Dalla Namibia al trail di Monte Morello: Alberto Lazzerini, “l’iron man” della Piana

SESTO FIORENTINO – Amicizia, amore, sport. Un po’ di sana incoscienza. C’è un po’ di tutto nella passione di Alberto Lazzerini, fiorentino doc ma sestese d’adozione, per la corsa. Corsa come stile di vita, corsa soprattutto sulle lunghe distanze, con chilometraggi che farebbero paura a ogni comune mortale. Come i 331 chilometri percorsi in 81 […]

SESTO FIORENTINO – Amicizia, amore, sport. Un po’ di sana incoscienza. C’è un po’ di tutto nella passione di Alberto Lazzerini, fiorentino doc ma sestese d’adozione, per la corsa. Corsa come stile di vita, corsa soprattutto sulle lunghe distanze, con chilometraggi che farebbero paura a ogni comune mortale. Come i 331 chilometri percorsi in 81 ore e passa nel 2015 in California. Ma andiamo con ordine. Partiamo dal presente, dalla “Monte Morello Sky Trail” in programma domani, 1 novembre, a Sesto Fiorentino (su un percorso di 25 chilometri e quasi 1.600 metri di dislivello, per lui “una passeggiata di salute”) che vedrà Alberto ai nastri di partenza di una gara che si snoda su quelli che ormai sono i percorsi di casa. Ma siamo partiti dal presente per riavvolgere il nastro della sua vita, non solo di atleta.

Dopo aver provato anche con il calcio, rendendosi subito conto che era meglio cambiare sport, “l’iron man” della Piana ha fatto regolarmente atletica da 6 a 21 anni con la maglia della Prosport Firenze. Poi è arrivato il servizio militare, con un incidente in auto, rientrando in caserma insieme ad altri commilitoni, che gli è costato 5 anni di convalescenza. La ripresa è stata lenta, fino al 2008 la corsa è rimasta soltanto un miraggio; poi, per buttare giù un po’ di chili, l’iscrizione in palestra e uno di quegli incontri che ti cambiano la vita. L’incontro è stato con Chiara Settecase, volto noto dell’atletica leggera e del podismo, che lo ha invitato “a partecipare a una garetta”. In realtà era una gara di 14 chilometri, che Alberto ha affrontato comunque abbastanza in scioltezza, nonostante la lunga inattività e un po’ di sovrappeso.

Da lì è riesploso, nel vero senso della parola, l’amore per la corsa, che lo ha portato, nel 2009, a partecipare alla maratona di New York con soli due mesi di allenamento intensi alle spalle ma con i preziosi consigli di Giovanni Fraghì. Basti pensare che la lunghezza massima percorsa come preparazione alla gara era stata di 21 chilometri. Eppure i 42 chilometri e 195 metri della “grande mela” li ha percorsi in 3 ore e 51 minuti. A quel punto, però, tutto viene affrontato più seriamente e “l’anno dopo a Barcellona – dice – sono sceso di mezz’ora, correndo la maratona in 3 ore e 21 minuti”. Il dado era tratto: le gare di endurance sono diventate pane per i suoi denti, a partire dai 111 chilometri, suddivisi in quattro tappe, in Namibia dove si è classificato 17° su 70 partecipanti.

“In questo tipo di gare – racconta – i ritmi sono più lenti ma ciò non toglie che bisogna essere allenati; e da allora ho iniziato a farlo su distanze sempre più lunghe”. I 331 chilometri della California, dormendo 4 ore un quarto scaglionate lungo le 81 ore di gara, sono l’esempio più significativo. Gare da affrontare in autosufficienza e che richiedono una preparazione fisica adeguata. In che modo? Con tre/quattro allenamenti la settimana, fissando sul calendario due appuntamenti l’anno dove arrivare al massimo della forma mentre tutti gli altri rappresentano delle importanti tappe di avvicinamento. O di defaticamento.

Alberto è tesserato Fidal (Prosport Firenze), Uisp (Banda dei malandrini) e Csen (Mugello Outdoor) ma soprattutto è un alfiere della Fondazione Niccolò Galli. Sua moglie Costanza giocava infatti a pallavolo con i colori dell’Incisa Valdarno insieme a Camilla Galli, figlia dell’ex portiere della Fiorentina, Giovanni, e sorella di Niccolò. Alberto era uno dei dirigenti della formazione Under 19 e da lì è nato un rapporto di amicizia che si è cementato con il passare degli anni. E non è un caso che durante le gare e sul traguardo porti sempre con sé una bandiera del “Nicco club” con il numero 27 e i colori rossoblu, quelli del Bologna, squadra dove Niccolò giocava, uniti al viola della Fiorentina. A ulteriore dimostrazione del fatto che sport e solidarietà vanno spesso a braccetto insieme.

In attesa ovviamente delle prossime gare la “Ronda ghibellina” a gennaio, sulla distanza di 70 chilometri, e la “Via degli Dei” ad aprile” dove invece i chilometri saranno 120. Perché come aveva scritto su una bandiera durante la gara in Namibia, “Non correte sulle strade ma sui deserti più belli del mondo”.