Dal bullismo alle baby gang: i disagi degli adolescenti dopo la Dad, la psicologa: “Riportare la discussione sui binari giusti”

CAMPI BISENZIO – Ricorderete sicuramente la vicenda dello studente che poco tempo fa ha usato una pistola giocattolo in classe deridendo il professore che in quel momento era in cattedra accusandolo di mettergli troppe note. Una vicenda che sicuramente fotografa il momento che stiamo vivendo ma che per certi versi è stata anche “ingigantita” (sarebbe […]

CAMPI BISENZIO – Ricorderete sicuramente la vicenda dello studente che poco tempo fa ha usato una pistola giocattolo in classe deridendo il professore che in quel momento era in cattedra accusandolo di mettergli troppe note. Una vicenda che sicuramente fotografa il momento che stiamo vivendo ma che per certi versi è stata anche “ingigantita” (sarebbe sufficiente guardare con attenzione il video): di tutto questo ne abbiamo parlato con Eleonora Ceccarelli, psicologa e psicoterapeuta, consigliera dell’Ordine degli psicologi della Toscana, che da tempo collabora con Piananotizie e che anche questa volta ha fatto una fotografia altrettanto precisa della situazione.

Dove sono finiti quegli adolescenti che lo scorso anno, alle prese con la Dad e le zone rosse, venivano menzionati e valorizzati per la loro resistenza? Dove sono finiti quei giovani, chiusi nelle loro camerette h24 a dare un senso alle loro vite e al mondo? Oggi la cronaca ci porta tanti, troppi casi, dove protagonisti sono gli adolescenti alle prese con fenomeni di bullismo, baby gang, pistole giocattolo contro i professori e tanto altro ancora. Non sembrano proprio gli stessi eroi dell’anno scorso, anzi. E’ allarme. E quando siamo in emergenza si sa, la paura diventa protagonista, portando l’attenzione su quegli elementi che alimentano preoccupazione e angoscia: è così che molti vedono gli adolescenti, pericolosi e fuori controllo ed il bisogno di dare un nome ai loro comportamenti, un’etichetta al disagio che manifestano, diventa un modo per avere una qualche forma di controllo. E forse qualcuno arriverà pure a dire che era meglio quando quei giovani stavano in camera a giornate intere. Averli in casa, sotto il controllo attento di tutti sicuramente è rassicurante ma da un punto di vista evolutivo non è utile poiché l’adolescenza si vive fuori dalle mura domestiche.

Dobbiamo aiutare i più giovani a riprendersi la vita, a uscire fuori, a relazionarsi in maniera reale e non solo virtuale, a trovare un nuovo equilibrio e un nuovo posto nel mondo. Gli effetti della pandemia sulla salute psicologica di bambini e adolescenti non si osservano solo dal punto di vista psicopatologico, attraverso sintomi e disturbi conclamati, ma anche nel modo con cui vengono gestite le emozioni: alcuni giovani sembrano “disregolati” da un punto di vista emotivo, manifestando in maniera eccessiva il proprio bagaglio affettivo. È qui che dobbiamo intervenire, è qui che dobbiamo fare prevenzione. È qui che dobbiamo capire e non puntare il dito. È qui che dobbiamo fare tanto noi adulti di riferimento: etichettare un comportamento come negativo e pericoloso, farlo veicolare sui social sotto gli occhi di tutti, e dare una punizione esemplare può essere un boomerang, che dà visibilità al fenomeno ma che può allontanarci dal problema reale alleggerendoci dalle nostre responsabilità. I giovani in crescita hanno bisogno di noi adulti, della nostra vicinanza, di sapere di poter contare su di noi.

Il disagio e l’angoscia di diventare adulti attraversa la vita di tutti gli adolescenti ma per molti può diventare un periodo davvero difficile, carico di sofferenza. Ricorrere a comportamenti a rischio (per se stessi e per gli altri) per molti rappresenta una modalità comunicativa: una forma possibile per esprimere il proprio vissuto e richiedere aiuto quando non si trova ascolto in altri modi. E con il tempo potrebbe diventare l’unica forma possibile di comunicazione. Dobbiamo riprenderci la nostra centralità e prevenire tutto questo imparando a riconoscere tempestivamente i segnali precoci di disagio e sofferenza, imparando ad accoglierli senza giudicarli. Dobbiamo tornare a rivestire il nostro ruolo di educatori e ricordarci quello che dice Pitagora “educa i bambini e non sarà necessario poi punire gli uomini”. E quando questo non basta, occorre imparare a chiedere aiuto e affidarsi alle mani di uno psicologo che si occupa dei giovani e delle loro famiglie. Infine sarebbe fondamentale potenziare la presenza dello psicologo negli sportelli scolastici.

Eleonora Ceccarelli

(La fotografia è ripresa dal sito www.fondazioneveronesi.it)