Ciao Sergio, con te se ne va un signore del giornalismo

FIRENZE – “Questa è una “chicca”, perché non ci fai un pezzo?”: quante volte me lo hai ripetuto caro Sergio…. E forse, con il passare degli anni, un po’ ho imparato a separare le “chicche” dalle brutture. Non sempre è semplice ma ci si prova. Ma quella per cui mi trovo a scrivere oggi è […]

FIRENZE – “Questa è una “chicca”, perché non ci fai un pezzo?”: quante volte me lo hai ripetuto caro Sergio…. E forse, con il passare degli anni, un po’ ho imparato a separare le “chicche” dalle brutture. Non sempre è semplice ma ci si prova. Ma quella per cui mi trovo a scrivere oggi è proprio una bruttura. Una brutta bruttura. Sapevo di quello che avevi avuto e questi ultimi mesi di delirio (chissà quanto e come ci avresti scritto…) non ci hanno mai consentito di rivederci. E sapere che te ne sei andato fa davvero male. Lo hai fatto in punta di piedi, così come lo è stata tutta la tua vita, e i ricordi “si accavallano” con la nostalgia. E un po’ di malinconia. Abbiamo condiviso insieme una precedente esperienza editoriale, della quale conservo comunque dei ricordi positivi. Molti dei quali legati proprio alla tua presenza. Ma soprattutto ricordo ancora, era il dicembre del 1994, un ultimo dell’anno a Talente, fra Cerbaia e San Casciano, quando timidamente ti avvicinai, sapendo della tua professione, chiedendoti alcuni consigli su come “poter fare per diventare giornalista”. Fosti un po’ “brusco”, non lo nego, ma mi invitasti a non lasciar perdere il mio sogno. E il destino ha voluto che la notizia della tua morte mi arrivasse proprio mentre ero in una di quelle “stanze” dove anni fa siamo stati anche gomito a gomito.

Dopo quel capodanno con il GGU – ma questa è un’altra storia – ci siamo ritrovati dopo qualche anno e abbiamo condiviso scrivanie, pranzi, sorrisi e incazzature. Abbiamo condiviso titoli e “attacchi” di pezzi, lo abbiamo fatto anche e soprattutto per tanti momenti di vita vissuta, anche personali. Ci siamo “scontrati” sulla tua fede calcistica, tu notoriamente bianconero, io fiorentino, ma sempre con il sorriso sulle labbra. Ci siamo soprattutto confrontati sui tanti “pezzi” che io o te dovevamo scrivere o sulle pagine del giornale da rivedere. Ed è stata un’esperienza, dal punto di vista professionale, che non dimenticherò mai. Arrivavi in redazione con il tuo loden verde e la cartellina di plastica con appunti e fotografie che provenivano dal tuo ricco archivio e ti mettevi al lavoro come se fossi te quello che doveva imparare e che magari era alle prime armi con il “mestiere”. Ed era un piacere sentirti raccontare aneddoti di un giornalismo che probabilmente, anzi sicuramente non esiste più. Poi, le nostre strade si sono divise ma il ricordo affettuoso è sempre rimasto. Fino a oggi, quando la notizia della tua morte è arrivata come un colpo di scure.

E che eri un signore del giornalismo, lo dimostrano anche le parole di Sandro Bennucci, che ha parlato a titolo personale e a nome di tutti gli organismi dirigenti dell’Associazione Stampa Toscana: “Partecipiamo al lutto della famiglia, in particolare della moglie Simonetta e della figlia Serena, per la scomparsa di Sergio Di Battista, un caro collega, un signore del giornalismo, già caporedattore centrale di Paese Sera e de La Nazione. Aveva 86 anni e se n’è andato dopo una lunga malattia e un dolore atroce, dovuto alla scomparsa della figlia Silvia. Sergio, eccezionale raccontatore del costume italiano, grande passione per “Come eravamo” e per gli anni Sessanta che definiva “i favolosi”, aveva avuto il lancio professionale a Roma, con Paese Sera. Si era sposato con Simonetta Batini, sorella di Giorgio, per molto tempo capocronista de La Nazione. Entrambi, Giorgio e Simonetta, figli di un personaggio fiorentino di primo piano come il colonnello Aldighiero Batini, comandante dei vigili urbani ma soprattutto rifondatore del Calcio storico. Sergio Di Battista si era talmente ben distinto nella redazione romana di Paese Sera, tanto che l’editore decise di affidargli l’incarico di guidare la redazione che, sulla fine degli anni Settanta, venne aperta a Firenze. Di Battista fu grande talent scout: con lui crebbero Manuela Righini, Aldo Villani, Piero Meucci. E lavorò un già veterano come Mario Talli. L’esperienza fiorentina di Paese Sera si consumò in non molti anni, ma Sergio venne chiamato dalla concorrenza, ossia da La Nazione, dove divenne rapidamente capo redattore centrale. E seppe farsi apprezzare per il grande senso della notizia e i modi squisiti, mai sopra le righe. E anche da pensionato era sempre un piacere parlarci e, soprattutto, sentirlo parlare. Con Sergio, e non è retorica, se ne va un altro pezzo di storia del giornalismo fiorentino. E anche di noi che l’abbiamo conosciuto e molto apprezzato”.

No Sergio, quel giornalismo purtroppo non c’è più. Oggi tutto viene “tritato” e non c’è più spazio per la riflessione, forse neanche per il costume, né tanto meno per i sorrisi, è tutto fin troppo superficiale. Chissà, però… Magari lassù hai già avuto modo di trovare una scrivania. Riapri pure la tua cartellina, scriverai sicuramente un pezzo bellissimo su quello che vedi intorno a te. Non mancheranno certo “chicche” da raccontare.

(La fotografia è ripresa dal sito della Federazione Nazionale Stampa Italiana)