CAMPI BISENZIO – Che la vicenda dei lavoratori della ex Gkn, oggi Qf, abbia in qualche modo riportato l’attenzione sul lavoro e su quanto avviene intorno al lavoro, è innegabile. La vicenda, non ancora conclusa, è diventata una storia raccontata, un libro “La fabbrica dei sogni” edito Alegre e scritto da una giornalista che ha seguito tutta la vicenda entrando fino in fondo alla vita della comunità, che potremo definire, ex Gkn. Si tratta di Valentina Baronti, che con questo libro porta il lettore all’interno della vita dei lavoratori della fabbrica campigiana e con la sua “Agata”, la protagonista del libro, ci racconta emozioni, sentimenti, paure e crescita di una generazione facendo entrare il lettore direttamente nella fabbrica dei sogni.
Valentina Baronti “La fabbrica dei sogni” racconta attraverso Agata la protagonista la vicenda della Gkn, dei suoi operai. All’interno del volume sono inserite anche pagine di giornale e riferimenti alla vicenda. Quando e perchè hai deciso che la vicenda Gkn potesse diventare un libro?
Fin dall’inizio della vertenza, nel luglio del 2021, ho visto nella Gkn una storia eccezionale, da vivere in prima persona. In un primo periodo l’ho fatto rimanendo nella mia zona di comfort, quella giornalistica: ho scritto diversi articoli per le testate indipendenti fiorentine “Fuori Binario” e “La Città Invisibile” e ho lavorato, insieme a Camilla Lattanzi e Gianluca Masala, all’audiodocumentario “Lo Scherzo – Il caso Gkn, lotta operaia del terzo millennio”, che è poi andato in onda su Rai Radio Tre a maggio del 2022. Mentre portavo avanti questo tipo di lavoro però sono pian piano entrata a far parte della lotta stessa ed ho iniziato a tenere un mio diario personale, dove riportavo i sentimenti e le emozioni. Poi è arrivato il primo Festival di Letteratura Working Class e ho capito non ero sola. Così da quel diario è nata “La Fabbrica dei Sogni”.
In questo libro si parla di lavoro e di sentimenti, ma è anche un modo per raccontare la realtà. Pensi sia questa la strada da percorrere per la letteratura attuale?
Io credo che la letteratura in generale sia uno straordinario strumento per interpretare la realtà, proprio perché ce la racconta andando a toccare le nostre corde più intime. Per secoli però tutta una parte della società è rimasta fuori da questa forma di narrazione ed è la parte maggioritaria. Nessun borghese potrà mai raccontare la realtà per come la vediamo noi, nate in famiglie operaie e contadine, e meno che mai per come la vede un operaioo un sottoproletario oppure chi vive in strada. È per questo che la letteratura working class è così potente, perché costruisce un immaginario che finora ci è mancato. Certo è difficile, perché andiamo a toccare dolori profondi. Però quando tutto quel dolore serve a dare una dimensione collettiva, in qualche modo la letteratura serve anche a curare te stessa. Così almeno è stato per me.
Agata racconta la storia e parallelamente a quella della fabbrica di Campi Bisenzio, parla anche della propria rinascita. Chi è Agata?
In gran parte Agata sono io, anche se non interamente perché ho voluto rappresentare una generazione e quindi ho provato a creare un personaggio rappresentativo. Sarebbe meglio dire però che Agata ero io. Perché quel lavoro di cura di cui parlavo prima ha agito in maniera profonda nella mia persona e oggi sono una donna diversa, più consapevole e meno impaurita.
La vicenda Gkn non è conclusa. Ci sarà un nuovo libro dove vedremo quali saranno le scelte di Agata?
Non credo. Il libro è uscito quando era utile farlo uscire, come strumento di lotta. Per questo il finale rimane aperto, perché ognuno di noi può decidere se quel sogno è solo un sogno oppure no. È questa la forza dell’immaginario creato dalla lotta operaia della Gkn di Campi Bisenzio, il fatto che questa storia ci riguarda tutte e tutti. Sta ad ognuna e ognuno di noi lavorare nelle proprie esistenze, per rendere quella speranza, ancora una volta, carne viva.