Da Bologna a Firenze a piedi: Luca e Tommaso ci raccontano la loro “Via degli Dei”

SIGNA – Nell’era degli influencer e della comunicazione liquida (anche dei rapporti umani, ma questa è un’altra storia), è bello invece raccontare e scrivere di due ragazzi normali. Soffermarsi sulle loro passioni e su ciò che li ha mossi a fare qualcosa che per tanti può essere inusuale. Ma non per chi scrive e, per […]

SIGNA – Nell’era degli influencer e della comunicazione liquida (anche dei rapporti umani, ma questa è un’altra storia), è bello invece raccontare e scrivere di due ragazzi normali. Soffermarsi sulle loro passioni e su ciò che li ha mossi a fare qualcosa che per tanti può essere inusuale. Ma non per chi scrive e, per fortuna, neanche per tanti altri. Soprattutto per loro. Entrambi signesi, Luca Pistolesi e Tommaso Corbinelli, il primo più amante del mare, il secondo della montagna, in modo particolare del bosco, accomunati dalla passione per lo sport, hanno intrapreso nei giorni scorsi la “Via degli Dei”. E in cinque giorni hanno percorso i 130 chilometri che da piazza Maggiore a Bologna portano a piazza della Signoria a Firenze, “fra la natura dell’Appennino Tosco-Emiliano e la sua storia lungo il corso del tempo e i secoli”, come recita il sito ufficiale della “Via degli Dei”.

Un cammino che si snoda sul crinale tra Setta e Savena, dove gli Etruschi percorsero per almeno 4 secoli (VII-IV secolo avanti Cristo) un’antica strada che congiungeva Fiesole con Felsina, al fine di sviluppare i loro traffici e favorire il loro dominio sulla Pianura Padana. Poi i Romani, avendo fondato nel 189 avanti Cristo la colonia di Bononia sui resti dell’antica Felsina, sentirono la necessità di garantire un collegamento con Arezzo e Roma attraverso gli Appennini: sul precedente tracciato etrusco costruirono nel 187 avanti Cristo con il console Caio Flaminio una vera e propria strada romana transappenninica denominata Flaminia Militare. Anche nel Medioevo non si perse l’abitudine di percorrere a piedi o a cavallo questo antico percorso, il più agevole che permettesse di attraversare il tratto di Appennino in questione. Tuttavia, al lastricato romano caduto presto in disuso e sommerso dalla vegetazione, si sostituì un semplice sentiero, una stretta mulattiera senza pavimentazione, utilizzata dai viandanti che avessero necessità di percorrere questo cammino. La “Via degli Dei”, insomma, percorso ideato alla fine degli anni ’80 del secolo scorso da un gruppo di escursionisti bolognesi, ricalca prevalentemente questi antichi tracciati e, tra Monte Bastione e Monte di Fo’, passa accanto ad alcuni pregevoli basolati della strada romana, ora riscoperti.

E così hanno fatto Luca e Tommaso, che nei mesi scorsi si erano già avventurati in alcune escursioni sulle Apuane, allenandosi poi più intensamente per affrontare cinque giorni sempre sulle proprie gambe. “Siamo andati a Bologna in treno, – raccontano – abbiamo dormito in un ostello e la mattina dopo siamo partiti”. Cinque le tappe (da Bologna a Badolo, da Badolo a Madonna dei Fornelli, da qui al passo della Futa, “la più bella, praticamente tutta nel bosco”, per poi arrivare a Monte di Fo’, Bivigliano e infine in piazza della Signoria) in un cammino fatto per scoprire e riscoprirsi. Su sentieri sempre segnati bene e con tante fotografie da conservare nei propri album dei ricordi, virtuali e personali. Facendo nuove conoscenze di tappa in tappa, condividendo la cena della sera e dormendo anche tutti insieme. Anche con chi la “Via degli Dei” aveva deciso di farla da solo ma poi si è unito al gruppo.

Un cammino, fra l’altro, fatto “all’antica”, ovvero orientandosi sulla cartina senza avvalersi della tecnologia. Anche questo motivo di soddisfazione per chi decide di mettersi in cammino e affrontare un percorso che comunque ti porterà “cambiato” al momento di tagliare il traguardo. Dando semmai un’occhiata al sito ufficiale dove le sezioni Cai di Bologna e Firenze hanno realizzato un vero e proprio “Vademecum” con moltissime indicazioni utili per percorrere con tranquillità la “Via degli Dei” e per avere un corretto approccio con l’escursionismo e con l’ambiente che si attraversa. “In certi casi abbiamo stretto i denti ma siamo contenti di averla portata a termine”. E noi di averla raccontata.