CAMPI BISENZIO – Continua la guerra in Ucraina e continua l’esodo di migliaia di persone, donne e bambini che cercano di mettersi in salvo. L’eco dei bombardamenti intanto si sente anche qua, dove sono numerosi i membri della comunità ucraina preoccupati per quello che sta succedendo, col pensiero rivolto a famiglia e amici rimasti là. “La mia famiglia vive a Leopoli, proprio una delle prime città bombardate il 24 febbraio – racconta Roman Voynarovich, che vive qui dal 2004 e che nei giorni scorsi si è dato da fare per raccogliere aiuti da inviare in Ucraina – Per fortuna stanno tutti bene; lì ci sono mia madre, mio fratello con la sua famiglia, i miei cugini, i miei nonni”.
Parlando di quello che sta succedendo nel suo Paese Roman ha le idee chiare “Questa è una guerra organizzata da tempo, un piano studiato, sono stati ritrovati anche dei documenti dai soldati ucraini che prevedevano 15 giorni di combattimenti, dal 20 febbraio al 6 marzo. Quello che Putin non si aspettava è che il popolo ucraino resistesse come sta facendo. Ci sono tanti volontari che stanno combattendo, anche mio fratello, che è un medico, è pronto. Putin parla di una missione per salvare i filorussi ma non è così, sono fake news. Il punto è che quando nel 2014 la Russia entrò in Crimea non c’è stata una grande risposta da parte dell’Ucraina, quindi adesso non avevano previsto una risposta così forte da parte nostra. Putin ha mandato a combattere dei ragazzini e nasconde il fatto che vengano uccisi”. Roman sottolinea con grande orgoglio l’impegno dei suoi connazionali: “Stiamo scrivendo la storia, se il popolo è unito può cambiare le cose. Dal ’92 abbiamo sempre avuto presidenti filorussi, adesso che c’è un presidente eletto dal popolo, una di noi, lo attaccano dicendo che è filonazista, ma sono notizie false; così come sulla questione della Nato, quello che vogliamo veramente è far parte dell’Europa e collaborare. Anche i Paesi vicini seguono con attenzione la nostra lotta, perché si rendono conto che, se cade l’Ucraina, la prossima volta potrebbe toccare a loro; ma noi non ci arrenderemo, non passeranno”.
Ma la guerra intanto va avanti, i bombardamenti si intensificano nelle città ucraine e inevitabilmente i pensieri di chi vive qui sono tutti rivolti ai familiari lontani. “La mia famiglia è a Kiev, viviamo lì da sempre – racconta Lytvynova Olena Oleksandrivna – A Kiev ho mia madre, mio fratello, mia sorella, una nipote mentre un’altra invece è riuscita a venire via con la bambina di due anni. Siamo tutti molto legati. Per fortuna riusciamo ancora a comunicare e spesso i miei amici e familiari mi mandano video e mi raccontano cosa sta accadendo. Non si aspettavano quello che sarebbe successo. Tre giorni prima dell’invasione avevo parlato con la mia famiglia, viste le notizie che arrivavano qui avevo chiesto loro di venire via, ma non ci credevano, mi hanno risposto che dovevano lavorare”: Le cose invece sono precipitate da un giorno all’altro “In Ucraina si viveva bene adesso rispetto al passato, c’era più equilibrio, non mancava il cibo. Sono stata lì ad agosto e avevo visto un paese che stava crescendo. Siamo un popolo molto legato alla nostra terra e ancora adesso i miei familiari non vogliono andarsene, mio fratello vuole entrare a far parte della difesa territoriale”.
Al dolore per i parenti lontani si aggiunge poi anche la tristezza per i rapporti umani messi a dura prova da ciò che sta accadendo “Ho diversi amici russi – aggiunge Olena – e quello che mi fa più male è vedere che ripetono le stesse cose che dice Putin. Io ormai vivo qui da 21 anni, ascolto le notizie che vengono da tutto il mondo, mi informo, non mi aspettavo che loro ripetessero le stesse notizie della propaganda russa senza neanche farsi delle domande. Sentirli dire che la Russia vuole solo smilitarizzare l’Ucraina e che non è stato ucciso nessuno per me è stato un dolore e non penso di riuscire a passarci sopra”. Insieme alla preoccupazione però non manca la voglia di rendersi utili, di mettersi a disposizione per aiutare da qui gli altri ucraini “Voglio darmi da fare – dice ancora Olena – ho contattato diversi enti per chiedere se avessero bisogno e ho dato la mia disponibilità anche come traduttrice, vorrei iniziare a fare la volontaria in Questura. Sento di dover fare tutto quello che è possibile, non posso tornare là perché dovrei lasciare qui mia figlia da sola, ma cerco di essere d’aiuto, raccogliendo vestiti e cose da mangiare e devo dire che la solidarietà dimostrata dagli italiani è stata veramente incredibile”.
Valentina Tisi