CAMPI BISENZIO – La scuola, intesa come insegnamento, da quello che è il suo lavoro, e i viaggi: sono queste le grandi passioni di Chiara Cuminatto, insegnante per gli adulti di italiano, storia e geografia. Non a caso, quando viaggia, si concentra soprattutto sui rapporti umani e le relazioni. Unendo tutto ciò, è nato un sogno che piano piano si sta realizzando. Di cosa si tratta ce lo racconta lei stessa a pochi giorni dal suo rientro dall’Africa. Qui, infatti, ha deciso di realizzare una scuola per i bambini di un villaggio del Kenya. Grazie anche all’aiuto di tanti amici che hanno risposto in modo positivo a una sottoscrizione che lei ha aperto. Anzi, riaperto da poco. Un’idea nata circa un anno e mezzo fa e che oggi sta diventando realtà: grazie ai soldi raccolti, poco più di mille euro, ha fatto sì che due muratori e due aiutanti venissero pagati per il lavoro svolto. Lì, infatti, il costo della vita non è assolutamente paragonabile al nostro: basti pensare che la paga quotidiana di un muratore esperto si aggira sui 5 euro.

“Non sono mai partita con associazioni o organizzazioni, – racconta Chiara – sono una persona che cerca di cogliere le opportunità che di volta in volta si presentano sul mio cammino. Insomma, “prendo e vado”, cercando di vivere tutto quello che è al di fuori del contesto turistico. E in ogni viaggio cerco sempre di visitare una scuola del paese in cui mi trovo”. Così come fra i suoi obiettivi c’è quello di ‘rompere il meccanismo’ per cui “i bianchi sono tutti ricchi e, visto dall’altra parte, possiamo sfruttare i soldi che lanciano in aria: questo è un aspetto che mi preme molto e lo stesso vale per questa scuola, che non deve arrivare ‘dal cielo’, ma deve nascere un passo alla volta intrecciando fatiche e riflessioni”. Tutto è iniziato un anno e mezzo fa quando il suo impegno educativo l’ha condotta in Kenya, dove ha conosciuto una realtà a cui è rimasta particolarmente legata decidendo, grazie all’incontro con alcune persone, una su tutte Rael, la preside di una scuola del posto, di portare avanti il suo progetto.



La zona è quella di Baolala, poche case sparse in mezzo ai campi, dove i bambini non hanno alcuna possibilità di raggiungere, se non a piedi, le scuole più vicine. “Le persone di cui ero ospite, a Gede, mi hanno accompagnata dalla preside della scuola e lei mi ha chiesto addirittura di fare una lezione ai bambini, all’incirca tutti di 8-9 anni. Si è creata una bella amicizia, siamo rimasti in contatto e da lì è nata l’idea di creare tutti insieme una scuola in quella che è davvero una zona isolata. Sette mesi fa abbiamo messo il primo mattone e a novembre, dopo che le prime due aule erano state realizzate, i primi undici bambini hanno iniziato le lezioni nella nuova scuola con un paio di insegnanti”. I lavori sono proseguiti speditamente e “a dicembre sono tornata in Kenya per dare una mano anche dal punto di vista pratico. Naturalmente c’è ancora molto da fare, anche perché in quella zona non c’è acqua. Il prossimo step, quindi, sarà quello di realizzare un impianto per la raccolta dell’acqua piovana, necessaria per i bagni ma anche per l’uso quotidiano, e un piccolo orto da cui ricavare il cibo per questi bambini che spesso riescono a mettere insieme a malapena un pasto al giorno”.
Intanto le aule sono diventate quasi tre – ma potrebbero essere addirittura sei – e a conclusione dei lavori potranno ospitare 120 bambini: “Oltre all’insieme e all’amicizia delle persone che si stanno adoperando per tagliare il traguardo, vorrei che questa scuola dimostrasse anche l’unione fra Italia e Kenya. L’obiettivo è quello di creare un posto che sia di sostegno ai bambini e all’istruzione, ma anche che sia unione di due Paesi, due culture, due modi di fare arricchendosi a vicenda. Senza fare le parti dell’altro, ma facendo ognuno la propria meglio di prima. Con qualcosa di inaspettato in più”. Significativo anche il nome scelto, “The Line Academy”, che invece prende spunto dalla parola “linea” che fa parte di un tatuaggio della stessa Chiara: una linea che unisce e che racchiude, ma che non crea confini insupreabili.