Anche le Fiom Maserati e Ferrari dalla parte dei lavoratori della Gkn: “No alla delocalizzazione, la produzione continui in Italia”

CAMPI BISENZIO – Mentre la protesta dei lavoratori Gkn non si ferma e l’assemblea permanente continua senza soste, Ferrari e Maserati chiedono i semiassi di Campi. La fabbrica di viale Fratelli Cervi, infatti, è in presidio permanente dallo scorso 9 luglio, quando la proprietà – il fondo finanziario Melrose – ha deciso di mandare tutti […]

CAMPI BISENZIO – Mentre la protesta dei lavoratori Gkn non si ferma e l’assemblea permanente continua senza soste, Ferrari e Maserati chiedono i semiassi di Campi. La fabbrica di viale Fratelli Cervi, infatti, è in presidio permanente dallo scorso 9 luglio, quando la proprietà – il fondo finanziario Melrose – ha deciso di mandare tutti a casa e chiudere lo stabilimento dove si producono appunto semiassi per case automobilistiche. Fra queste ci sono anche Ferrari e Maserati e nei giorni scorsi, come riportato sulla propria pagina Facebook da Matteo Moretti, della Rsu della Gkn, la Fiom Cgil di questi due importanti marchi dell’automotive modenese, ha chiesto che i semiassi prodotti a Campi e che equipaggiano le loro auto continuino ad arrivare dalla Gkn. “Le vicende della Gkn – si legge nel comunicato – stanno mettendo in luce i problemi legati alla filiera delle forniture del gruppo ex FCA. Una problematica destinata a peggiorare nel prossimo periodo. Stellantis pare che abbia deciso di acquistare le forniture da altri stabilimenti di altri Paesi, determinando la chiusura di aziende che non vivono uno stato di crisi, ma anzi producono a pieno regime, rispondendo alle tante commesse degli stabilimenti della ex FCA. La decisione di chiudere uno stabilimento come Gkn è frutto sempre della stessa logica: licenziare per delocalizzare in Paesi dove la manodopera è a più basso costo. Come delegati Fiom Maserati di Modena e Ferrari chiediamo che le nostre aziende non seguano tale logica, ma che continuino a prendere le forniture dei semiassi dalla Gkn per tenere ancora viva un’azienda fatta di lavoratori in carne ed ossa, e allo stesso tempo perché il made in Italy non sia solo uno slogan da sbandierare per vendere di più sul mercato”.