Valerio (FdI): “Per chiudere il ciclo dei rifiuti serve un termovalorizzatore, un impianto moderno però…”

CAMPI BISENZIO – Dall’inceneritore – e relativo ciclo dei rifiuti – alla sicurezza idraulica: sono due delle tematiche su cui Roberto Valerio, candidato nel Collegio 4 per Fratelli d’Italia, intende battersi. Valerio ribadisce infatti la sua contrarietà all’inceneritore a Case Passerini, sostenendo che “il territorio è saturo di tutto”. Tuttavia, riconosce la necessità di “chiudere […]

CAMPI BISENZIO – Dall’inceneritore – e relativo ciclo dei rifiuti – alla sicurezza idraulica: sono due delle tematiche su cui Roberto Valerio, candidato nel Collegio 4 per Fratelli d’Italia, intende battersi. Valerio ribadisce infatti la sua contrarietà all’inceneritore a Case Passerini, sostenendo che “il territorio è saturo di tutto”. Tuttavia, riconosce la necessità di “chiudere il ciclo dei rifiuti anche con questo tipo di trattamento finale”, purché si individui una località idonea in Toscana, dopo uno studio approfondito dei venti, per ospitare un moderno impianto di termovalorizzazione. Impossibile dimenticare il disastro ambientale di San Donnino nel 1986, che rese la zona tristemente famosa a livello mondiale per l’alto indice di mortalità legato all’impianto allora in funzione. Le regioni dotate di tali impianti godono fra l’altro di bollette sui rifiuti decisamente diverse dalle nostre, che è bene ricordare sono tra le più care d’Italia perché siamo costretti a esportare i nostri rifiuti in altre regioni”.

Sul rischio idrogeologico, Valerio si allinea con il candidato presidente Alessandro Tomasi: “Subito la messa in sicurezza di tutto il reticolo con una profonda pulizia non solo degli argini, ma anche del letto dei fiumi che, al contrario di quanto sostenuto dalla sinistra, non si governano da soli. Sotto gli occhi di tutti c’è l’esempio del Bisenzio e del torrente Marina, dove un’isola di detriti necessita di essere rimossa per favorire il deflusso. Ricordo ancora il crollo dell’argine a Campi Bisenzio nel 2023, un evento che era prevedibile e prevenibile. Basti pensare al protocollo d’intesa del 1998 e all’ordinanza urgente del 2014, emessa dall’allora sindaco Emiliano Fossi, che evidenziavano la precarietà dell’argine e la necessità di interventi urgenti, rimasti però inascoltati. Purtroppo, dieci anni dopo, abbiamo visto le conseguenze dell’incuria e dell’abbandono. Possiamo tranquillamente affermare che il disastro è avvenuto nonostante la natura abbia fatto di tutto per resistere in attesa dei lavori che, come abbiamo accertato, avevano anche le risorse per essere fatti”.