Alluvione: ecco cosa successe cinquant’anni fa, ora per ora

SESTO FIORENTINO – Cinquant’anni. Mezzo secolo di vita separano Firenze e provincia dalla tragica alluvione che nel 1966 devastò questi territori. Dieci lustri che fanno sembrare quei momenti ancora più lontani nel tempo proprio perchè da allora è cambiato tutto: è cambiata radicalmente la città, è cambiata ancora più radicalmente la provincia, è cambiato il […]

SESTO FIORENTINO – Cinquant’anni. Mezzo secolo di vita separano Firenze e provincia dalla tragica alluvione che nel 1966 devastò questi territori. Dieci lustri che fanno sembrare quei momenti ancora più lontani nel tempo proprio perchè da allora è cambiato tutto: è cambiata radicalmente la città, è cambiata ancora più radicalmente la provincia, è cambiato il modo di vivere, è cambiato il rapporto con il fiume. Quest’ultimo aspetto grazie anche a un’accelerata negli interventi realizzati in questi anni per la messa in sicurezza dell’Arno ma anche, per quanto riguarda la Piana, di Bisenzio e Ombrone. In questi giorni è stato detto praticamente tutto sull’alluvione del 1966: la furia delle acque, la piena, l’arrivo degli aiuti, gli “angeli del fango” (fra cui anche le figlie di Giulio Andreotti e Aldo Moro), la lenta “risalita”. A noi piace fare la ricostruzione di quei giorni drammatici, una ricostruzione cronologica, ora per ora, a partire dal 3 novembre, cinquant’anni fa oggi, nella speranza che quanto successo non si ripeta davvero mai più.

3 novembre
Alle 8 a Firenze e provincia sta piovendo costantemente da più di due giorni, il vento è molto forte e il bacino dell’Arno, a causa dell’ingrossamento del fiume, viene monitorato sempre con maggiore attenzione. Inizia anche a nevicare sul Casentino e nel Mugello che sono da sempre le due porzioni maggiormente responsabili delle piene dell’Arno e dei suoi affluenti. Alle 15 si abbatte su Firenze un violento temporale: dai comandi militari partono le segnalazioni e i fonogrammi verso il ministero degli interni, avvertendo che la situazione, pur essendo sotto controllo, necessita di essere seguita con attenzione. Alcuni torrenti sono notevolmente ingrossati e potrebbero provocare danni alle infrastrutture e alle persone. Alle 18 le forti perturbazioni colpiscono tutto il bacino dell’Arno e le stazioni pluviometriche registrano valori elevatissimi: a Firenze, nel corso delle ore successive, cadranno fra i 180 e i 200 litri d’acqua al metro quadrato. Il livello dell’Arno inizia a crescere sempre con maggiore rapidità. L’idrometro, prima di essere distrutto, segnalerà 8,69 metri. Iniziano, nel corso della serata, ad arrivare notizie allarmanti dal Mugello, dal Casentino e dall’alto Valdarno, dove fiumi e fossi hanno rotto gli argini. A mezzanotte l’Arno tracima a monte di Firenze e interrompe la ferrovia per Roma e l’Autosole. Le acque del fiume invadono Montevarchi, Figline, Incisa, Rignano, Pontassieve, Le Sieci e Compiobbi. A Reggello un torrente travolge una casa abitata da sette persone.
4 novembre
All’una l’Arno straripa nella zona della Lisca, fra Lastra a Signa e Montelupo, interrompendo la statale tosco-romagnola e le comunicazioni tra Firenze ed Empoli. Alle 2 il Mugnone straripa nella zona delle Cascine e sommerge gran parte del parco. Alle 3 arriva in città la piena che ha già travolto i paesi a monte. Il fiume ha già raggiunto le spallette dei lungarni. Alle 3.30 l’Arno rompe gli argini a Rovezzano, sommergendo le zone di Varlungo e San Salvi, mentre dall’altra parte della città sono allagati i quartieri di Gavinana e Ricorboli e l’acquedotto dell’Anconella.
Alle 4 l’acqua invade il lungarno Cellini, corre per via dei Renai e sommerge gran parte dell’Oltrarno. L’invasione dell’Arno si fermerà solo a Soffiano, alle porte di Scandicci, l’acqua inizia ad affluire anche in Santa Croce.
Alle 4.30 inizia il dramma alla periferia di Firenze: Lastra a Signa è allagata dalle acque del Vingone, del Rimaggio e del Guardiana che hanno rotto gli argini. Alle 5 è la volta del lungarno Acciaioli e del lungarno delle Grazie mentre nelle parti alte della città l’acqua ha raggiunto il livello dei parapetti. Anche in provincia la situazione precipita. Il Bisenzio rompe l’argine a San Piero a Ponti, allaga San Mauro e poi, in rapida successione, San Piero a Ponti, San Cresci e Sant’Angelo a Lecore. Situazione drammatica anche a Montelupo.
Alle 6.50 precipita la situazione a Firenze: cede la spalletta di piazza Cavalleggeri e la furia dell’Arno travolge la Biblioteca Nazionale e il quartiere di Santa Croce.
Alle 8.30 l’Ombrone rompe a Castelletti sommergendo la parte ovest di Signa e unendo le proprie acque a Sant’Angelo a Lecore. Alle 9.30 in alcune zone di Firenze l’acqua ha raggiunto il primo piano delle case. L’Arno rompe anche nei pressi di Quaracchi e sommerge Peretola e la Piana, nella zona dell’Osmannoro, arrivando alle porte di Sesto e Campi, salvate rispettivamente da una leggera altitudine e dall’argine del Fosso Reale.
Alle 10.30 dramma a Campi dove, in località “La Galea”, l’argine del Bisenzio dà vistosi segni di cedimento: se il muro crollasse sarebbe la fine per le frazioni di San Lorenzo, Santa Maria e La Villa. Fortunatamente tutto viene scongiurato e l’argine sarà riparato in sole ventiquattro ore. L’Arno tuttavia tracima a San Donnino nei pressi della stazione e sommerge la più grande frazione del comune di Campi, invasa anche dalle acque dei Fossi Reale e Macinante.
Alle 14 il Vingone allaga Badia a Settimo. L’acqua è a San Martino, alle porte di Campi, il cui territorio settentrionale è invaso dalle acque del Marina e del Marinella.
I giorni successivi
L’alluvione di Firenze è un evento storico che ha segnato la storia della Toscana ma anche del resto del Paese. L’acqua invase la città con 250.000.000 m³ di acqua e 600.000 m³di fango, con un alto rischio di epidemie, senza luce, acqua e collegamenti telefonici. Nei primi giorni successivi all’alluvione lo scenario è apocalittico: oltre ai danni provocati dall’acqua ci sono quelli prodotti dal fango, che ovviamente non si ritira da solo, ma deve essere rimosso, prima che si essicchi completamente. Gli aiuti dal governo stentano ad arrivare e la cittadinanza inizia a rimboccarsi le maniche nel tentativo di salvare persone, cose e patrimonio artistico. L’umorismo, la sagacia e l’irriverenza toscana non vengono perse neanche in queste ore di tristezza e duro lavoro: le vetrine si riempiono di cartelli satirici contro il governo e si inizia a raccontare la storia del salvataggio di un convento di suore: mentre i soccorritori aiutavano le monache a mettersi in salvo dalla piena, i primi bestemmiavano e le seconde pregavano…