Addio professor Gradi, con lei la matematica “sapeva” di sigaro Toscano

SIGNA – All’epoca, eravamo a metà degli anni Ottanta, i sigari Toscani non erano aromatizzati come oggi, alla grappa piuttosto che all’anice. Erano Toscani. Punto. E la copertina del libro di matematica che mi tormentava era di colore verde. I sigari, probabilmente, ho iniziato ad apprezzarli allora; la matematica “me la sono fatta piacere”. Ma […]

SIGNA – All’epoca, eravamo a metà degli anni Ottanta, i sigari Toscani non erano aromatizzati come oggi, alla grappa piuttosto che all’anice. Erano Toscani. Punto. E la copertina del libro di matematica che mi tormentava era di colore verde. I sigari, probabilmente, ho iniziato ad apprezzarli allora; la matematica “me la sono fatta piacere”. Ma solo “per la bisogna”, oggi per fortuna non fa più parte del mio mondo. La “bisogna” era il liceo scientifico (bei tempi…) e a farmela “piacere” ha contribuito sicuramente lui, il professor Giovanni Gradi che ieri, all’età di 87 anni, è stato salutato per l’ultima volta. Peccato non averlo saputo prima. Già, il liceo scientifico e quella matematica che non voleva entrarmi in testa, i paradossi della vita… La fortuna di avere un babbo ferroviere (non solo quella ovviamente), abbinata al fatto che il suo lavoro fosse alla stazione di Signa (una grande fortuna), portò questo quindicenne con i capelli pieni di ritrose a varcare il cancello dell’abitazione del professor Gradi. Proprio a due bassi dalla biglietteria e dai binari. Ma le “ripetizioni” che si facevano, fra un mozzicone di sigaro e l’altro, uno nel posacenere, un altro ancora, spento, sui fogli sparsi sul tavolo con la cenere che immancabilmente si spargeva dovunque, non erano solo lezioni di matematica, erano momenti di vita vissuta, era il continuo racconto di aneddoti, magari intervallato da “dotte citazioni”. Ed era in questo modo che numeri ed equazioni passavano quasi in secondo piano. Con cifre e calcoli matematici scritti su grandi blocchi con matite colorate, più spesso e volentieri un carboncino. Non ne ho le prove ma penso che non abbia mai usato un computer in vita sua. Mi raccontava del babbo, Dino, di professione avvocato, e mi chiedeva del mio, Galileo, per gli amici Mario, che aveva conosciuto grazie ai suoi spostamenti in treno per andare a insegnare a scuola. L’ultima volta che l’avevo incontrato era stato ormai diversi anni fa, ovviamente sempre in piazza Stazione, sempre rispettoso di chi gli stava davanti al punto da darmi del lei. Gli occhi chiari, il sorriso e la battuta sempre pronti, i ricordi che riaffioravano. Buon viaggio professore, fumi qualche buon sigaro anche lassù. Io la saluto per l’ultima volta “tirando una boccata” del mio…