Nuovo appuntamento con “Piana viola”, l’appuntamento mensile che Piananotizie ha “fissato” con il Museo Fiorentina. E in aprile, la scelta non poteva che cadere sul “ragazzo cha gioca guardando le stelle”, Giancarlo Antognoni, la bandiera della Fiorentina, il suo capitano per antonomasia, nato proprio il 1 di questo mese. A raccontarne la storia per il Museo Fiorentina è Stefano Borgi, qui sotto in foto proprio in mezzo a due primi piani di “Antonio”.
CAMPI BISENZIO – Difficile condensare in poche righe cosa sia stato Giancarlo Antognoni per Firenze e per il calcio in generale. Difficile riassumere in poche righe 17 anni di carriera (15 con la Fiorentina, due con il Losanna), 73 presenze in Nazionale e un titolo di campione del mondo. Difficile infine, per non dire impossibile, spiegare, illustrare, raccontare (in poche righe) la sua grandezza, come calciatore e come uomo. Noi ci proviamo, scusandoci per eventuali errori e omissioni, ma lo facciamo con orgoglio e un po’ di riverenza, nel giorno del suo 69esimo compleanno.



Giancarlo Antognoni nasce il 1 aprile 1954 a Marsciano, in provincia di Perugia. Prima di tutto sdoganiamo la coincidenza anagrafica con il famoso “pesce”, (nello stesso giorno sono nati anche Roberto Pruzzo e Arrigo Sacchi), e poi la dicitura “nato a Marsciano (PG) il 1 aprile 1954” è ben nota a chi ha passato il mezzo secolo di vita e ha collezionato figurine sull’album della Panini. Ma andiamo con ordine. Prima di Marsciano, cronologicamente parlando, vengono altri due paesi dell’hinterland perugino: Papiano, da dove proviene l’intera stirpe degli Antognoni, e Casalina, dove è nato Giancarlo, da babbo Gino e mamma Luciana. Insieme a loro il fratello maggiore Viscardo. Purtroppo, né a Papiano, né tanto meno a Casalina c’è un ospedale, ed ecco perché il futuro campione del mondo vedrà la luce proprio a Marsciano, a 30 chilometri da Perugia. Subito due piccoli “appunti”: 1) Antognoni cresce tifoso milanista per “colpa” del padre Gino, gestore di un bar sede di un Milan club. Il suo idolo è Gianni Rivera e la prima partita che vede allo stadio sarà un Bologna-Milan 0-2 del 1965. 2) La prima squadra di Antognoni sarà la San Marco Juventina, una formazione di prima categoria umbra, il cui nome e i colori bianconeri sono per noi fiorentini tutto un programma. Per fortuna le tappe successive saranno la serie D con l’Asti MaCoBi e la cessione al Torino (appena un’amichevole disputata con i granata), prima di tornare ad Asti ed arrivare a Firenze grazie all’intuito di Nils Liedholm e alla perseveranza di Egisto Pandolfini.
Era il 1972, da quel momento la scalata del “ragazzo che gioca guardando le stelle” sarà inarrestabile: esordio in serie A il 15 ottobre alla 3° giornata contro il Verona (gioca con il numero 8 per l’assenza di De Sisti con Merlo che prende la maglia numero 10), e con 20 presenze alla fine della stagione conquista subito la maglia da titolare. Ancora un esordio, quello in nazionale, datato 20 novembre 1974, a Rotterdam contro l’Olanda (con, alla fine, i complimenti di un certo Johan Cruyff…). Infine veste per la prima volta la fascia di capitano della Fiorentina nella stagione ’76-’77 con in panchina Carlo Mazzone. A questo proposito si narra che, dopo la cessione di Merlo all’Inter, la fascia sarebbe dovuta andare (per anzianità) a Galdiolo oppure al libero dell’epoca Ennio Pellegrini. Al che, per fugare ogni dubbio, lo stesso Pellegrini raduna lo spogliatoio e dice: “Scusate, ma la gente per chi viene allo stadio? Per me, per Galdiolo, o per Antognoni?” Verità o leggenda, fantasia o realtà? A noi piace crederci, e così (dopo una bella risata generale) andò in scena l’investitura di “Re Giancarlo di Firenze”.



Sembra una barzelletta ma già nel 1976 i fiorentini andavano allo stadio (soprattutto) per vedere Antognoni. La seconda metà degli anni ’70 sono duri per la Fiorentina, anni cosiddetti operai, dei “poveri ma belli”, con le uniche soddisfazioni chiamate Coppa Italia e Coppa di Lega italo-inglese. Presidenze appassionate ma con disponibilità limitate, campagne acquisti al risparmio con un solo colpo di mercato: la riconferma di Antognoni. E allora al popolo viola non rimaneva che godersi quel magnifico ragazzo biondo con la maglia numero 10, invidiato da tutta Europa. Nel 1978 “Antogno” fallisce i mondiali in Argentina a causa di una fastidiosissima tarsalgia, con la Fiorentina si salva all’ultima giornata di campionato, rifiuta la Juventus che in cambio offre i cartellini di Causio e Benetti. Nel 1980 la svolta: a Firenze arrivano i Pontello, si passa da una gestione familiare a una più manageriale, e per la seconda volta Giancarlo giura eterna fedeltà alla maglia viola declinando l’offerta (sontuosa) della Roma. Sembra l’inizio di un ciclo di vittorie, ahimè frenate dai gravissimi infortuni: prima con il genoano Martina (novembre ’81, frattura temporale alla tempia sinistra), poi con il sampdoriano Pellegrini (febbraio ’84, frattura scomposta di tibia e perone alla gamba sinistra).

Sfumano, per motivi diversi, due possibili scudetti (’81-’82 e ’83-’84), mentre va meglio con la Nazionale di Bearzot nella quale, ai Mondiali di Spagna ’82, disputa sei partite su sette e si laurea campione del mondo. Antognoni, però, manca proprio l’ultimo appuntamento, la finalissima, per un taglio sul collo del piede destro rimediato nella semifinale con la Polonia. Al Santiago Bernabeu Giancarlo avrebbe calciato quel rigore sbagliato da Cabrini (era lui il primo rigorista), e sarebbe entrato definitivamente nella storia. E invece Antognoni è stato un calciatore meraviglioso che ha fatto la storia ma che, per assurdo, è sempre stato… a un passo dalla storia.

Antognoni salta completamente la stagione ’84-’85 (quella di Socrates, per capirsi) e rientra nel novembre ’85 accolto da un poetico striscione della Fiesole: “Niente ti ha distrutto, sei come il sole, risorgi e illumini tutto”. Purtroppo niente sarà più come prima, il vero, inarrivabile Antognoni è calcisticamente finito il 12 febbraio 1983 in quel maledetto Fiorentina-Sampdoria. Dopo, una buona seconda parte di stagione ’85-’86 (nonostante l’ostracismo di Agroppi) e una discreta ultima annata (’86-’87) con allenatore Eugenio Bersellini. L’ultimo gol in maglia viola il 12 aprile 1987, Fiorentina-Empoli 1-1 (il primo era stato il 18 marzo 1973, Fiorentina-Cagliari 3-0), l’ultima partita il 17 maggio 1987, Fiorentina-Atalanta 1-0. In totale 341 presenze in serie A con 61 gol, 429 presenze totali (comprese le coppe) e 72 reti. In più 7 centri in Nazionale.

E chiudiamo, riallacciandoci al nostro incipit, con lo spiegare, illustrare, raccontare cosa è stato Antognoni per Firenze. Innanzitutto il cognome: Antognoni, una pronuncia rotonda, ridondante, quasi un superlativo plurale che aggiunge sacralità alla grandezza dell’atleta. Poi il portamento, la corsa, l’eleganza: crediamo di non fare torto a nessuno se diciamo che Giancarlo Antognoni è stato il calciatore più elegante della storia del calcio. Testa alta, sguardo avanti (mai basso sul pallone), il calcio forte, teso, pulito, tanto che (“Ciccio” Graziani cit.) mentre il pallone era in aria si poteva leggere nitidamente la marca Adidas. E capirete che, in una città storicamente culla dell’arte e del rinascimento, queste sono caratteristiche a dir poco vincenti. Ancora: il fatto che ce l’avevamo solo noi. Lo abbiamo detto, fin dal suo esordio in nazionale Antognoni è stato presente in tutte le rappresentative europee (al tempo andavano molto di moda), è stato oggetto del desiderio di tutti i presidenti di serie A (Agnelli in primis), era riconosciuto da tutte le tifoserie il miglior calciatore italiano per distacco (meno dalla stampa del nord che gli preferiva Zaccarelli, poi Beccalossi, addirittura Dossena). E infine… il privilegio che Antognoni sia rimasto per sempre alla Fiorentina. Un’autentica bandiera, come Bulgarelli per il Bologna, Riva per il Cagliari, Facchetti per l’Inter, Rivera per il Milan. Una bandiera, un simbolo come oggi non se ne vedono più. Gli altri vincevano coppe e scudetti? Fa niente, perché noi avevamo Antognoni. E ce ne facevamo scudo. Contro tutto e contro tutti. Ecco perché in precedenza abbiamo ricordato come Antognoni sia stato un grandissimo, come calciatore ma anche come uomo: perché Antognoni ha scelto il cuore e non la ragione, il sentimento e non il portafoglio, l’ideale e non la vittoria. Giancarlo Antognoni ha scelto Firenze, e noi gliene saremo grati per sempre.
Stefano Borgi