Andiamo alla scoperta… dei misteri di San Donnino

CAMPI BIENZIO – Continua le nostre pedalate a metà fra il turistico e il giornalistico in compagnia di Giovanni Grossi, che questa settimana ci porta e vi porta alla scoperta dei… misteri di San Donnino. Scopriamo perché. La scienza ci dice che la felicità dipende dalla quantità che abbiamo in circolo di un ormone, la […]

CAMPI BIENZIO – Continua le nostre pedalate a metà fra il turistico e il giornalistico in compagnia di Giovanni Grossi, che questa settimana ci porta e vi porta alla scoperta dei… misteri di San Donnino. Scopriamo perché.

La scienza ci dice che la felicità dipende dalla quantità che abbiamo in circolo di un ormone, la serotonina. Per quanto mi riguarda la conoscenza in questo caso non aiuta. Preferisco pensare che la felicità così come la risata o il sorriso, hanno in sé qualcosa di inspiegabile, di religioso, di mistico. Per esempio perché si ride nel vedere la faccia che fa Cary Grant quando apre la cassapanca del salotto della casa delle ziette (le sorelle Brewster) a Brooklyn e ci vede dentro il cadavere di un uomo? La faccia stupita di Cary Grant fa ridere, e tanto. Come, del resto, tutto il film “Arsenico e vecchi merletti”. Misteri della serotonina. Poco lontano da Brooklyn, a San Donnino, per esempio, nella loro bella casa ci sono anche qui due simpatiche vecchiette, Bianca e Bruna Mazzini, che hanno trovato un modo divertente di passare il loro tempo: “aiutano” i signori che affittano le stanze della loro casa a “lasciare la vita” con un sorriso sulle labbra, offrendo loro un bicchiere di vino corretto con un miscuglio di veleni, il vino di San Donnino per l’appunto. La Bianca e la Bruna, insieme ad altri serotonici personaggi, sono i protagonisti della commedia “Un matrimonio e undici funerali” in scena al Teatrodante Carlo Monni il 24 ed il 25 febbraio. E anche qui la serotonina la fa da padrona. Perché si ride e tanto. Ed il mistero della serotonina continua. Comunque San Donnino è un luogo che ha in sé delle caratteristiche che definire originali è riduttivo. Luis Sepulveda, se fosse passato da San Donnino, non avrebbe scritto nel libro “La frontiera scomparsa”: “Un tempo era così facile andare nel paese della felicità. Non era su nessuna cartina, ma sapevamo tutti come arrivarci. C’erano unicorni e boschi di marijuana. Adesso la frontiera è scomparsa. Ognuno dovrebbe ritrovare la sua frontiera scomparsa, quella che gli permetteva di entrare nei territori della felicità”. Perché? Perché a San Donnino è facile entrare nei territori della felicità. Se ci arrivi dalla pista ciclopedonale lungo l’Arno non c’è il segnale stradale che indica il confine comunale e l’inizio della frazione di San Donnino. Eccola è qui la tua frontiera scomparsa. Da noi non ci sono boschi di marijuana, le canne lungo il fiume sono i nostri stupefacenti. Passando nel sottopasso alla stazione di San Donnino, imboccando (sempre in bici, per carità) via dei Bassi, s’arriva in località “Il Valico”. Chissà perché nel bel mezzo della Piana che più Piana non si può c’è un luogo chiamato “Valico”. Sicuramente c’è una spiegazione al perché di questo toponimo. Però preferisco pensare che si chiami così perché ai sandonninesi anche l’argine di un fosso può sembrare una catena montuosa o una collina dove piantarci delle viti per il vino di San Donnino.

Giovanni Grossi