CAMPI BISENZIO – Non c’è dubbio che la presenza, in consiglio comunale, dell’arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, nell’ambito della sua visita pastorale a Campi Bisenzio, sia stata accolta con piacere da maggioranza e opposizione. Ne sono stata testimonianza le parole del presidente del consiglio, Eleonora Ciambellotti, e del sindaco Emiliano Fossi. Lo sono state anche quelle del capo gruppo di Forza Italia, Paolo Gandola, che ci ha inviato il suo intervento.
“Eminenza reverendissima, è con grande gioia che, in occasione di questa sua graditissima visita pastorale, a nome mio personale, e del gruppo consiliare che rappresento, le rivolgo il più cordiale saluto di benvenuto nella consapevolezza che la sua voce rappresenti un contributo essenziale per comprendere il senso del cammino della nostra comunità. Mi sia consentito, in questa occasione, rivolgere un pensiero devoto e commosso alla memoria dell’indimenticato monsignor Elio Pierattoni, il guardiano del Faro, rettore, per tantissimi anni della chiesa di San Giovanni Battista a Limite. Al riguardo rivolgo un saluto cordiale a don Vincenzo Arnone, nuovo Rettore della Chiesa dell’Autostrada. Giunga poi un ringraziamento a don Marco, il nostro pievano, e ai tanti parroci, presenti e passati, don Ivo, don Bledear, don Massimo e tutti gli altri egregiamente rappresentati dal nostro vicario, che amministrano e hanno amministrato, le nostre parrocchie con abnegazione e impegno. La città di Campi ha avuto negli anni parroci che sono stati fulgidi esempi di stile sempre attenti agli altri, per la solidarietà e per la passione per l’umanità che hanno saputo esprimere. Penso a don Bruno Verdiani che fu parroco della parrocchia del Sacro Cuore, uno dei sacerdoti più amati di tutta Campi Bisenzio a cui, ancora oggi, non è stato intitolato un ricordo permanente come richiesto da tantissimi fedeli, e penso a don Giovanni Momigli a cui recentemente è stata conferita la cittadinanza onoraria per esprimergli perpetua riconoscenza per come si è posto nei confronti della nostra città e per come ha saputo impegnarsi per difendere la cultura della legalità, la promozione di servizi innovatavi quali i corsi di alfabetizzazione e l’oratorio interculturale di Spazio Reale e per come ha affrontato con decisione la “questione cinese”. Papa Francesco ci ha detto parole inequivocabili: “Io cattolico guardo dal balcone? Non si può guardare dal balcone! lmmischiati lì! Dà il meglio.’ se il Signore ti chiama a quella vocazione, va lì, fai politica: ti farà soffrire, forse ti farà peccare, ma il Signore è con te. Chiedi perdono e vai avanti. Ma non lasciamo che questa cultura dello scarto ci scarti tutti! Non dimenticare quello di San Paolo Vl: la politica è una delle forme più alte della carità”. Una delle cose che mi ha sempre accompagnato nell’impegno politico, che vivo da diversi anni, è la passione per la vita che, come dice Papa Francesco, non può essere “guardata dal balcone”. Questa passione l’ho imparata in casa, dagli amici che ho incontrato e dagli ambienti che ho frequentato. Tra questi l’oratorio è senz’altro uno dei più importanti. ln oratorio ho imparato a pregare, e a fare sport, a vivere amicizie vere. Poi la passione per la città con le sue possibilità e con le sfide che la attendono. Politica e fede non sono alternative. Anche quando ci si avvicina alle due dimensioni con spirito laico il carattere di servizio caritativo della prima non può trovare un’analoga rappresentazione nella seconda. La politica è rispetto delle diversità ma anche sintesi delle stesse. E’ la costante ricerca del bene comune che va oltre gli interessi dei singoli individui. E’ un’educazione vicendevole alla cittadinanza attiva. E’ rispetto, onesta, esempio. E’ soprattutto la fatica di un cammino il cui traguardo è ancora da conquistare. Ci aiuti, Eminenza, a perseguire sempre il bene di questa terra e della gente che la abita, nel preparare i solchi necessari per coltivare sempre e con maggior cura il bene di tutti in particolare dei più bisognosi. Nel perseguire questi obiettivi ci soccorrono i grandi principi di libertà, ci soccorre la collaborazione delle donne e degli uomini di buona volontà, ci soccorre l’impegno delle famiglie, dei tanti educatori: nella scuola, nelle parrocchie, nelle associazioni di volontariato, ci soccorre l’impegno di rappresentanti delle istituzioni e dei servitori dello Stato. In questi anni la crisi si è fatta sentire forte anche a Campi Bisenzio. Alcune realtà economiche e produttive sono scomparse travolte da pressioni competitive e altre arrancano. Le famiglie vivono un presente incerto. Precarietà e mancanza di opportunità di lavoro ipotecano seriamente il futuro di giovani e adulti. In questo contesto restituire la speranza nel futuro e garantire un presente di giustizia e solidarietà è compito primario della politica. In questo contesto appare dunque necessario riscoprire e coltivare il senso di appartenenza alla comunità, promuovere un rinnovato senso civico che agevoli la convivenza civile. Farsi vicini e farsi prossimi per vivere in quella tensione di comunione che costituisce lievito indispensabile per far crescere un nuovo umanesimo. Particolarmente in questi momenti si impone l’esigenza di una alleanza tra civili e religiosi, quanto mai indispensabile oggi a Campi dinanzi a una amministrazione distante dalle parrocchie, in grado di fronteggiare le crescenti disuguaglianze sociali anche dovute a politiche europee del tutto inique. Una alleanza che abbia l’obiettivo di ridisegnare l’orizzonte di un riconquistato senso di appartenenza spirituale e materiale. I temi della socialità non possono far perdere di vista la posta che sta alla base di ogni altra sfida. Entrano in gioco, infatti, le sorgenti stesse dell’uomo: l’inizio e la fine della vita umana, il suo grembo naturale che è l’uomo e la donna nel matrimonio, la libertà religiosa ed educativa che è condizione indispensabile per porsi davanti al tempo e al destino. Proprio perché sono sorgenti dell’uomo, questi principi sono chiamati non negoziabili. Senza un reale rispetto di questi valori primi, che costituiscono l’etica della vita, è illusorio pensare ad un’etica sociale che vorrebbe promuovere l’uomo ma in realtà lo abbandona nei momenti di maggiore fragilità. I valori della vita, della famiglia, dell’educazione, della libertà religiosa non hanno un carattere confessionale ma rappresentano punti fondamentali per un assetto della società, quindi hanno valenza sociale e hanno rilevanza per il bene comune. Non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede. Essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l’umanità. E’ con una certa solitudine che cerco nella mia attività politica, in questa aula, a non brandire nella sua azione i valori non negoziabili per escludere gli altri. Ma da cattolico impegnato in politica, sono, altresì, disorientato e sofferente dinanzi ad una Chiesa che trascura, talvolta, la difesa della vita, dinanzi a un relativismo o meglio un ecumenismo che porta, per esempio, a una legittimazione dell’islam come vera religione e delle moschee come luogo di culto senza avere il coraggio di denunciare l’incompatibilità dell’islam con la nostra civiltà e i diritti fondamentali della persona, né senza condannare la sharia quale crimine contro l’umanità in quanto predica e pratica la violazione della sacralità della vita di tutti, la pari dignità tra uomo e donna e la libertà religiosa. Così come provoca in me sofferenza vedere una Chiesa ergersi quale massimo protettore degli immigrati, compresi – e soprattutto – i clandestini. Noi Eminenza, siamo per l’accoglienza con regole certe, nel rispetto assoluto della legalità, applicando correttamente l’esortazione di Gesù «ama il prossimo, il prossimo tuo, così come ami te stesso». Noi in questa aula continueremo a difendere, laicamente, i valori non negoziabili della sacralità della vita, della centralità della famiglia naturale, della dignità della persona, della libertà religiosa. Con la speranza che la Chiesa sappia e voglia intervenire, sempre di più, nel dibattito pubblico, quando, come fatto anche in questa aula, si neghi la presenza del Presepe o del Crocifisso negando i simboli di comune appartenenza e i segni della nostra cultura. Sappiamo di essere dentro una fase della vicenda nazionale terribile e difficilissima, e sappiamo che il corpo della nazione è malato e come attraversato da una febbre alta, che vediamo ogni giorno sfogarsi, pericolosamente contagiosa. Per curare le nostre comunità, e il Paese, dobbiamo sapere che il primo problema da affrontare è quello del lavoro, inteso come strumento di emancipazione individuale e di affermazione della dignità personale di ognuno. Ma non dobbiamo neppure pensare che la meta sia quella di garantire una sorta di uguaglianza indistinta: ognuno, infatti, è unico e irripetibile ed ogni realtà ha le sue grandi potenzialità, che vanno valorizzate per quello che sono, senza appiattimenti. Riconosciamo allora negli altri queste unicità e proviamo ogni giorno a ricomporle tutte in un quadro di convivenza sempre più avanzato e solidale. Per chi opera nelle istituzioni, come per chi si pone l’obiettivo della crescita integrale delle persone alla luce del Vangelo, non può che essere fonte di grave preoccupazione la condizione di tanti giovani: a loro va data l’opportunità di progettare il proprio futuro, di realizzarsi come donne, come uomini, come cittadini; a loro vanno proposti ideali alti per cui spendersi per sé e per gli altri. Ci stia dunque vicino, Eminenza, per aiutarci a cogliere i segni dei tempi e per consentire di rinnovare il nostro impegno per la cura della casa comune. Le difficoltà sono tante e il compito della politica è arduo perché, di fronte alle paure del presente e alle incertezze del futuro, deve innanzitutto recuperare credito e fiducia con la coerenza e l’esempio con un scatto morale capace di trasmettersi a tutta la comunità. Se il senso del divino manca, tutto si deturpa: la politica diviene mezzo di arricchimento, l’economia arriva al furto e alla truffa, la scienza si applica ai forni di Dachau, la filosofia al materialismo e al marxismo, l’arte decade nel meretricio. Noi abbiamo sentito la vita politica come un dovere. E il dovere ci dice speranza. Per questo interpretiamo la Sua presenza oggi in mezzo a noi, come segno di speranza e punto di riferimento, per superare le difficoltà quotidiane, le situazioni più difficili, gli eventi più tristi perché come ricorda un importante filosofo è proprio nel momento del tramonto, quando anche l’ultimo raggio di sole sembra voler sparire che “anche il più povero pescatore rema con un remo d’oro”.
Paolo Gandola, capo gruppo Forza Italia