San Mauro, un altro pezzo di storia che se ne va: addio al “macellaro” Carlo Grossi

SIGNA – Se ne è andato uno degli ultimi pilastri di piazza del Trebbio (nota ai più come piazza Alimondo Ciampi). Già, perché a noi, in modo particolare a chi scrive, piace immaginare che la piazza centrale di San Mauro sia ancora animata dalle botteghe e dalle persone di un tempo. Una piazza dove, oggi, […]

SIGNA – Se ne è andato uno degli ultimi pilastri di piazza del Trebbio (nota ai più come piazza Alimondo Ciampi). Già, perché a noi, in modo particolare a chi scrive, piace immaginare che la piazza centrale di San Mauro sia ancora animata dalle botteghe e dalle persone di un tempo. Una piazza dove, oggi, di quei tempi – e di quelle persone soprattutto – è rimasto ben poco. E Giancarlo Grossi, da tutti conosciuto come Carlo, insieme alla moglie Saida Grassi, scomparsa non molto tempo fa, ne è stato una parte fondamentale. La loro macelleria all’angolo con via di San Mauro, o il “macellaro”, proprio come si diceva un tempo, non era “solo” un negozio dove acquistare la “ciccia”. Spesso, soprattutto per coloro che la piazza la frequentavano più assiduamente, era anche un luogo dove ritrovarsi. Dove fra un petto di pollo e una bistecca si parlava di tennis, grazie soprattutto alle imprese sportive dei figli, Marzia ed Elia (hanno anche una terza figlia, Elena, n.d.r.), ma non solo. Ma anche di calcio, dell’amata Fiorentina e di come noi tifosi viola si debba sempre sopportare, calcisticamente parlando, mille sofferenze. A proposito, chissà cosa avresti detto di questo campionato e della partite di ieri sera…

Ecco perché la notizia della sua morte, nella giornata di ieri, ci ha lasciato un velo di tristezza. Piano piano cala il bandone, restando in tema di botteghe, su una parte importante di quella che è stata la storia della frazione del Comune di Signa. Un paese dove fino a non molti anni fa ci si conosceva tutti e trovare un parcheggio libero non era un’avventura. Oppure ci si spostava in bicicletta, probabilmente anche perché eravamo più giovani… “Gabbanella” bianca e cappellino in testa, Carlo aveva iniziato la propria attività nel lontano 1966 dopo avere iniziato a lavorare giovanissimo, praticamente da bambino, a Signa, come garzone di un macellaio di via Roma. E dopo avere proseguito la propria crescita in alcune macellerie nella provincia di Firenze. A 26 anni, infatti, si mise in proprio: era il settembre del 1966 e due mesi dopo la vita di tanti sammoresi, ma non solo loro ovviamente, sarebbe stata tragicamente travolta dall’alluvione.

Nel 1968 la rinascita, grazie anche all’ampliamento della bottega, reso possibile dallo spostamento dell’allora ortolana del paese, la “Morena”, qualche metro più in là. Fino agli anni Novanta, quando Carlo e sua moglie Saida, in un appartamento dislocato sopra il negozio, iniziarono a cucinare piatti e vivande, cotti anche su ordinazione, che hanno dato lustro anche a un piccolo spazio di gastronomia. Ma quello che resta, negli occhi e nel cuore di tutti, è e resta la macelleria, che vi riproponiamo in queste due immagini in bianco e nero, quasi “sgranate”. Ma che ci fanno fare un salto indietro nel tempo, ci fanno tornare, seppure solo per qualche istante, più giovani. E ci fanno riassaporare quei profumi e quegli odori che sapevano di buono e di genuino. Nella bottega di Carlo e Saida, sì, ma anche fuori…