FIRENZE – Nel dibattito in corso su crisi, lavoro, ristori e tutto quello che ruota intorno, interviene anche Vito Frija, segretario nazionale di Unilavoro.
Frijia bar, ristoranti, palestre, piccoli artigiani: chi se la passa peggio?
“Collettivamente il problema è comune. Più che individuare una categoria bisognerebbe fare una valutazione su dove sono collocate. Penso a chi ha un’attività nei centri storici di città d’arte come Firenze, Venezia, Roma che, complice l’immediato blocco del turismo internazionale, ha già smesso di lavorare da diversi mesi e, inoltre, sarà l’ultimo a ricominciare. Ovviamente anche quelle di periferia non se la passano bene, ma grazie all’utenza locale qualcuna sta riuscendo a sopravvivere tra mille stenti. Il punto è che se non arrivano gli aiuti giusti saranno in molti a chiudere a breve”.
Poco tempo fa una Regione come la Toscana indisse un bando che metteva 2.500 euro sul piatto di alcune categorie, un piccolo aiutino. Alla fine dei giochi però è risultata avanzata una cifra di oltre 8 milioni di euro: com’è stato possibile?
“Il problema a volte è anche d’informazione. La Regione ha fatto la sua parte ma è mancato anche il tempo. Poi però bisogna anche dire che molti non sono stati nella condizione di richiedere quel sostegno perch veniva richiesta la regolarità sul versamento dei contributi”.
Alcune regioni sembrano destinate all’arancione. A suo avviso, onde scongiurare la totale paralisi di una regione, potrebbe essere auspicabile questa soluzione con i blocchi “a macchia di leopardo” già attuata da qualche parte?
“Assolutamente sì. E’ ovvio che se ci sono dei focolai in zone ben precise bisogna circoscriverle; ma non è detto che a 50 km da lì ci sia la stessa situazione. Quindi questa soluzione potrebbe essere la migliore per evitare ‘paralisi’ di intere regioni. D’altronde anche lo stesso lock-down generalizzato di marzo e aprile scorsi fu una mossa sbagliata”.
Ristori e blocco dei licenziamenti, stiamo per giungere al dunque di due nodi cruciali del nuovo governo…
“I ristori non sono stati sufficienti, sono stati erogati per pochissimi periodi, si sono rivelati proporzionabili al 3 o al 4% dei fatturati e inoltre non sono stati distribuiti a tutte le attività quindi il meccanismo va aggiustato. Per il blocco dei licenziamento il discorso è molto più complesso. Molte aziende lo stanno già facendo semplicemente perché chiudono. Ma la cosa più grave è che ad oggi ci sono categorie escluse dal blocco, ragion per cui le grandi imprese facendo un accordo collettivo coi sindacati possono procedere a licenziare”.