi, fino alla stazione ferroviaria di San Donnino. Lo dice anche il nome: questa è una terra di “confine”, un valico da attraversare. Senza contare che nella stessa zona ci sono anche il Fosso Macinante e il vecchio molino, quello ritratto in tanti quadri e il cui “arco” viene preso come riferimento dai sammoresi nei giorni di piena del Bisenzio, che sono di competenza del Comune di Firenze. Un bel “rompicapo”, un insieme di responsabilità in cui quelli che rischiano di rimetterci sono sempre i cittadini. Lo dimostrano le ultime due ondate di maltempo, quella di novembre e quella dell’ultimo fine settimana, con un Fosso Macinante gonfio di acqua e alcune abitazioni – nel primo caso – danneggiate. Lo dimostra il loro malcontento, come si può leggere anche dai commenti lasciati sulla nostra pagina Facebook. Eppure quella del Valico è sempre stata gente accogliente. In una zona, forse proprio perché più lontana rispetto ad altre dal centro dei due Comuni, dove la solidarietà e l’aiuto verso il prossimo sono sempre state di casa. Due concetti che mi fanno tornare alla mente racconti relativi agli anni della guerra o dell’alluvione del 1966, anni ricchi di vicinanza e di voglia di darsi una mano l’uno con l’altro. Anni lontani ma non irripetibili. Anni che però adesso hanno bisogno di un po’ di presente. Fatto di una maggiore attenzione da parte di tutte e tre le amministrazioni comunali. Magari da trovare… sotto l’albero. In modo che questa non sia più una terra di “frontiera” ma di condivisione.