Sei anni fa, a Udine… Il ricordo di Davide Astori e il “mistero” di sciarpe e bandiere lasciate come ricordo e “spariti”

FIRENZE – Sono passati sei anni, da quel 4 marzo 2018 che ha segnato, in modo indelebile, tutto il calcio italiano. La Fiorentina si stava risvegliando ad Udine, all’Hotel Là di Moret, con all’orizzonte la partita del pomeriggio contro l’Udinese. Tutti arrivano nella sala adibita a colazione, tranne il capitano. Bussano alla sua stanza, una singola, ma non c’è risposta. Davide Astori è morto nel sonno, a causa di una patologia cardiocircolatoria sfuggita ai continui controlli medici a cui i calciatori vengono sottoposti. La morte è, obbligatoriamente per tutti, la conclusione della vita, ed a questa dà significato e forza. Gli esseri umani la rimuovano, faticano ad accettarla, proprio per la loro voglia di vivere. Tanto più la morte pare inaccettabile e traumatica quando colpisce un giovane, un’atleta nel massimo della sua forza fisica. Davide aveva 31 anni, compiuti un paio di mesi prima, era capitano della Fiorentina e calciatore della Nazionale, con 14 presenze e un gol realizzato. Un calciatore importante. Un difensore leale e capace di mettersi al servizio della squadra diventandone un punto di riferimento.

Era arrivato alla Fiorentina il 4 agosto 2015, dal Cagliari, dopo una stagione giocata nella Roma, un anno non positivo. La modalità di trasferimento prevedeva il prestito oneroso con obbligo di riscatto. La Fiorentina guidata da Paulo Sousa, fu la sorpresa di inizio campionato, arrivando al primato in classifica e finendo il girone d’andata al terzo posto. Poi, come troppo spesso accade nella nostra storia, il mercato invernale deprime e non rafforza la squadra che conclude il campionato al quinto posto. Davide forma, con Gonzalo Rodriguez, una coppia centrale che si integra benissimo, per complementarietà tecniche e intelligenza calcistica. A fine stagione la società viola lo riscatta, convinta di avere trovato in quel difensore mancino un punto fermo per gli anni a venire. Da Gonzalo eredita, quando l’argentino tornò a casa, la fascia di capitano. Davide è un uomo maturo, con le spalle solide e la testa al posto. Ama la città, vive Firenze intensamente, da subito, attratto dalla sua storia e dalla grande bellezza. È facile incontrarlo in centro, mentre passeggia con Francesca, spingendo la carrozzina con la figlia Vittoria.

Al terzo anno diventò capitano. Quando molti cambiarono squadra, Astori scelse di rimanere per ricominciare un nuovo ciclo, portando la sua esperienza. Sapeva parlare ai compagni, li sapeva ascoltare, era un punto di riferimento in campo, ma anche fuori. Con il suo sorriso, il disincanto, la capacità di essere serio, molto serio, ma senza prendersi troppo sul serio… Calciatore? Sì, per hobby, appassionato di architettura, dedicava parte del suo tempo libero al perfezionamento delle competenze di design. Un uomo che si riteneva fortunato, essendo remunerato per giocare. Sentiva l’obbligo morale di restituire quella “fortuna” con opere concrete di solidarietà – attività che, nel suo nome, oggi si sono, grazie alla sua semina, moltiplicate esponenzialmente. Lo avevamo conosciuto, come Museo Fiorentina, alla Hall of Fame Viola 2017, quando, in qualità di capitano premiò un grande difensore della storia gigliata e della Nazionale: Enzo Robotti. Lo aspettavamo su quel palco, con le stesse funzioni anche l’anno successivo…

E, invece, nel 2018, venne prematuramente inserito nella Hall fame, con questa motivazione: “È stato una dei protagonisti più veri e positivi del calcio, rifuggendo gli eccessi e i sensazionalismi. La sua maglia numero 13 sarà quella di capitano della Fiorentina per sempre”. Abbiamo istituito, nel 2019, un premio alla sua memoria, per noi prestigioso perché crea ponti e non barriere con i sostenitori di altre squadre: “Bandiera del Calcio DA 13”. Un premio riservato a quei pochi giocatori che hanno rappresentato per la propria squadra, ma anche per il calcio azzurro una vera e propria “Bandiera”. Un esempio in campo e fuori, per i valori sportivi, per l’attaccamento alla maglia. Un riconoscimento che rappresenta il naturale testimone lasciato dal patrimonio morale di Astori. Un premio che non ha una ricorrenza annuale e che stato assegnato, finora, a Gigi Riva e a Giacomo Bulgarelli.

In questi anni abbiamo conosciuto i fratelli, Bruno e Marco, e i genitori di Davide, Anna e Renato, tutti sempre disponibili, portatori di una grande dignità nell’immane dolore che si portano dentro. Abbiamo rivisto in loro gli occhi di coloro che erano in ritiro a Udine. Il senso di una tragedia lo si legge nelle facce di chi la vive. Le immagini, più delle parole, raccontano quello che è successo. Volti attoniti, occhi umidi, facce incredule, commozione: la grande macchina del calcio che si ferma, e fa emergere, eccezionalmente, il proprio volto umano. Il ricordo corre a quei giorni. Tutta Firenze che saluta il suo Capitano, educato, onesto, sportivo, elegante, buono, portando una sciarpa, un fiore, un saluto, un ricordo: la costruzione del muro allo stadio, l’omaggio al Centro Tecnico di Coverciano, la cerimonia in piazza Santa Croce. La Fiorentina, i suoi proprietari, Diego e Andrea Della Valle, i dirigenti, i dipendenti, Stefano Pioli, l’allenatore, i calciatori, i tifosi, tutti insieme ad affrontare una situazione terribile. Quel muro alla cancellata che porta alla tribuna dello stadio, era diventato un luogo di omaggio alla memoria di Davide: tutti lasciavano un fiore, una sciarpa, una maglia, uno scritto… Dopo quattro mesi, all’inizio di luglio 2018, quel muro venne tolto, con un comunicato ufficiale della Fiorentina che spiegava: “D’accordo con la famiglia di Davide, la Fiorentina sta provvedendo a rimuovere maglie, sciarpe, lettere e tutte le altre testimonianze di grande affetto che tifosi, squadre ospiti e associazioni sportive hanno voluto apporre sulle cancellate del Franchi. Prima le piogge e ora il sole stanno mettendo a dura prova la tenuta di tutto questo materiale che, una volta raccolto, sarà conservato da ACF Fiorentina al Centro Sportivo “Davide Astori”, in attesa di individuare una nuova collocazione”.

Non sappiamo dove siano quegli oggetti oggi, ma sappiamo che la tua maglia venne, subito, ritirata dal club; che il 13° minuto continua, anche se con meno clamore, a non passare inosservato; che un murales fa bella mostra di se in via Canova e che la Fiorentina ha un capitano per sempre, il suo numero 13 Davide Astori.

Massimo Cervelli – commissione Storia Museo Fiorentina