Alice alle Canarie racconta la quarantena. Il diario della prof. “Gli alunni sono sempre alunni. Anche se ex” (8)

CALENZANO – Per una prof gli alunni sono sempre alunni, anche se diventano ex, anche quando crescono, quando si trasferiscono lontano. E’ la storia di Alice e della sua nuova vita alle Canarie, e di questo periodo di quarantena raccontata nel diario della prof Meri Coscarelli. “Grazie, Alice. I nostri alunni. I nostri ragazzi. Ex […]

CALENZANO – Per una prof gli alunni sono sempre alunni, anche se diventano ex, anche quando crescono, quando si trasferiscono lontano. E’ la storia di Alice e della sua nuova vita alle Canarie, e di questo periodo di quarantena raccontata nel diario della prof Meri Coscarelli.

“Grazie, Alice.
I nostri alunni. I nostri ragazzi. Ex o no. Sono la nostra forza, la nostra certezza. Sono il nostro presente e il nostro passato. Oggi mi metto a sedere, accendo il computer e leggo, come voi. Per questo vi dico solo: leggete le parole che seguono le mie. Sono le parole di Alice Aloisi. Alice ora vive a Tenerife, il suo spagnolo “es más que sobresaliente” (più che eccellente). Ma anche lei si è seduta dove fino a quel fatidico 5 marzo eravate seduti voi, ha vissuto gli ultimi anni dell’indirizzo
ERICA (prima che qualcuno spegnesse questa luminosa candela!!), ha vissuto gli anni del nostro caro Preside Roberto Curtolo, e, soprattutto, ha inseguito i suoi sogni. Brava, Alice. Sei stata una soddisfazione per me e i miei colleghi di quella indimenticabile 5 C Erica, anno scolastico 2007/2008. Vi ricordo tutti. Salutami: Giulia, Enrica, Camilla, Sharon, Enrico, Serena, Lucia, Manuela, Adelaide, Laura, Vania, Carlotta, Elisa, Claudia, Vanessa, Fabio, Diana, Giulia, Francesca, Elisa.
La Prof

“18 marzo 2020, primi giorni di quarantena qui a Fuerteventura.
Seguendo sui giornali l’evoluzione dell’emergenza per coronavirus in Italia, ero già preparata mentalmente a ciò che sarebbe inevitabilmente successo anche qua. Rimaneva da scoprire se ci avrebbero permesso di stare all’aria aperta, di passeggiare in solitaria lungo i chilometri di meravigliose spiagge, di perderci nel deserto o di percorrere i sentieri nascosti tra gli antichi vulcani di questa meravigliosa terra. Tsè, illusa. Tutti in casa, sospensione straordinaria dal lavoro, esercizi commerciali e turistici chiusi, spiagge sorvegliate e controlli ovunque. Gli elicotteri sorvolano la costa e le pattuglie della polizia passano per le strade diffondendo dal megafono messaggi preregistrati: siamo in stato di allerta nazionale, per la vostra incolumità rimanete a casa. La mente corre indietro nel tempo ad epoche non vissute in prima persona, ma di cui ho letto, sentito parlare, visto qualcosa nei film, la dittatura, l’esercito, panico. No! Fermati, mente mia, non te ne andare per quel cammino!
E allora mi sono armata di pazienza e ho buttato giù una lista di cose a cui avrei voluto dedicarmi da tempo, ma che per un motivo o per un altro non ho mai fatto. Quindi via libera allo yoga mattutino, al corso di traduzione, agli esercizi di calligrafia, alle serie tv, al giardinaggio, ai documentari sulle tartarughe che depongono le uova in Costa Rica, alle videoricette (mamma, se stai leggendo, non ci sperare: non ho imparato a cucinare neanche ora), all’osservazione del cielo notturno, alla pulizia dell’armadio (mamma, ciao. Questa l’ho fatta per davvero), alle ore di ozio in terrazza, a quel libro su Chavela Vargas.
Fuerteventura poi, questa vecchia e saggia sciamana, mi rende le cose facili all’inizio e ci regala i giorni più nuvolosi, ventosi e piovosi dell’anno, e l’oceano sembra (quasi) non mancarmi così tanto.
Quel libro su Chavela Vargas, dicevo. L’intensa, ipnotica, incredibile Chavela, cantante costaricana di origine, ma messicana nell’anima; la giovane straniera che arriva in Messico e si mette a cantare rancheras, le canzoni tipiche messicane eseguite principalmente da uomini; la donna ribelle che ama visceralmente e appassionatamente e affoga gioie e dolori in fiumi di tequila, regalando al suo pubblico esibizioni di un’intensità che quasi ferisce.
Mi immaginavo a Città del Messico negli anni ’50 – col cuore pieno di meraviglia e stregata dalla musica, appena uscita da una ‘tasca’ (taverna) buia, impregnata di fumo e calore umano sorreggendo una Chavela ebbra di mezcal, e poi con un salto indietro nel tempo di qualche anno entravo con lei a una festa nella Casa Azul di Frida Kahlo e Diego Rivera a Coyoacán – quando ho ricevuto la telefonata di Mery, che per prima ci aveva parlato di questi incredibili personaggi durante le lezioni ormai diversi anni fa. Coincidenze?
Torno rapidamente nel 2020. Mi chiede se va tutto bene, come si stava vivendo questa strana situazione qua a Fuerteventura, come è l’umore. E che vi dico? L’umore era alto allora come lo è adesso, a distanza di quasi un mese. Siamo testimoni di un evento storico di proporzioni immense, ragazzi miei. Forse questa è la prima volta che vi ritrovate a vivere da protagonisti quello che sarà tra qualche anno un nuovo capitolo nei libri di storia. A me era già capitato nel 2001, con gli attacchi alle Torri Gemelle, ad esempio. È la storia del mondo che si intreccia alla vostra storia personale, a questo anno scolastico bizzarro, alle gite scolastiche saltate, a questo assaggio di futuro con le lezioni online, a questa incertezza sui prossimi mesi, a questa virata improvvisa che ha subito la rotta che stavate immaginando. Che bella la vita che ti prende a schiaffi ancora prima di iniziare un progetto, non credete? Ci stiamo fermando, stiamo riprendendo fiato oppure la rincorsa, chissà. Forse è quello che ha fatto anche Chavela verso la fine degli anni ’70, dopo aver sorvolato l’Atlantico ed essere atterrata a Madrid per un’esibizione alla televisione spagnola, dopo aver messo piede nella Residencia de Estudiantes e aver percepito nell’aria lo spirito di quell’amato Federico García Lorca a cui non è stata data degna sepoltura. Qualche anno dopo si è fermata, ha ripreso fiato, è sparita nel nulla, l’hanno addirittura creduta morta. E invece poi è risorta dalle sue ceneri come un’araba fenice, ed è tornata a brillare e a far luccicare gli occhi come lei sa fare. Toccherà anche a noi farlo: riorganizzarci e rialzarci, tornare a costruire e a brillare.
Mi auguro che questo sia per tutti un momento di pulizia: via il vecchio e il superfluo per far spazio al nuovo ed essenziale. Un po’ come un capodanno con qualche mese di ritardo. Un forte in bocca al lupo con i vostri progetti, ragazzi”.

Ancora grazie, Alice. Grazie per le tue bellissime parole. Grazie per come eri. Grazie per come sei diventata. E grazie per i tuoi preziosi consigli.
Vero, ragazzi? Meri Coscarelli