CAMPI BISENZIO – Crescita clamorosa della Cassa integrazione da marzo di quest’anno, con il picco a luglio, portato del diffondersi di crisi aziendali (tra gennaio e settembre 2024, in media sono stati 16mila i toscani in Cassa integrazione; furono 10.500 nello stesso periodo dell’anno scorso); calano sia la produzione industriale sia il numero degli addetti dell’industria; il Pil è praticamente fermo; gli occupati crescono ma perlopiù si tratta di contratti stagionali o a termine, mentre calano gli indeterminati; aumentano gli investimenti, grazie ai fondi Pnrr, ma in misura minore rispetto al dato nazionale perché latitano quelli privati, specialmente nella costa; i consumi sono stabili, i redditi in lieve aumento ma sotto la crescita dell’inflazione. Quanto alle province, rallenta la crescita del capoluogo Firenze; la costa resta a crescita zero-zero virgola e vede aggiungersi alla propria situazione Lucca, mentre migliora leggermente Pistoia.
Sono i principali dati dello studio Ires “La Toscana e le sue Province” (a cura del ricercatore Roberto Errico e del presidente Maurizio Brotini) che analizza la situazione economica della regione con approfondimenti provincia per provincia. E fa anche il conto degli effetti negativi della Manovra sulla regione: sulla sanità tra 2024 e 2030 verranno a mancare risorse per 1,5 miliardi di euro, si rileva una riduzione della dotazione di spesa corrente pari ad 85 milioni di euro tra 2024 e 2029 per i comuni toscani (per i quali c’è una riduzione del turn over del 25%), arriva l’obbligo di accantonamento di parte delle risorse per coprire i disavanzi (impatto in 5 anni di almeno 250 milioni di euro di investimenti in meno per i comuni toscani).
“Il lavoro che c’era è sfregiato, – dice Rossano Rossi (segretario generale Cgil Toscana) – quello che arriva è precario. Questi dati economici ci lasciano molto preoccupati e rafforzano le ragioni per cui abbiamo fatto uno sciopero generale venerdì scorso. Dati che si sommano a un quadro che ci racconta di crisi aziendali paurose, crisi della moda, crisi dell’automotive. Rischiamo seriamente di perdere il tessuto industriale toscano, che è sempre stato motore di sviluppo e lavoro per la nostra regione, e conseguentemente di avere una bomba sociale. Il Governo anziché dare aiuti a pioggia alle imprese dovrebbe mettere in campo politiche industriali serie e pensare a interventi pubblici in economia. E’ inaccettabile che ad esempio sul settore moda gli ammortizzatori siano insufficienti rispetto alla gravità del momento”.
“I dati – spiega Brotini – confermano purtroppo che si riduce l’occupazione nei settori industriali (così è a rischio la vocazione manifatturiera della Toscana), cresce in maniera insostenibile il terziario povero, arretra il lavoro pubblico, si mantengono i profitti anche nei settori industriali e non vengono redistribuiti né in occupazione, né in salari né in investimenti. Dovrebbe preoccupare tutti che il 71% delle ore lavorate totali sono nei servizi, solo il 19% nell’industria e anche il 6% nelle costruzioni vede un arretramento. Per il 2025 stimiamo il consolidamento di queste tendenze negative”.