Don Robert, a settembre l’ultima Messa a San Mauro: “Qui mi sentirò sempre a casa mia”

SIGNA – “Qui mi sentirò sempre a casa mia”: don Robert Swiderski “saluta” così la parrocchia di San Mauro dopo che l’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, nell’odierna assemblea del clero, ha annunciato il suo spostamento a Badia a Ripoli, a Firenze. Spostamento che ufficialmente avrà luogo tra fine settembre e inizio ottobre, mentre questi […]

SIGNA – “Qui mi sentirò sempre a casa mia”: don Robert Swiderski “saluta” così la parrocchia di San Mauro dopo che l’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, nell’odierna assemblea del clero, ha annunciato il suo spostamento a Badia a Ripoli, a Firenze. Spostamento che ufficialmente avrà luogo tra fine settembre e inizio ottobre, mentre questi mesi che lo separano dall’ultima Messa nella frazione del Comune di Signa, oltre a preparare gli scatoloni, serviranno sicuramente anche per tracciare un bilancio di otto anni significativi. A livello personale ma anche per la parrocchia che veniva, prima del suo arrivo, da cinque anni decisamente travagliati. Ma questa è un’altra storia.

Era l’ottobre del 2013 quando don Robert lasciò San Colombano per trasferirsi a San Mauro. E in questi otto anni la parrocchia, anzi la “canonica” ha cambiato volto. Sicuramente a livello umano, ma anche per quanto riguarda le opere realizzate: basti pensare al tetto della chiesa, al loggiato, alla Compagnia, al teatro, alla cappella dei Colli Alti, ai campi scuola, letteralmente rinati rispetto al passato, alla Misericordia, che in questi anni ha visto nascere la nuova sede, alla “casa famiglia”, che è cresciuta in modo esponenziale, affrontando fra l’altro in modo encomiabile l’emergenza sanitaria degli ultimi mesi: don Robert, insieme ai suoi collaboratori, ci ha messo anima e cuore, e in tanti casi anche le braccia, “anche perché – dice – quando un sacerdote lascia una parrocchia, questa deve essere sempre nelle migliori condizioni”.

Anche se adesso è difficile raccontare in poche parole gli ultimi otto anni di vita parrocchiale: sensazioni che lo stesso don Robert riesce a trasmettere: “Ho sempre vissuto come se dovessi restare in una parrocchia per sempre, anche in passato. Proprio perché una parrocchia voglio “viverla”, voglio sentirmi come a casa mia”. Ed è stato così anche a San Mauro, “dove ho trovato accoglienza ma al tempo stesso ho dovuto rispondere anche alle “esigenze” dei miei parrocchiani, con il risultato, tangibile, che tanto di questi otto anni mi è rimasto dentro. La fede non si trasmette soltanto con le omelie e questo essere sacerdote con la gente e fra la gente mi ha sicuramente aiutato. Tuttavia, quando sono stato “ordinato”, ho promesso obbedienza al vescovo e ai suoi successori e così ho fatto anche questa volta”. Ma il dispiacere di lasciare San Mauro c’è e non lo nasconde.

“Questo è un paese con tante tradizioni, penso per esempio al Carnevale, che ha oltre cinquant’anni di storia e al quale ho sempre partecipato attivamente”, anche questo un segno tangibile di come don Robert si sia integrato con la vita della parrocchia. Senza dimenticare ovviamente la missione pastorale, quella per cui è stato “chiamato”: “Prima di andare via vorrei celebrare le prime comunioni già fissate per il mese di settembre”. Negli ultimi tre anni, poi, don Robert è stato anche il vicario delle Signe, una decisione presa da tutti i sacerdoti del Vicariato e che indubbiamente gli hanno fatto piacere. Tutte tessere di un puzzle chiamato vita, la vita di una sacerdote che ha promesso obbedienza alla Chiesa e che per questo ha accettato la decisione del vescovo. Certo è che, oltre al suo dispiacere, c’è anche quello dei parrocchiani, che in questi anni lo hanno apprezzato sempre di più. E che da ottobre non vedranno più la tessera più importante del puzzle.