Belli e ribelli. Nimier e Antonini gli “ussari della letteratura” nel libro di Enio Bruschi

SESTO FIORENTINO –  A Parigi alla fine degli anni Quaranta si incrociano due letterati ribelli e anticonformisti: per la loro veemenza letteraria vengono definiti “ussari” dando il via loro malgrado ad una corrente letteraria che ha soffiato sulla cultura della metà del Novcento. Gli “attenti a quei due” sono Roger Nimier e Giacomo Anotnini. A […]

SESTO FIORENTINO –  A Parigi alla fine degli anni Quaranta si incrociano due letterati ribelli e anticonformisti: per la loro veemenza letteraria vengono definiti “ussari” dando il via loro malgrado ad una corrente letteraria che ha soffiato sulla cultura della metà del Novcento. Gli “attenti a quei due” sono Roger Nimier e Giacomo Anotnini. A loro Enio Bruschi ha dedicato un libro “Roger Nimier e Giacomo Antonini. Ussari d’Italia e di Francia”. La presentazione si terrà alla libreria Rinascita sabato 12 marzo alle 17.30. Incontreranno l’autore Marino Biondi dell’Università di Firenze e Giuseppe Giari dell’Opera di Santa Maria del Fiore.

Enio Bruschi, perché un libro su Roger Nimier, morto nel 1962 e sul movimento degli Ussari?

Nimier è un grande scrittore, ancora poco conosciuto in Italia. Nel 2022 ricorrono sessant’anni dalla sua tragica morte. Il bel Roger fu una specie di James Dean francese: sport, motori, donne, alcol, bruciare le tappe della vita sempre al massimo della velocità e alla fine bruciare la vita a bordo della sua Aston Martin, in un incidente tristemente anticipato in uno dei suoi libri più belli, Giovani tristi. Oggi sembra ci siano in Italia le condizioni per un rinnovato interesse per Nimier e gli ‘ussari’, non un vero movimento letterario, ma un gruppo rivoltoso ed indisciplinato di amici, che qualcuno ha definito “anarchici di destra” e che diceva ‘no’ al prestigio e all’influenza di J.P. Sartre, allora dominanti nella cultura francese. Anche Philippe Leroy (lo Yanez di Sandokan, combattente in Indocina) e Alain Delon, ne condivisero andazzi e stravizi. Rivendicavano uno spazio di azione per una cultura schierata a destra. Operazione assai difficile, in un paese in cui i più grandi nomi di quell’area politica e culturale (su tutti, Céline e Chardonne, dei quali Nimier fu amico fino alla morte) si erano bruciati al fuoco del governo di Vichy e del collaborazionismo con la Germania nazista, non di rado attraverso manifestazioni di aperto e violento antisemitismo. Fu una stagione intensa, di breve durata, ma non del tutto fallita nei propositi che si riprometteva.

Cosa unisce Nimier a Giacomo Antonini, agente letterario e critico, ma prima ancora spia dell’OVRA?

Entrambi si trovano a Parigi, sulla fine degli anni Quaranta. Nimier perché non volle mai spostarsi dalla capitale francese, Antonini perché, dopo la pubblicazione delle liste OVRA e le polemiche che ne seguirono, trovò ostacoli invalicabili al rientro, pure tentato, nel circuito professionale italiano. Li legò una simpatia immediata, frequentazioni comuni, un lavoro a stretto contatto: Nimier fu direttore e collaboratore di numerose riviste, cui anche Antonini collaborò, e fu un grande, per quanto disordinato, consulente editoriale di Gallimard. Antonini fu il più grande agente letterario per la Francia di Bompiani. Soprattutto, furono legati da una sintonia culturale profonda: Antonini, dalle colonne della “Fiera Letteraria”, creò un primo spazio per quei grandi scrittori francesi di destra che nell’Italia del dopoguerra avevano poche possibilità di circolare. Un ussaro italiano, che si aggiungeva agli ussari francesi. Per comodità e necessità sempre impellente di lavoro, certo, ma anche per fedeltà ad un gusto letterario e a un’epoca tramontati con la Liberazione.

A chi è rivolto il libro?

Il libro è rivolto prima di tutto a chi voglia conoscere il brillante gruppo degli ussari e Roger Nimier, che di essi fu il più dotato. Nimier fu un romanziere di grande qualità: Le spade, L’Ussaro Blu e Giovani tristi meritano di figurare fra i grandi romanzi europei del dopoguerra, ma Roger fu anche un grande “lettore” (i medaglioni critici contenuti nelle Journées de lecture, ma anche ne L’élève d’Aristote, inediti da noi, sono fulminanti). La nota, molto bella, di Massimo Raffaeli, è illuminante. Ho provato a ricostruire, attraverso il rapporto fra Nimier e Antonini, un piccolo pezzo di storia della cultura fra Italia e Francia nel secondo dopoguerra, con i suoi fasti e le sue miserie. Antonini, poi, si rivela una figura dai molti volti: collaboratore della polizia politica fascista (non privo di affinità suggestive con il protagonista del Conformista di Moravia, che detestò Antonini ma se ne servì come agente in Francia), poi funzionario di alto profilo della Agenzia di stampa Stefani nella Parigi occupata, infine passato a processo per collaborazionismo, ma anche agente letterario dall’intuito infallibile, critico e giornalista abile, scopritore di talenti a colpo sicuro. Blandito in vita dai più grandi scrittori, perso il potere editoriale che deteneva, fu presto dimenticato e nascosto sotto uno strato di polvere. Splendori e miserie degli intellettuali italiani, che mal volentieri frequentavano pubblicamente un uomo del quale si servivano in privato per consolidare contratti ed accordi editoriali in Francia.

Quanto è cambiata la letteratura rispetto ai tempi che descrivi nel libro?

Completamente e in modo irreversibile. E non sono quella italiana. Non esiste più quel mondo, fatto di accesi dibattiti culturali combattuti attraverso le riviste, e anche di contrasto ideologico, non soltanto di poetica o di gusti letterari. Quel filone culturale a cui Nimier e Antonini cercavano di dare legittimità ha trovato, nei nostri tempi meno propensi allo scontro ideologico, sia in Italia che in Francia, migliore accoglienza: penso non solo a Nimier stesso, ma ad una altro grande come Marcel Jouhandeau, pesantemente coinvolto con Vichy, molto amico di Antonini e Nimier, le cui bellissime Cronache maritali sono state tradotte da Adelphi anni fa. Céline, che Antonini amò pochissimo e comprese ancor meno, i contorni della cui compromissione con il regime di Vichy sono sempre più chiari, è ormai pienamente riconosciuto nella sua grandezza. L’opera di figure discusse e controverse, di cui Antonini si occupò ripetutamente come critico, come quelle degli intellettuali fascisti Robert Brasillach, fucilato in Francia per intelligenza con il nemico, e Pierre Drieu La Rochelle, suicida per sfuggire alla cattura, è da tempo tradotta e studiata. Non tutti sanno però che, per conto di Gallimard, fu proprio Nimier (che compare nella parte di se stesso negli ultimi romanzi di Céline) a disincagliarlo dalla solitudine e dall’isolamento in cui lo aveva gettato la sciagurata adesione al regime di Vichy.

Qual è il tuo prossimo libro in programma?

Ancora Antonini, altri approfondimenti e spero, prima o poi, una sua biografia, alla quale lavoro, anche se con molte interruzioni, da anni. Poi, l’altra mia grande passione, la musica: un libretto di recensioni, collezionate a partire dal periodo del lockdown, a cui tengo molto, e che ho intitolato Quando la musica è finita. Innocue cronache musicali di un tempo difficile. E poi, ancora, traduzioni, dall’inglese e dal francese. Purtroppo, come si sa, l’arte è lunga e la vita breve.