“Il prosciutto di Maino” raccontato da Daniele Calieri

SESTO FIORENTINO – Il 1 agosto 2015 moriva Daniele Calieri, giornalista e uno dei fondatori di Piananotizie. Lo vogliamo ricordare con uno dei suoi articoli pubblicati dalla testata e raccolto nel libro “Tutto quello che avreste sempre voluto sapere su… Sesto”, dedicato alla “Sesto di una volta”. Tra i molti pubblicati abbiamo scelto, un classico, […]

SESTO FIORENTINO – Il 1 agosto 2015 moriva Daniele Calieri, giornalista e uno dei fondatori di Piananotizie. Lo vogliamo ricordare con uno dei suoi articoli pubblicati dalla testata e raccolto nel libro “Tutto quello che avreste sempre voluto sapere su… Sesto”, dedicato alla “Sesto di una volta”. Tra i molti pubblicati abbiamo scelto, un classico, “Il prosciutto di Maino” che Daniele amava raccontare spesso.

Il “prosciutto di Maino”

Quando qualcuno si inerpica in sogni impossibili e irrealizzabili, i sestesi doc usano dire che sta pensando al “prosciutto di Maino”. Ma come nasce la storia di quel prosciutto?

Mino, all’anagrafe Guido Giorgi, era un giovane mingherlino, minuto, di statura bassa. Parlava con una voce che pareva frutto del solo palato. Aveva una sorella, Giorgia, che una mattina ebbe come compagna nella vicenda che l’avrebbe portato all’immortalità popolare.

Era la fine del 1940. Primo anno di guerra. Le cannonate erano molto lontane. Sembrava che non avrebbero neanche mai raggiunto le nostre latitudini. E se ancora c’era la convinzione che tutto sarebbe andato bene, la povertà e la fame erano l’afflizione dei più.

Maino e la sorella, non meno affamati degli altri, cominciarono a fantasticare sull’ipotesi di possedere un prosciutto. I due, seduti sul marciapiede davanti a casa, si sbizzarrivano sui modi più disparati per usare quel “Bendiddio”: panini, minestra con le cotiche, prosciutto “abbrustolito”, insalate e chi più ne ha più ne metta. Poi si trattò dell’osso del prosciutto, notoriamente parte prelibata che, all’epoca, si era soliti usare per “enne” volte per farci una sorta di brodo, quantomeno per insaporire l’acqua.

A quel punto le parole divennero grosse, dalle parole si passò ai fatti, tanto che i due fratelli si pestarono a sangue per avere un osso inesistente di un prosciutto che c’era stato solo nella loro fantasia.

Da qui l’uso di dire, a chi si da i cosiddetti “castelli in aria”, che sarebbe meglio stare con i piedi per terra.

Daniele Calieri