Confcommercio: “Il terziario resta il motore dell’economia toscana

FIRENZE – È dal terziario che proviene il 75% della ricchezza prodotta in Toscana. È un settore composito, quello di commercio, turismo e servizi, rappresentato oggi da 214.000 aziende di media, piccola e piccolissima dimensione che da sole sono il 58% del totale delle imprese esistenti nella regione e garantiscono il 64% dell’occupazione. “E che ora […]

FIRENZE – È dal terziario che proviene il 75% della ricchezza prodotta in Toscana. È un settore composito, quello di commercio, turismo e servizi, rappresentato oggi da 214.000 aziende di media, piccola e piccolissima dimensione che da sole sono il 58% del totale delle imprese esistenti nella regione e garantiscono il 64% dell’occupazione. “E che ora – si legge in una nota di Confcommercio – chiedono a gran voce più attenzione e misure di sostegno per poter affrontare le tante sfide che le aspettano. Una su tutte: quella dell’innovazione, per ritrovare il giusto slancio competitivo anche nelle partite internazionali. Ma, soprattutto, per non rischiare di finire al palo come sta accadendo al commercio più tradizionale, condannato da ritardi, mancanza di fondi e di visioni a muoversi a piccoli passi in un mondo che oggi va velocissimo”.

È questo il quadro generale che emerge dall’indagine realizzata da Format Research per la Confcommercio Toscana e che sarà presentata nel dettaglio oggi, martedì 11 febbraio, al teatro Petrarca di Arezzo durante gli Stati Generali del Commercio, alla presenza, fra gli altri, del presidente nazionale di Confcommercio Imprese per l’Italia Carlo Sangalli e dell’assessore regionale alle attività produttive Stefano Ciuoffo.

Il cubo di Rubik è l’immagine simbolo scelta per l’evento: “È un rompicapo celebre, con il quale si sono cimentate almeno tre generazioni ed esprime bene la difficoltà per l’economia attuale di ricomporre le varie facce di un quadro che si fa sempre più complesso, – spiega il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni – la sfida per gli imprenditori è quella di conciliare tutti gli opposti che il mercato presenta”. “Ormai è chiaro a tutti che quella che stiamo vivendo non è una crisi passeggera, ma un cambiamento strutturale ed epocale dei consumi. Non torneremo più ai livelli e ai modi di spesa di 15 anni fa. È cambiata la mentalità, – aggiunge la presidente di Confcommercio Toscana Anna Lapini – risparmio, riuso, riciclo sono le nuove parole d’ordine delle famiglie toscane”.

L’allarme lanciato dalla presidente regionale di Confcommercio è motivato: nell’arco di dieci anni, dal 2010 al 2019, il commercio toscano ha perduto il 3% delle imprese. Nulla, però, a confronto di quanto perduto dai comparti produttivi: -11% per l’industria, -8% per l’agricoltura. Ad assorbire le perdite ci pensano turismo e servizi, cresciute rispettivamente del +18% e +9% nello stesso arco di tempo. È la loro performance positiva che, nonostante la battuta d’arresto del commercio, risolleva quella complessiva del terziario e la porta ad un +4% in dieci anni. Ma è sotto gli occhi di tutti: chiudono sempre più negozi, aprono sempre più bar e ristoranti.

Dall’indagine di Confcommercio-Format Research risulta che il terziario si dimostra settore trainante anche dal punto di vista degli occupati: +68.000 lavoratori negli ultimi dieci anni, contro il calo di 20.000 unità nell’industria. Anche in questo caso, a crescere di più sono stati gli occupati del turismo (+27%) e dei servizi (+17%), a fronte del -3% registrato dagli addetti del commercio (in termini assoluti, settemila posti di lavoro in meno). Nel complesso, se tutte le imprese toscane extraagricole danno lavoro a oltre 1,1 milione di persone, quelle del terziario ne impiegano 718.000 (il 64%) e producono il 75% del valore aggiunto, pari a 77 miliardi di euro.

La stasi dei consumi, tuttavia, non aiuta a guardare al futuro con serenità: se infatti la fiducia delle imprese del terziario per l’andamento dell’economia italiana era stabile nel secondo semestre 2019, la previsione per il primo semestre 2020 si fa peggiore e si accompagna ai giudizi pessimistici relativi al livello dei ricavi.