CALENZANO – Ecco le ultime pagine del Diario della prof. Meri Coscarelli. Un viaggio nel mondo della scuola, dei ricordi e delle amicizie, quasi un giro del mondo dove abbiamo potuto incontrare persone e racconti.
“Eccoci qui: come un bellissimo film musicale (sono la mia passione) sta per arrivare la parola “The End”.
Ebbene sì, con questo articolo ci salutiamo. Così come stiamo salutando l’estate 2020. È bello rientrare a casa. Si ritrovano gli amici e i vicini. Io ho ritrovato i miei adorati vicini. E piano piano anche gli amici. Che gioia immensa. Perché l’amicizia, cari ragazzi, é un bene prezioso che nessun virus potrà trasformare o distruggere.
Che periodo abbiamo vissuto, vero! Ci hanno detto di restare a casa, poi ci hanno “obbligati” a restare a casa (il famoso “lockdown”: ma quanto ci piacerà sostituire la nostra melodiosa lingua!), fra Zone Rosse (che una volta, sicuramente per alcuni nonni, aveva un ben altro significato!), Fase 2, Fase3. Eccoci arrivati ad una parvenza di normalità, se non ci fossero mascherine e vari boccioni di gel a ricordarci che niente è scomparso come per magia.
Ragazzi cari, come state? Purtroppo anche queste tanto desiderate vacanze stanno terminando. Come sono state? Sicuramente diverse. Più belle? Più brutte? Chi lo sa. Ognuno di noi ha cercato di viverle nel migliore dei modi. Cercando di fare quello che amiamo di più e rispettando anche qualche impegno, tipo: studiare (scusate, ma ogni tanto mi ricordo di essere anche una Prof: la vostra Prof). Spero che abbiate dedicato il vostro prezioso tempo a non perdere il ritmo, anche perché ora, con la ripresa, sarà importante. Ma, sinceramente, ripensando agli ultimi 6 mesi, spero che lo abbiate dedicato, anche, a quello che più amate. Dopo questo periodo: ve lo siete meritato. Solo un piccolo consiglio. Trovate il tempo per leggere. Leggere fa davvero bene.
Io ho riletto da poco un bellissimo libro: “Fai bei sogni” di Gramellini. L’ho riletto volentieri. E anche questa volta mi ha fatto battere il cuore. Mi piace come scrive. È un giornalista che, lo confesso, leggo sempre volentieri. Così come leggo volentieri quello che scrive Esther, una mia carissima amica basca di nascita, madrileña di adozione. Giornalista e scrittrice di professione. All’inizio di questo “Covid Time” mi ha scritto una bellissima lettera. Che meraviglia esistono ancora persone che, come me, adorano carta e penna e spendere qualche euro di francobollo.
Come sto facendo da un po’ di articoli vi rendo partecipi della mia vita. Per questo vi presento Esther Aizpuru: la mia amica. Mi piacerebbe inserire tutta la lettera, ma é troppo lunga. Ho scelto dei pezzi, con la promessa che la leggeremo in classe, perché “Merece la pena” (ne vale la pena).
“Os escribo desde el centro histórico en este día que no parece domingo porque se ha suspendido el Rastro (tradicional mercadillo callejero que no se interrumpió ni durante la Guerra Civil). Y en este día en que se cumple una semana de nuestra anterior vida.
El domingo pasado me animé por fin a wasapear a mis amigos de Florencia: ya era hora de saber cómo se encontraban, si les afectaba de alguna forma el Covid-19 y, sobre todo, cómo estaban viviendo una situación tan extrema. Soy periodista y he trabajado como guionista de televisión, así que sé perfectamente que la tele consiste en una continua manipulación de imágenes y mensajes en todos y cada uno de sus programas. Por eso le dije a mi amiga italiana (vuestra profesora) que me parecía muy exagerado eso de no poder salir a la calle, que no hiciera ni caso de lo que dijera la tele, que siempre está exagerando, y ya otras veces nos ha recomendado quedarnos en casa (por una ola de calor o por cualquier otro motivo).
En el fondo, aunque dijera eso, yo ya estaba “incubando” el virus; mejor dicho, el miedo, la prevención, la prudencia, llamarlo como queráis. Una cosa era China, con las calles vacías en una ciudad que no habíamos oído nombrar nunca.
Y otra cosa era Italia. Estáis aquí al lado, os parecéis a nosotros mucho más de lo que ambos queremos reconocer, la ‘zona roja’ estaba en el norte (quiero decir, en la más rica del país), quién no ha visitado vuestras ciudades… Si mis amigos italianos estaban preocupados (normal) y obedeciendo a las indicaciones de su Gobierno, pensé que esto del coronavirus era más grave de lo previsto. Y ellos así me lo confirmaron. El domingo pasado ya no salí de casa. Ni para dar un paseo.
El miércoles Madrid cerró todos los centros escolares; el jueves, los museos, centros culturales, bibliotecas y polideportivos. Y ese día decidí que mi marido y yo debíamos ponernos en confinamiento voluntario.
Desde el jueves Madrid es una zona roja. Y ese día los madrileños nos convertimos en los chinos de España.
Nuestros amigos de otras regiones empezaron a llamarnos, a poner wasaps… Y yo pensé: «Ya somos italianos». Estoy haciendo el mismo papel que mis amigos florentinos: decirles que esto va en serio, que se queden en casa, que no salgan como locos a vaciar los supermercados, que mantengamos la moral alta, que mucho ánimo, que esto se acabará.
Estos días Italia es nuestro espejo. Incluso salimos a los balcones para aplaudir a nuestros equipos sanitarios, como vosotros. Incluso Madrid, con ese ambiente callejero tan famoso, está desierto.
Cuando esto termine, necesitaremos pensar si esos glaciares que se derriten en los polos también van a afectarnos, si este sistema económico que se empeña en recortar los recursos de nuestra sanidad y de nuestra enseñanza públicas puede matarnos, literalmente. ¿Qué haríamos ahora si no tuviéramos investigadores, médicas, enfermeros que se están jugando la vida por todos nosotros?
Si como país os habéis sentido solos, juzgados, abandonados, pensad que a todos nos ha llegado nuestro turno. Y que la mejor reacción no es la queja ni los nacionalismos absurdos. La reacción a imitar ahora es la de los chinos, enviándonos recursos materiales y humanos para ayudarnos y enseñarnos cómo lo hicieron ellos. En Madrid se ha registrado alguna agresión xenófoba contra chinos, que desde hace años regentan bazares, tiendas de alimentación, de souvenirs, bares… ¿Sabéis cuál ha sido su reacción? Han recogido miles de mascarillas de sus proveedores y ayer las entregaron en los hospitales. Y prometen que volverán con más. ¿Sabéis cómo lo han explicado? Diciendo que ellos también son madrileños.
Somos ciudadanos de un mundo muy pequeño, al que por cierto estamos aniquilando sin tener otro de repuesto. Lo sabemos, que todos somos terrícolas (del planeta Tierra) y muy poco más, pero no parece que nos demos cuenta. No lo hacíamos en nuestra vida normal de hace unas semanas. ¿Lo haremos cuando el Covid-19 sea una historia que contar a las generaciones que no lo vivieron?¿Aprenderemos algo y lo pondremos en práctica?
¡Resistiremos y venceremos! Y saldremos más sabios, espero”.
Esther Aizpuru
“Ti scrivo dal centro storico in questo giorno che non sembra domenica, perché il Rastro (tradizionale mercato di strada che non è stato interrotto nemmeno durante la guerra civile) è stato sospeso. In questo giorno che segna una settimana dalla nostra vita precedente.
Domenica scorsa ho finalmente mandato un sms ai miei amici di Firenze: era tempo di sapere come stavano, se il Covid-19 li avesse colpiti in qualche modo e, soprattutto, come stavano vivendo una situazione così estrema. Sono giornalista e ho lavorato come sceneggiatore televisivo, quindi, so perfettamente che la televisione consiste in una continua manipolazione di immagini e messaggi in tutti i suoi programmi. Ecco perché ho detto alla mia amica italiana (la vostra insegnante) che mi sembrava molto esagerato che non potevano uscire, e di non prestare attenzione a ciò che diceva la TV, perché esagera sempre; altre volte ci ha raccomandato di rimanere in casa (per un’ondata di calore o per qualsiasi altro motivo). In fondo, anche se queste erano le mie parole, stavo già “incubando” il virus; o meglio, la paura, la prevenzione, la prudenza, chiamatelo come volete. Una cosa era la Cina, con le strade vuote in una città di cui non avevamo mai sentito parlare. Un’altra cosa era l’Italia. Siete qui vicino, siete molto simili a noi, più di quanto entrambi lo riconosciamo; la “zona rossa”si trova al Nord (voglio dire, nella più ricca del paese), chi non ha visitato le sue città. Se i miei amici italiani erano preoccupati (normale) e obbedivano alle istruzioni del loro governo, pensai che questo coronavirus era più serio del previsto. E me lo hanno confermato. Domenica scorsa non sono più uscita di casa. Neanche per una passeggiata. Mercoledì Madrid ha chiuso tutte le scuole; giovedì i musei, i centri culturali, le biblioteche e i centri sportivi. E quel giorno ho deciso che io e mio marito dovevamo metterci in isolamento.
Da giovedì Madrid è una zona rossa. E da quel giorno noi, gli abitanti della capitale, siamo diventati i cinesi di Spagna. I nostri amici di altre regioni hanno iniziato a chiamarci e inviarci WhatsApp e ho pensato: “Ora siamo italiani”.
E sto facendo la stesse cose che hanno fatto i miei amici di Firenze: dire loro che è grave, che devono restare a casa, che non devono uscire come matti per svuotare i supermercati, che dobbiamo avere il morale alto e coraggio, che questo finirà. In questi giorni l’Italia è il nostro specchio. Siamo persino usciti sui balconi ad applaudire i nostri medici, come voi. Anche Madrid, con quella famosa atmosfera di strada, è deserta. Quando tutto questo finirà, dovremmo pensare se anche quei ghiacciai che si sciolgono ai poli influenzeranno anche noi, se questo sistema economico che è determinato a tagliare le risorse della nostra sanità pubblica e della nostra istruzione può letteralmente ucciderci. Cosa faremmo ora se non avessimo ricercatori, medici, infermieri, che rischiano la vita per tutti noi? Se come paese vi siete sentiti soli, giudicati, abbandonati, pensate che è arrivato il nostro turno. E che la migliore reazione non è la denuncia o l’assurdo nazionalismo. La reazione da imitare, ora, è quella dei cinesi, che ci inviano materiale e risorse umane per aiutarci e insegnarci come hanno fatto loro. A Madrid c’è stata qualche aggressione xenofoba contro i cinesi, che da anni gestiscono bazar, negozi di alimentari, di souvenir, bar. Sai qual è stata la loro reazione? Hanno raccolto migliaia di mascherine dai loro fornitori e ieri le hanno consegnate agli ospedali. E promettono che torneranno con altre. Sapete come l’hanno spiegato? Dicendo che anche loro sono di Madrid. Siamo cittadini di un mondo molto piccolo, che stiamo cercando di annientare senza averne uno di riserva. Sappiamo che siamo tutti terrestri (del pianeta Terra) e pochissimo altro, ma sembra che non ce ne accorgiamo. Non l’abbiamo fatto nella nostra vita normale poche settimane fa. Lo faremo quando il Covid-19 sarà una storia da raccontare alle generazioni che non l’hanno vissuta? Impareremo qualcosa e lo metteremo in pratica? Resisteremo e supereremo! E ne usciremo più saggi, spero”.
E ora che vi saluto, dopo avervi augurato un’estate serena con i vostri affetti più cari, in questo momento mi auguro e vi auguro di poterci ritrovare al suono della campanella per riprendere da dove eravamo rimasti…
E ora che questa bellissima esperienza incontra le mie ultime parole non posso non ringraziare della pazienza e dell’aiuto che mi avete gentilmente offerto tutti voi, meravigliose amiche e meravigliosi amici, che mi avete dimostrato tanta stima, affetto e complicità.
E ora un immenso grazie è per la mia cara amica Elena (Andreini). Perché grazie alla sua idea tutto questo è diventato realtà. Lei mi ha permesso di connettermi con le parole e con il cuore con tutti voi che avete letto i miei articoli e che mi avete confermato ancora una volta perché avete un posto nel mio cuore.
E per ultimo, ma solo perché siete stati voi i principali destinatari dei miei messaggi, delle mie parole e delle mie riflessioni, un immenso grazie a tutti i miei ragazzi. Grazie per tutta la pazienza che avete avuto verso questa “saggia” prof. Grazie perché il nostro lavoro senza di voi sarebbe inutile. Grazie perché è di nuovo mia l’idea (che mi ha spinto a intraprendere questa strada) che mi fa affermare che sono fortunata, perché faccio il mestiere più bello del mondo.
Per questo buon tutto, ragazzi miei. Non dimenticate mai di ascoltare il vostro cuore.
A presto nella nostra amata-odiata scuola. A presto nelle nostre classi, seduti ai vostri banchi. A presto per poter dire insieme: Viva la Vida. Grazie, Mery Coscarelli”