
CAMPI BISENZIO – Fino dal campionato 1953-1954 la Fiorentina aveva dimostrato di poter ambire allo scudetto, ma ma doveva rafforzare l’attacco. L’anno seguente arrivò il giovane Virgili acquistato dall’Udinese per 75 milioni di lire. Ebbe un buon rendimento realizzativo, ma i suoi gol non bastarono per colmare le lacune offensive gigliate. Serviva un colpo di valore assoluto. L’allenatore Fulvio Bernardini aveva negli occhi le immagini della Coppa del Mondo 1954, un torneo in cui si erano confrontate le diverse scuole europee e sudamericane. L’Ungheria, prima di essere inopinatamente sconfitta in finale dalla Germania Occidentale, eliminò, in due vere battaglie, il Brasile nei quarti di finale e l’Uruguay, campione del mondo in carica, in semifinale. Il tecnico era rimasto, calcisticamente, estasiato dal modo di giocare dell’ala destra brasiliana, per l’intelligenza dimostrata nel muoversi in campo, oltre che nell’attaccare gli avversari, tanto da definire Julinho l’espressione massima del ruolo di ala. Fisico longilineo (1,80 m per 78 kg, secondo l’Almanacco del calcio italiano), naso pronunciato e baffi d’accompagnamento, Julinho era in possesso di un tasso di classe molto raro. Il presidente Befani autorizzò l’operazione: la Fiorentina aveva decido di concludere il rapporto con Gren, il campione svedese “professore” del centrocampo per cui disponeva di un posto libero per acquistare un calciatore straniero.
Furono incaricati della missione il vicepresidente Pacini e lo stesso Bernardini che il 4 luglio 1955 volarono a San Paolo per convincere l’attaccante ad accettare l’offerta della Fiorentina. La trattativa durò quasi un mese e tenne con il fiato sospeso tifoseria e stampa cittadina, con continui colpi di scena, ma alla fine fu trovato l’accordo: Julinho diventò il primo calciatore brasiliano nella storia della Fiorentina. Fu un’operazione complessa, oltre che costosa, anche economicamente: circa 50 milioni di lire andarono al Portoguesa, altri dieci milioni di ingaggio al calciatore, a cui spettava anche uno stipendio mensile di 375.000 lire. Al ritorno in Italia Bernardini tracciò un profilo completo di Julinho. L’atleta, nato il 29 luglio 1929 a San Paolo non si era mai mosso dalla casa della famiglia ed era un campione di correttezza, mai ammonito in campo e tecnico. Dal punto di vista tecnico si poteva definire un brasiliano anomalo. Il suo dribbling era essenziale e non orientato agli eccessi funambolici tipici delle talentuose ali brasiliane. Un attaccante concreto, forte nei fondamentali, con un grande carisma in campo derivato dalla capacità di dettare la manovra offensiva della squadra e di aiutare i compagni con i ripiegamenti.
Il suo arrivo a Firenze fu un piccolo evento. Il 4 agosto, alla stazione di Santa Maria Novella, due-trecento tifosi lo accolsero calorosamente. Dopo una breve tappa allo stadio, fu accompagnato nel ritiro di Abbadia San Salvatore, dove lo attendevano compagni e tifosi. Colpì tutti, oltre che con la tecnica, anche con il suo particolare abbigliamento: scarpe rosse in cuoio e pantaloni da gaucho. In campo il suo impatto fu immediato ed emerse già nel precampionato. Il 21 agosto, nella Coppa Grasshoppers a Vienna, la Fiorentina pareggiò 2-2 contro l’Austria Wien. Julinho apparve spaesato dal gioco europeo, più tattico rispetto a quello sudamericano, ma era convinto che si sarebbe adattato presto, anche grazie all’arrivo della moglie Teresa e del figlio Luis Carlos che lo avrebbero rasserenato. Il 4 settembre, contro l’Hajduk, arrivò una vittoria per 2-0 e le prime conferme: Julinho brillò per tecnica, velocità e visione di gioco. L’8 settembre, nella vittoria per 1-0 contro la Dinamo Mosca, fece ulteriori progressi, mostrando a tutti che era pronto a lasciare il segno in Italia.


La Fiorentina favorì in tutti i modi l’inserimento di Julinho a Firenze, creandogli un contesto familiare, con la sorella e il cognato, ed amicale, acquistando un suo ex compagno nel Portoguesa, Roberto Ortega (foto in alto), che si trasferì con la famiglia, ma che non disputò nessuna partita ufficiale con la maglia viola. La Fiorentina, completato l’attacco con Julinho e Montuori, era una squadra senza punti deboli e dominò il campionato 1955-56 vincendolo con dodici punti di vantaggio in classifica sulla seconda squadra classificata (all’epoca per la vittoria venivano assegnati due e non tre punti come oggi). Julinho fu l’assoluto protagonista: un fuoriclasse capace di mandare in crisi qualsiasi difesa e guidare l’attacco con intelligenza e tecnica. Il suo repertorio era vastissimo: dribbling, finte, capacità quasi naturale di liberarsi e liberare i propri compagni. Era bravissimo a costruire l’azione, anche abbassandosi a centrocampo per prendere il pallone, e rapidissimo nel guidare i rovesciamenti di fronte. Il suo tiro era potente e preciso – lasciava partire dei veri “missili” – e nei tackle non mostrava paura. Era in possesso di un palleggio raffinato e saltava l’uomo con grande facilità, sia in velocità che con una semplice finta di corpo. Superava il primo avversario, poi il secondo, e infine serviva un assist perfetto al compagno meglio piazzato. I suoi passaggi per Virgili divennero un “brano d’autore”: rasoterra tesi dalla linea di fondo, diretti nell’area dove il centravanti arrivava e concludeva con forza.
Il segreto del suo gioco stava nella capacità di comprendere il punto debole dell’avversario. “È più forte con il sinistro? Allora lo attacco sul destro (…). Se la mia finta lo costringe a chiudermi verso l’interno, vado all’esterno, così dispongo di uno spazio maggiore”. Julinho conquistò tutti, non solo come calciatore ma anche come persona. Era umile, semplice, sempre disponibile. Un campione anche fuori dal campo. Rimase a Firenze tre stagioni. Nella prima vinse lo scudetto, nella successiva i sogni di gloria si spensero a Madrid contro il Real nella finale di Coppa dei Campioni. Julio fu preda della saudade e tornò solo a campionato 1957-1958 iniziato. Era il suo ultimo campionato in Italia e lo onorò al meglio, con la Fiorentina ancora, come nel torneo precedente, seconda in classifica. Il suo ultimo atto fu il 29 maggio 1958, quando scese in campo nell’amichevole contro il Brasile che preparava la Coppa del Mondo in Svezia, la mattina dopo tornava in patria. Julinho rimase legato alla sua esperienza nella Fiorentina e, tornato a casa, visse una sorta di saudade viola, seguendo con attenzione le vicende della Fiorentina, venendo più volte a Firenze, mantenendo vivi i rapporti con i suoi compagni e con chi era diventato amico durante la sua splendida avventura gigliata.
Massimo Cervelli, commissione storia Museo Fiorentina