SESTO FIORENTINO – Un ricordo di Franco Battiato, morto oggi 18 maggio, arriva dal cicloturista Marco Banchelli che tanti anni fa lo ha incontrato. Marco Banchelli lo ricorda in questo articolo.
“Tra i tanti privilegi che ho avuto durante le mie “tappe e missioni” per il mondo, ho avuto anche quello di incontrare e conoscere Franco Battiato. E per l’appunto proprio nelle terre che così profondamente si sono legate al mio cuore: quelle dell’Himalaya. Anche se ci siamo poi rivisti a Firenze solamente in un paio di altre occasioni, questa mattina quando dalla radio ho appreso della sua morte, un intenso sussulto mi ha riportato al Nepal e ai giorni trascorsi in quell’atmosfera dove probabilmente anche la sua spiritualità si sentiva “a casa”. Negli ultimi anni, da quando la malattia de lo era preso, lo abbiamo più volte ricordato non certo “a caso”, con Patrizio Roversi a cui va, con tutta la band di “TURISTIperCASO”, l’esclusivo ed impagabile merito del nostro incontro.
Di Franco Battiato tantissimi che lo hanno seguito e che da lui si sono sentiti accompagnare magari tanti momenti di vita, ci sarebbe tanto da scrivere e tanto verrà scritto. E detto. A me piace ricordarlo con le parole che la sua segretaria Marilla trovò proprio durante una cena, a Kathmandu, per commentare “La cura”, guardando Franco e noi tutti: “…ma come ha fatto a scrivere una canzone simile… come a fatto a sapere che avevo proprio bisogno di questo…!?!?!”. Chissà quanti di noi hanno provato più o meno la stessa sensazione! Credo che non siano tantissime le canzoni che ti lasciano la sensazione di “averne bisogno”. Ma tra tanti che si possono in qualche modo assomigliare, certamente Battiato lascerà un vuoto difficilmente colmabile. E’ fuori di dubbio che ognuno di noi è unico. Ma Franco indubbiamente lo era ancora di più nel panorama musicale come nelle scelte di vita.
Adesso però vorrei ricordare proprio riguardo all’unicità, quella che poteva essere una “pedalata”, unica… Nella “mia” Bhaktapur, dove quella mattina sarei dovuto andare ad inconrarlo con la mia bicicletta. Syusy, Marco “Orso” gli avevo già scortati insieme al mio fidato Bikas, alla casa della Kumari (la Dea bambina) della città. Gli avrei procurato una bicicletta o magari proposto un “passaggio in canna”, per far prima e non arrivare in ritardo ad un incontro di “divinità bambine”. Ma proprio quella mattina, Franco ebbe un piccolo disturbo (tipico di quelle zone, specie in quegli anni), e l’appuntamento saltò. Peccato… Chissà forse io e tutti ci siamo persi le sensazioni ed emozioni che magari avrebbe potuto trasmettere attraverso una nuova canzone legata a quel giorno e ai particolarissimi spunti di spiritualità che gli erano arrivati. Magari anche dal fascino di quei vicoli attraversati in bicicletta! Adesso credo proprio che per salutarlo nel modo migliore, a me come a a tutti quelli che lo hanno amato e apprezzato, non ci sia che una parola: grazie. Marco Banchelli”.