Maggio 1956: la Fiorentina è campione d’Italia

CAMPI BISENZIO – Con questa terza puntata concludiamo la piccola storia della grande Fiorentina del 1956. Nei due precedenti articoli abbiamo visto le radici, la costruzione della società e della squadra che, trent’anni dopo la sua fondazione, regalò per la prima volta a Firenze la vittoria dello scudetto. Ci addentriamo, quindi, in quel magnifico campionato. Ricordiamo che, in quegli anni, i punti per la vittoria erano due; non erano previste sostituzioni e le rose delle squadre erano di undici titolari e tre giocatori, uno per reparto, oltre ai migliori giovani. La formazione base era così composta. In porta Sarti, davanti a lui tre difensori: la coppia di terzini Magnini e Cervato e il difensore centrale Rosetta. Nel quadrilatero di centrocampo previsto dal WM, il sistema con cui si schieravano allora le squadre, i due mediani erano Chiappella, a cui era affidato il gioco di rottura e l’arretramento sulla linea difensiva, e Segato, con funzioni propulsive; gli interni Gratton, che faceva un gran lavoro di spola e sostegno sia della difesa che dell’attacco, e Montuori, mezzala, ma attaccante di fatto. La prima linea schierava Julinho, alla destra, Virgili, centrattacco come si diceva allora, e Bizzarri, ala sinistra. Oggi il WM sarebbe stato rappresentato come un 3-2-2-3. Ad inizio stagione i rincalzi erano: Toros, portiere di riserva; Bartoli, terzino, e Orzan, mediano, per la difesa; Scaramucci, mediano, e Mazza, mezzala, per il centrocampo; Prini per l’attacco. Più i giovani viola di cui l’unico utilizzato nel campionato sarà Sergio Carpanesi.

Forte dell’entusiasmo dei suoi tifosi e delle prestigiose vittorie ottenute nel precampionato contro l’Hajduk e la Dinamo Mosca, la Fiorentina fece il suo esordio in campionato a Busto Arsizio. I gigliati andarono in vantaggio 2-0, ma l’infortunio di Bizzarri sul finire del primo tempo lasciò la squadra in dieci e la Pro Patria riuscì a pareggiare. Come sostituire Bizzarri vittima di un lungo stop? Fu questo il leit motiv delle prime partite. Nella gara con il Padova Bernardini lo sostituì inserendo la mezzala Mazza e spostando Gratton all’ala sinistra, ma la vittoria (1-0) arrivò senza particolare qualità nel gioco. Convinzione (tanta), la dette la vittoria a Torino alla terza giornata, con un clamoroso 4-0 inflitto alla Juventus. Il big match con l’Inter a Firenze, finì 0-0 e dette le stesse sensazioni vissute con il Padova: in attacco il gioco della squadra non trovava la giusta fluidità. Bernardini azzardò un cambiamento che si rivelò decisivo. A Bologna dette la maglia numero 11 a Prini, attaccante eclettico, dandogli le chiavi della fascia. Prini arretrava a centrocampo e favoriva gli sganciamenti di Cervato, terzino capace di grandi proiezioni offensive e dotato di un tiro micidiale, non a caso rigorista. Questo movimento permetteva che la retroguardia si compattasse con il semplice scalare di Chiappella che sapeva, fra le tante doti, marcare perfettamente gli attaccanti avversari. Prini più che l’ala “tornante”, come veniva definito allora l’ala che rientrava, fu il vero uomo in più: a centrocampo, ma anche in difesa, senza trascurare l’attacco! Con il successo di Bologna (2-0) prese il via la formazione titolare dello scudetto.

La Fiorentina annichiliva gli avversari, forte dell’irresistibilità di Julinho e della sua arte nel far detonare l’esplosivo Virgili, della sveltezza e della classe di Montuori e della grande capacità di costruzione del gioco di Segato. Il calendario scorreva con la Fiorentina implacabile: 4-1 all’Atalanta, pareggio a Vicenza (1-1), Torino battuto in casa (2-0) e pareggio a Novara (1-1); successo a Milano in casa del Milan (2-0) senza avere a disposizione Julinho rientrato alla vigilia dal Brasile per la morte del padre; doppio successo casalingo con Roma (2-0) e Triestina (1-0), prima dello show dell’ultimo dell’anno in diretta televisiva a Roma contro il Napoli (4-2)! La Fiorentina guidava la classifica con cinque punti di vantaggio e nemmeno il doppio pareggio casalingo con Spal e Sampdoria, partite senza reti, avvantaggiò gli avversari: dopo il pareggio a Roma con la Lazio (2-2) e la vittoria con il Genoa (3-1) alla fine del girone d’andata il distacco era sempre di cinque lunghezza sul Milan.

Le quattro vittorie consecutive all’inizio del girone di ritorno, l’ultima a Milan contro l’Inter (3-1) scavarono un solco portando il vantaggio sul Milan ad otto punti. Orzan aveva sostituito Rosetta, gravemente infortunato, al centro della difesa e fu il dodicesimo titolare di quell’impresa. Era dai tempi del Grande Torino che sui campi italiani non si vedeva una squadra così forte, dominante e capace di esprimere un gran bel calcio. Il sigillo fu messo nella partita contro il Milan a Firenze: tre a zero per i viola, gol di Prini e doppietta di Virgili. Lo scudetto, aritmeticamente, fu conquistato con cinque giornate di anticipo, il 6 maggio 1956, 1-1 a Trieste contro la Triestina. L’obiettivo diventò quello di concludere il campionato senza una sconfitta, impresa non ancora riuscita a nessuna squadra. La beffa arrivò all’ultima giornata di campionato, a Marassi. Negli ultimi minuti, dopo trentatré giornate, i viola, complice l’arbitro Jonni di Macerata, dovettero capitolare. Una sconfitta ingiusta, un boccone amaro da digerire, ma compensato dalla bandiera viola che Mario Fantechi aveva piazzato sulla Torre d’Arnolfo in Palazzo Vecchio per celebrare il trionfo. Il vantaggio sul Milan, secondo, fu di dodici punti. Era proprio l’esempio del Grande Torino, della sua assoluta padronanza del campo, che i viola richiamarono. La Fiorentina insegnava un nuovo verbo calcistico, affrancando il calcio nazionale dalle tattiche rinunciatarie.

In trent’anni di attività, dal 29 agosto 1926, i migliori piazzamenti dei viola erano stati il terzo posto nel 1934-35 (con 39 punti dietro a Juventus, 44 punti, e Ambrosiana-Inter, 42) e nel 1953-54 (con 44 punti, alla pari col Milan, dietro all’Inter, 51 punti, e alla Juventus 50). Eravamo, finalmente, campioni! Lo squadrone di Bernardini stabilì sette nuovi record, e ne eguagliò un ottavo: 1) Maggiore sequenza di partite senza sconfitte: 33 (precedente 24 del Milan). 2) Miglior serie iniziale di partite senza sconfitte: 33 (precedente 19 di Bologna e Inter). 3) Maggior vantaggio sulla seconda classificata nei campionati a diciotto squadre (12 punti). 4) Minor numero di sconfitte complessive: 1 (precedente 3 di Bologna e Inter). 5) Minor numero di sconfitte in trasferta: 1. 6) Minor numero di reti subite: 20. 7) Minor numero di reti subite sul proprio campo: 6. 8) Maggior numero di punti in trasferta: 24. Eguaglia, per i campionati a diciotto squadre, il primato della Juventus 1930-31.

GIOCATORI IMPIEGATI DALLA FIORENTINA CAMPIONE D’ITALIA con presenze e reti

SARTI GIULIANO02.10.1933Castello d’Argile (BO)25-16
TOROS RICCARDO06.12.1930San Lorenzo di Mossa (GO)9-4
BARTOLI GIAMPIERO01.04.1934San Giovanni Valdarno (AR)2
CERVATO SERGIO22.03.1929Carmignano di Brenta (PD)335
CHIAPPELLA GIUSEPPE28.09.1924San Donato Milanese (MI)32
MAGNINI ARDICO21.10.1928Pistoia321
ORZAN ALBERTO24.07.1931San Lorenzo di Mossa (GO)18
ROSETTA FRANCESCO09.10.1922Briandate (NO)20
CARPANESI SERGIO22.03.1936La Spezia21
GRATTON GUIDO23.09.1932Monfalcone (GO)343
MAZZA BRUNO03.06.1924Crema (CR)4
PRINI MAURILIO17.08.1932Le Sieci (FI)266
SCARAMUCCI ALDO24.02.1933Montevarchi (AR)2
SEGATO ARMANDO03.05.1930Vicenza34
BIZZARRI CLAUDIO21.12.1933Porto Civitanova (MC)61
JULIO BOTELHO (JULINHO)29.07.1929San Paolo (Brasile)316
MONTUORI MIGUEL ANGEL24.09.1932Rosario (Argentina)3213
VIRGILI GIUSEPPE24.07.1935Udine3221

Massimo Cervelli, commissione Storia Museo Fiorentina