Museo Ginori chiuso dal 2014, con la Fondazione sogna la rinascita

SESTO FIORENTINO – Oggi, nonostante qualche intervento di manutenzione essenziale l’edificio sede del Museo di Doccia in viale Pratese, non è in perfette condizioni. Risente del tempo, della chiusura avvenuta il 14 maggio 2014 e delle infiltrazioni, della pesantezza di una vicenda che negli ultimi dieci anni ha travolto la manifattura e lo stesso museo. […]

SESTO FIORENTINO – Oggi, nonostante qualche intervento di manutenzione essenziale l’edificio sede del Museo di Doccia in viale Pratese, non è in perfette condizioni. Risente del tempo, della chiusura avvenuta il 14 maggio 2014 e delle infiltrazioni, della pesantezza di una vicenda che negli ultimi dieci anni ha travolto la manifattura e lo stesso museo. Una vicenda conclusa con l’acquisto nel marzo del 2017 da parte del Mibact del museo e delle collezioni contenute e oggi 19 dicembre con la firma per la costituzione della Fondazione. Quando venne costtruito, negli anni Sessanta, l’edificio era all’avanguardia sia per la struttura lineare sia per i materiali di realizzazione, dal 1965 nella sede di viale Pratese del Museo sono custoditi non solo la produzione della Manifattura nei tre secoli di attività, ma anche un vasto pattrimonio archivistico e librario. Sono circa 8mila le opere in porcellana e ceramica, i modelli ingesso, terracotta, piombo e cera contenuti 1200 i modelli in gesso e 3500 l lastre in metallo incise usate per stampare le decalcomanie e 3416 le pietre cromolitografiche in deposito nello stabilimento.

Dopo la firma per la Fondazione del Museo è stata organizzata una visita nell’immobile di viale Pratese. Gran parte delle opere contenute sono state spostate e messe in sicurezza in uno spazio dell’edificio, per consentire i lavori al tetto. Accompagnati dal direttore del Polo museale della Toscana Stefano Casciu sono state mostrate le opere di Giò Ponti. “Le porcellane di Giò Ponti è uno dei momenti magici della manifattura sulla quale la Fondazione dovrà dare una grande visibilità – ha detto Casciu – Gli spazi all’epoca erano molto belli e funzionali, ma attualmente devono essere ripensati nell’ottica di una messa a norma. Il progetto preliminare ha pensato anche ad una riorganizzazione degli spazi e sarà la Fondazione ha pensare all’allestimento. Secondo me dovrà pensare ad un allestimento che sfoltisca un poco le collezioni che sono enormi, per dare risalto ai punti forti e poi per fare in modo che questo museo funzioni come un luogo di produzione di attività, di cultura, di azioni di formazione e di internazionalizzazione in modo che non resti legato ad un contesto locale, ma perchè diventi un esempio così come lo è stata l’azienda”.