FIRENZE – La disastrosa alluvione del 2 novembre scorso ha coinvolto profondamente tutto il mondo che ruota attorno al gioco del calcio. Positivamente, dal punto di vista della solidarietà, a partire da quella immediata caratterizzata dall’aiuto diretto, a spalare a dare mano in mille modi con la raccolta e la distribuzione di quello di cui c’era (e c’è) bisogno. I tifosi della Fiorentina sono stati in prima linea, Curva Fiesole in testa: “Non lasceremo nessuno indietro”. Negativamente da parte del governo del calcio che ha perso l’ennesima occasione per mostrare attenzione alle sofferenze e ai disastri che mettono in ginocchio la vita delle persone.
La Curva Fiesole, a tal proposito, aveva chiesto il rinvio di Fiorentina-Juventus, per il rispetto dovuto alle vittime e per tutti quelli che si stavano battendo per salvare il salvabile. Parole chiare, impossibili da non condividere: “Una parte della nostra città è completamente in ginocchio, case distrutte, vite infrante e mentre continua a piovere si pensa di far giocare la partita di domenica come se non fosse successo nulla […] Che le energie e le risorse siano dedicate esclusivamente alla nostra gente in difficoltà e non per far svolgere un evento sportivo”. Tutti sanno come è andata a finire…
Raccontiamo invece brevemente cosa successe in occasione dell’alluvione di Firenze del 4 novembre 1966: la sera stessa lo Stadio Comunale fu requisito dalle autorità per essere utilizzato come “centro di smistamento dei soccorsi”. Gli scantinati, gli spogliatoi, i magazzini erano allagati, il campo diventò zona di atterraggio degli elicotteri e luogo di arrivo per i camion che portavano rifornimenti, acqua, derrate alimentari, materiali. Molti erano i mezzi da scaricare e, per fare i facchini, si mobilitarono una gran quantità di persone, fra cui anche atleti e giocatori della Fiorentina. Furono giorni in cui si spalava in tutta la città e si scavava nelle case, nelle cantine, nei negozi. L’alluvione aveva sommerso e cancellato le opere dell’uomo: 35 morti, 17 in città e 18 nei Comuni della provincia, 46.000 sfollati, un milione e trecentomila libri danneggiati, migliaia di opere d’arte deturpate o distrutte, simboleggiate dal Cristo di Cimabue. La Lega Nazionale Professionisti rinviò immediatamente la partita in programma la domenica successiva, 6 novembre, contro il Lanerossi Vicenza.
“Prima che la Fiorentina possa ritrovare il suo pubblico ci vorrà parecchio tempo, occorreranno mesi perché la situazione si avvicini alla normalità. Oggi come oggi è impossibile giocare nel nostro stadio. Per motivi tecnici, ma anche per una cosciente comprensione della situazione in cui si trova l’intera cittadinanza”, dichiarò il presidente viola Nello Baglini il 10 novembre 1966. Ottavio Baccani, un cardine della nostra storia, mise a disposizione della Fiorentina il Centro Tecnico di Coverciano, di cui era direttore, in modo che la squadra potesse allenarsi e riprendere la propria attività. La Fiorentina ye-ye, senza campo e senza paura, si preparò a giocare in trasferta tre volte di seguito: a Foggia il 13 novembre, dove vinse 2-1; a Bologna il 20 novembre (i felsinei acconsentirono all’inversione di campo) dominando ma non andando oltre il pareggio per 1-1; e infine a Milano il 4 dicembre, sbancando San Siro con un 2-0 al Milan.
La Fiorentina riabbracciò il proprio pubblico dopo quasi due mesi, l’8 dicembre, battendo 3-1 il First Vienna nella Mitropa Cup e tre giorni dopo, l’11 dicembre, giocando e vincendo (2-0) contro il Lecco in campionato. Il poeta Carlo Betocchi, fiorentino d’adozione, ebbe a dire che i giovani viola rappresentavano la scelta fiorentina verso la gioventù, capace di sollevare lo spirito e di incoraggiare la gente a rinascere. Una squadra che aveva il dono della grazia. “Per esser di Firenze vanto e gloria”, i giocatori viola avevano dato il loro contributo a far sentire la città viva, come quell’esercito di ragazze e ragazzi, ma anche di meno giovani, italiani e stranieri, arrivati in città e passati alla storia come “gli angeli del fango”. “In ogni punto della grande sala di lettura c’erano centinaia di giovani che si erano riuniti per aiutare. Era come se sapessero che l’alluvione della biblioteca stava mettendo a rischio la loro anima. Ho trovato un’incredibile ispirazione nel vedere questa generazione più giovane tutta unita in questo sforzo vitale”, questo il racconto fatto da Edward “Ted” Kennedy, uno dei tanti a lavorare in quel fango.
“Adesso Firenze ha bisogno dell’aiuto di tutti, perché Firenze appartiene al mondo, quindi è anche la mia città”, disse la voce di Richard Burton all’inizio del documentario “Per Firenze” di Franco Zeffirelli, uscito un mese esatto dopo l’alluvione, lanciando un messaggio affinché la solidarietà globale continuasse nei mesi successivi. Un documento filmato in cui si alzarono forti le voci di Carlo Ludovico Ragghianti, di Vasco Pratolini, del sindaco Piero Bargellini. “Abbiamo bisogno di tutti”, disse Ragghianti, storico dell’arte e politico, che si appellò al mondo culturale ed artistico, chiamando gli artisti a donare opere d’arte e a contribuire a restauri e soccorsi; gli fece eco Giordano Goggioli, lanciando la proposta delle Olimpiadi a Firenze, una proposta che poi fu lasciata cadere ma che ebbe una grande risonanza e fu comunque decisiva per il ripristino e la costruzione degli impianti sportivi dopo la grande devastazione. L’acqua inondò tante sedi di Viola Club: Undici Viola, Settebello, Marzocco, Rinaldi, Brandini, Bigogno, Il Barco, Hamrin, Borgo la Croce, Montuori, Bar Marcello, Incisa Valdarno, Bar Fancelli, Freccia Azzurra, Giglio Viola, Viottolone, Val di Sieve, Albertosi… “L’acqua ha cercato di spengere il fuoco che si annidava in queste sedi del tifo viola, portando via bandiere, arredi, cimeli gelosamente custoditi. Invano!”. Così si leggeva in “Alè Fiorentina”, anno II, numero 4, pagina 28, che concludeva elogiando l’atteggiamento di tutti i tifosi e la “loro opera fattiva di ricostruzione”.
“Firenze, benché gravemente ferita, non si arrese. Mostrò al mondo la sua volontà e la sua capacità di reazione”; queste le parole con cui il presidente Sergio Mattarella commemorò l’alluvione nel 2016, a cinquant’anni di distanza. Di quella volontà fu parte anche la Fiorentina e la vittoria nel campionato 1968-1969 rappresentò un coronamento della rinascita della città. Lo scudetto ebbe un forte significato simbolico per Firenze, capace di rinascere prontamente dopo l’alluvione, restituendo la fruibilità delle piazze, delle strade, delle opere architettoniche e artistiche, della grande bellezza che la caratterizza.
Massimo Cervelli – commissione storia Museo Fiorentina