Campioni viola nella storia: Miguel Montuori

FIRENZE – Alla metà degli anni Cinquanta la Fiorentina preparava l’assalto allo scudetto. L’Italia si era ripresa dalla guerra. I giovani mordevano il freno e cominciavano a vestirsi con i blu jeans, i giubbotti di pelle, le camicie a scacchi; ascoltavano il rock and roll (i juke box nel 1956 erano cinquecento in tutto il paese, i flipper venivano vietati dai questori, così come i costumi a due pezzi nelle spiagge). I comportamenti ribelli dei “Teddy boys” incontravano i mutamenti del costume: la Lambretta e la Vespa anticiparono la motorizzazione di massa delle auto. Il cinema era la fabbrica dei sogni: ce ne era uno ogni trentamila abitanti, solo la Svezia aveva una proporzione maggiore e gli stabilimenti di Cinecittà, a Roma, attraevano le star di Hollywood che venivano a girare le loro produzioni. Si andava a letto presto ed i divertimenti della domenica erano lo stadio, il dancing o la spiaggia. L’Italia procedeva a passi da gigante verso gli anni del boom economico, l’analfabetismo e l’ignoranza erano limiti da rimuovere per lo sviluppo, così come le baraccopoli ai margini della città. Il paese stava cambiando volto.

Anche nel calcio italiano si preparava qualcosa di nuovo. Le ambizioni della Fiorentina erano giustificate dall’avere un forte presidente (l’industriale tessile Befani), un allenatore colto e innovatore (Fulvio Bernardini), una squadra con un blocco difensivo già convocato in Nazionale. Mancava l’ultimo tassello: il completamento dell’attacco. L’anno precedente era stato acquistato, a caro prezzo (75 milioni) il giovane centravanti Giuseppe Virgili dall’Udinese, ma il ragazzo, pur segnando, non poteva risolvere da solo tutti i problemi offensivi. Bernardini aveva le idee chiare fin dalla Coppa del Mondo 1954. Voleva l’ala destra del Brasile Julinho, un fuoriclasse assoluto, e la Fiorentina lo accontentò a seguito di una lunga trattativa condotta in Brasile per quasi tutto il mese di luglio. Tra l’8 e il 9 giugno 1955 i giornali dettero la notizia dell’acquisto di Montuori dall’Università Cattolica di Santiago del Cile. Fu un assoluta sorpresa. Miguel figlio di un pescatore di Sorrento, era nato a Rosario in Argentina il 24 settembre 1932. Era stato a lungo tra le riserve del Racing di Avellaneda fino a quando, raccogliendo un suggerimento di Guillermo Stabile che aveva giocato in Italia, accettò di spostarsi in Cile dove le sue qualità emersero subito.

Qualità che non sfuggirono a un missionario italiano, il bergamasco padre Volpi, che segnalò Montuori al direttore sportivo viola, Luciano Giachetti, del quale era amico. Come ha raccontato l’indimenticabile giornalista Giampiero Masieri in Fiorentina 80 anni di storia: “Giachetti girò l’informazione al presidente Befani, e Befani non disse né sì né no, preferì dare l’incarico a un amico che lavorava a Santiago, Antonio Girardi, di approfondire la situazione e fargli sapere qualcosa con calma”. Ma, è sempre Masieri che racconta, “Girardi non ebbe tanta calma, perché venne a sapere che Renato Cesarini, ex della Juventus dei tempi di Combi, era sulle piste del giocatore. Altro che calma, bisognava stringere i tempi e presentarsi con i soldi. Quanti? Diciotto milioni.” Montuori stupì tutti per le sue qualità tecniche e, superate le difficoltà iniziali, si rivelò un campione. La sua intesa con Julinho e Virgili andò affinandosi di giornata in giornata e furono protagonisti, con tutta la squadra, di un campionato strepitoso: uno scudetto, il primo della storia gigliata, conquistato con cinque giornate d’anticipo e che abbiamo già raccontato su Piananotizie.

Miguel indossava la maglia numero 10. Era un centrocampista finto, in realtà giocava da seconda punta e preparava le sue conclusioni facendo una diagonale sinistra-destra, mentre Virgili si spostava per creargli spazio e Miguel liberava il suo destro micidiale. Era un calciatore infaticabile, un vero “faticatore” come veniva detto a quei tempi che, contraddizione evidente per l’epoca, si muoveva in modo “vellutato”, quasi in surplace, giocando d’istinto e trovando sempre il verso di saltare l’avversario diretto. Era un ragazzo semplice, non abituato alla ribalta dei riflettori ed arrossiva facilmente davanti ai giornalisti. Bernardini spiegava che la sua caratteristica migliore era avere sempre la palla pronta dopo una finta, uno scarto, un dribbling. Partecipava al gioco, portando idee ed energie, più partecipava più si divertiva, più aveva voglia di giocare. Montuori aveva un grosso repertorio tecnico: stoccatore di qualità, palleggiatore dotato, era rapido nel puntare a rete e costituì con Virgili un tandem d’attacco ragguardevole.

Montuori, tesserato come “oriundo” per la discendenza italiana, dopo tre presenze in Nazionale venne considerato italiano a tutti gli effetti e a Firenze. Ubaldo Farabullini, massaggiatore storico dei viola, lo descriveva così: brevilineo, muscoli elastici, riflessi molto vivaci. Negli anni successivi Montuori rappresentò al meglio quella maglia viola indossata nel periodo più bello: dopo lo scudetto, la finale di Coppa dei Campioni ed i quattro secondi posti consecutivi. La sua carriera si concluse inaspettatamente e maledettamente il 19 aprile 1961, per una pallonata presa in un incontro delle formazioni “De Martino” di Fiorentina e Perugia che Miguel giocava per preparare il suo rientro in prima squadra dopo un infortunio. La pallonata provocò il distacco della retina con gravi conseguenze visive.

Miguel in Italia ha giocato solo nella Fiorentina e il suo palmarès vede: lo Scudetto 1955-1956; la Coppa delle Coppe 1960-1961 e la Coppa Italia 1960-1961; la Coppa Grasshoppers 1952-1957; la Coppa delle Alpi 1961; due volte la Coppa dell’Amicizia 1959 e 1960. Ha disputato dodici partite in Nazionale con due reti realizzate e indossando per due volte, primo oriundo della storia, la fascia da capitano. A Firenze Montuori trovò la sua dimensione umana, oltre a quella sportiva, diventando babbo e cittadino fiorentino. Quando nel 1965, per iniziativa del presidente Baglini furono organizzati i Viola Club fu nominato presidente onorario del primo Centro di Coordinamento Viola Club, ma questa è un’altra storia, ne parleremo prossimamente.

Massimo Cervelli – Commissione storia Museo Fiorentina