
CAMPI BISENZIO – Quella che fa il nostro collega Massimo Cervelli – e che vi invitiamo a leggere – è un’analisi perfetta del momento che sta vivendo la Fiorentina. Quando ormai siamo a poche settimane dall’anno in cui la società viola festeggerà il proprio centenario. Sarebbe, sportivamente parlando, un dramma non da poco celebrarlo in serie B. Forse non solo sportivamente, visto l’indotto che gira intorno a tutto l’ambiente. Quello che è certo è che ciò che è stato visto fino a oggi, sul campo e fuori, è stato a dir poco disarmante, sul piano caratteriale e su quello tecnico. Mischiandoli insieme, inevitabilmente, ne viene fuori un altrettanto desolante ultimo posto in classifica. Servirebbe un colpo di coda della proprietà, quale non possiamo saperlo certo noi. Ma l’immagine, disarmante e desolante al tempo stesso, di Dzeko al megafono al termine di Atalanta-Fiorentina che dialoga con i tifosi non ci fa essere fiduciosi. Ci fa pensare, purtroppo, a una squadra lasciata in balìa di se stessa. Una scena, ci sia consentito, da Borgorosso Football Club e non da società professionistica. Ma la Fiorentina lo è ancora?
P.F.N.
Archiviata la sconfitta di Bergamo la Fiorentina ha 6 punti in classifica dopo 13 partite. La società ha stabilito il nuovo record negativo di partite iniziali senza vittorie – il precedente risaliva alla stagione 1977-1978, che wsi concluse con la salvezza all’ultima giornata per migliore differenza reti, con otto gare senza successi. Intanto, la distanza dal quartultimo posto è salita a cinque punti. La situazione è seria, estremamente seria. La proprietà è assente dallo scorso aprile. I calciatori, utilizziamo questo termine generico poiché non si può certo parlare di squadra, appaiono terrorizzati. Sono disuniti, sconnessi, privi di personalità e sembrano assolutamente incapaci di affrontare la situazione in cui loro stessi ci hanno fatto precipitare. Il cambio dell’allenatore ha portato una maggiore reattività, ma sul piano tecnico e tattico non si è ancora visto il cambio di passo necessario per conquistare la salvezza.
Tutto questo dopo aver cominciato la stagione con il terzo cambio tecnico in tre stagioni (Italiano, Palladino e Pioli) e, dato costante della proprietà Commisso, con l’ennesima sopravvalutazione della rosa allestita per la stagione 2025-2026. Pioli è stato esonerato, dopo dieci partite in cui aveva raccolto 4 punti, con una media disarmante di 0,40 a partita che, proiettata sull’intero campionato, farebbe 15 punti in 38 partite. Vanoli, in tre gare, ne ha raccolti due con una media di 0,66 a match che, se mantenuta nelle restanti 25 partite, porterebbe a realizzare 18 punti che, sommati ai 4 precedenti, ci proietterebbero a 22 punti. Ma, per fortuna, la salvezza non si ottiene con le statistiche che, ovviamente, rappresentano un indicatore preciso dello stato di rischio. Questa squadra da sola non si salverà. Occorre sostenerla, accompagnarla passo dopo passo come si fa con ogni creatura fragile e impaurita a cui si vuole bene. Lo deve fare tutta la tifoseria, non solo la Curva, quella che va allo stadio e quella che la segue da lontano. La deve sostenere l’opinione pubblica, la deve accompagnare tutta la città. A prescindere da quello che si pensi della società.
In B non ci si deve andare
Sabato pomeriggio a Reggio Emilia, contro il Sassuolo, deve cominciare un altro campionato. La Fiorentina, come è successo in tante altre occasioni, deve essere accompagnata da una mobilitazione straordinaria e così anche nelle successive partite casalinghe contro Verona e Udinese. Queste tre partite devono segnare una svolta, una discontinuità comportamentale, ma anche tecnica e tattica, rispetto all’andamento che ci ha fatto buttare via un terzo del campionato. Restano due terzi del torneo, 25 partite per allontanarsi da questa posizione e mantenere la serie A. Questo è possibile se tutti, oltre a comprendere il pericolo, capiscono anche perché siamo finiti così nelle peste. E, in questo difficile contesto, rimandiamo ogni discorso sulle responsabilità che hanno determinato questa situazione a salvezza ottenuta.
Le difficoltà sono di ordine tecnico e mentale
Vanoli ha parlato chiaramente, come è sua abitudine, anche dopo la sconfitta dell’Atalanta: questa squadra non ha esterni offensivi capaci di allargare il campo, di dare respiro alla manovra e di saltare gli avversari e questo è un grosso limite. Il nuovo allenatore ha insistito molto, fin dall’inizio, sulla consapevolezza, l’autostima, il senso di squadra, con il “noi” che deve sostituire l’uso, in campo, di undici “io”. È apparso molto più prudente sul cambio dell’assetto tattico, anche se ha proposto un 3-5-2 inteso a dare maggiore equilibrio. Qualcosa si è visto fin dal suo esordio a Marassi, contro il Genoa. Progressi confermati ed aumentati nel secondo tempo della gara che ci ha opposto alla Juventus. Poi il passo indietro, il nulla cosmico della gara di Conference League persa a Firenze con l’Aek. Domenica la sconfitta con l’Atalanta, con gli attaccanti che non concretizzano le occasioni e la squadra, praticamente tutta, che al primo episodio sfortunato crolla. Se vogliamo salvarci dobbiamo essere più forti della sfortuna, non trovare alibi e replicare con il lavoro e la moltiplicazione di energie. E, ancora, il 2-0 subito per l’ennesima volta da palla inattiva con la difesa schierata e il loro attaccante più pericoloso (Lookman) incredibilmente solo in area…
Tre questioni devono trovare risposta
1) La convinzione espressa da Vanoli che gli elementi più esperti e di maggiore valore funzionino da traino per tutti gli altri. Era la stessa convinzione su cui è caduto Pioli. Il nome, le doti tecniche, il curriculum, quando ci si deve salvare sono importanti, ma non possono essere accompagnate dalla paura, per cui a tutti i giocatori oggi è richiesta abnegazione e spirito di combattimento;
2) la difesa a tre è stato l’habitat con cui questa squadra ha perso ogni sicurezza. Essendoci bisogno di uno strappo nell’atteggiamento potrebbe essere utile cambiare questo assetto? Questa scelta va collegata ad altre due: fornire un adeguata protezione della difesa e una soluzione alla difficoltà di costruire gioco. Un centrocampista in più in campo, potrebbe permettere di colmare entrambe queste lacune;
3) il doppio centravanti. Il ripetuto esperimento di schierare assieme Kean e Piccoli non ha per ora sortito nessun effetto positivo. Nella scorsa stagione Kean ha espresso il miglior rendimento (anche realizzativo) della propria carriera. È stato un grande merito di Palladino che, oltre a volerlo ed a riuscire a motivarlo, gli ritagliò il migliore abito possibile: unico terminale offensivo della squadra. Piccoli è un centravanti che mostra capacità nel far salire la squadra e che appare più adatto in uno schieramento con due ali pronte a raccogliere le sue spizzate e con cui scambiare e scaricare la palla. L’uno, quindi, appare l’alternativa e non il complemento dell’altro. Occorre, anche qui, una decisione netta su come giocare: Kean e dietro a lui uomini che abbiano tecnica e cambio di passo (Gud e/o Fazzini)? Questioni non semplici che toccherà a Vanoli dirimere nel modo migliore. Noi dobbiamo, ciascuno con i propri mezzi e le energie disponibili, aiutare la Fiorentina.
Massimo Cervelli
