Serena, una laurea in infermieristica e il lavoro che non arriva: la sua denuncia

SIGNA – Ventisei anni e una laurea triennale in infermieristica. E per proseguire il suo “cammino” adesso è in arrivo una laurea in scienze infermieristiche e ostetriche. Quando una professione “si ama”, le scelte fatte al momento di decidere cosa si farà da grandi, si difendono fino in fondo. Come è sicuramente nel caso di […]

SIGNA – Ventisei anni e una laurea triennale in infermieristica. E per proseguire il suo “cammino” adesso è in arrivo una laurea in scienze infermieristiche e ostetriche. Quando una professione “si ama”, le scelte fatte al momento di decidere cosa si farà da grandi, si difendono fino in fondo. Come è sicuramente nel caso di Serena Colzi, signese (nella foto nel giorno della laurea), che ci ha interpellati per esternare tutto il suo malumore. “Ho scelto di fare questo percorso perchè amo questa professione – dice – ma, dopo due anni, posso solo dire di essere scandalizzata da quanto succede nel mondo del lavoro ma anche in una generazione che spesso non sa far sentire la propria voce. Io, però, resto dell’idea che non si possa sempre fare finta che vada tutto bene…”.  Idee chiare e tanta voglia di raggiungere il traguardo sognato fin da bambina: “Quando avevo 15 anni è morta mia nonna e in quel momento ho detto “da grande voglio fare il medico”; poi però mi sono resa conto che il lavoro di infermiere è più gratificante proprio perchè permette di stare a più stretto contatto con i pazienti”. Il problema è che, almeno in questo particolare momento storico, “si lavora solo con la partita Iva” e anche l’ultima esperienza professionale di Serena (due mesi all’interno di una cooperativa che ha sede a Roma) diciamo che non è stata proprio gratificante. Ma quello che chiede Serena è solo il riconoscimento del percorso di studi fatto e attualmente in corso, al di là dell’aspetto economico che comunque resta importante. Un riconoscimento che lei vuole ottenere qui, nel suo paese, perchè “è troppo facile andare all’estero”. E fra le idee chiare che la caratterizzano c’è anche quella, per ora solo un sogno, di aprire “un ambulatorio infermieristico”. “Ma per il momento – spiega – nessuno ha mai voluto prendere in considerazione il mio progetto”. Con quattro capisaldi alla base di quello che vorrebbe far diventare il suo futuro: “Grazie a questo lavoro si può educare, prevenire, fare ricerca infermieristica ma anche assistenza ai pazienti dei malati”. Ma le porte per il momento restano tutte chiuse e così dopo un anno a Figline in una casa di cura, un’altra esperienza al pronto soccorso della Asl 10, adesso è di nuovo il momento di tentare di farsi conoscere presentando il proprio curriculum nella speranza che qualcuno prima o poi richiami: “Finora non è mai successo…”.  E così l’insoddisfazione, quella di Serena come quella di tante altre persone nella sua situazione, cresce. Ma di pari passo, almeno nel suo caso, sale anche la voglia di farsi sentire e denunciare quello che non va. E anche questo non è un aspetto di poco conto, almeno per come vanno le cose oggi in Italia.