Don Momigli: “Superata questa fase, non è scontato che si debba ricominciare tutto come prima…”

CAMPI BISENZIO – Don Giovanni Momigli è, fin dall’inizio di questa avventura, un amico di Piananotizie. Sia per Natale che per Pasqua i suoi interventi sono sempre molto graditi dai nostri lettori. Così gli abbiamo chiesto uno “strappo alla regola”. Da domani, infatti, lunedì 18 maggio, fra le altre novità previste dall’ultimo decreto del Governo, […]

CAMPI BISENZIO – Don Giovanni Momigli è, fin dall’inizio di questa avventura, un amico di Piananotizie. Sia per Natale che per Pasqua i suoi interventi sono sempre molto graditi dai nostri lettori. Così gli abbiamo chiesto uno “strappo alla regola”. Da domani, infatti, lunedì 18 maggio, fra le altre novità previste dall’ultimo decreto del Governo, c’è anche la ripresa delle celebrazioni eucaristiche all’interno delle chiese. Non più “per il popolo”, ma “con il popolo”. Con un numero di fedeli limitato e il rispetto delle misure di sicurezza. A don Momigli, quindi, il compito, per chi crede ma anche per chi credente non lo è, di guidarci in questa “ripartenza” delle funzioni religiose.

Da domani, 18 maggio, dopo due mesi e mezzo di liturgie per il popolo, è possibile la celebrazione della Santa Messa insieme al popolo, ritrovando così la dimensione comunitaria propria della fede cristiana. Sarebbe però errato pensare che tutto ricomincia come prima. Le indicazioni cui attenersi per la tutela della salute, concordate tra la Conferenza Episcopale e il Governo, incidono sulle modalità della celebrazione e limitano il numero dei partecipanti, evidenziando che il rischio contagio permane e che nella fese 2 ecclesiale, che può essere lunga, non è ancora possibile il libero convenire insieme che caratterizza la celebrazione eucaristica e la vita della Chiesa.

L’indispensabile legame fede-vita-culto, che dovrebbe sempre caratterizzare il cammino del credente, in tempo di Coronavirus si esprime anche con le attenzioni necessarie per la tutela della salute, sia nelle vita quotidiana che nella celebrazione comunitaria. Potremmo pure dire che la verità con cui ciascuno vive la celebrazione comunitaria, viene in un certo senso espressa e misurata anche dai comportamenti per evitare le possibilità di contagio. Nella celebrazione eucaristica, fra l’altro, ci relazioniamo con la sacralità del corpo di Cristo, di cui ci nutriamo, e con la sacralità della vita delle persone, che è sempre da tutelare, custodire e valorizzare con i nostri comportamenti privati e pubblici.

Superata questa fase, non è per niente scontato che si debba ricominciare tutto come prima e, per molti aspetti, non è neppure auspicabile, giacché anche in ambito ecclesiale, come nella vita sociopolitica ed economica, la normalità che abbiamo alle spalle rappresenta una causa non trascurabile della sterilità che caratterizza le nostre comunità. Per rigenerare la fede e generare alla fede, ritrovando il fondamento e il senso dell’essere comunità cristiana, è indispensabile superare i ragionamenti abituali e le abitudini consolidate, per andare all’essenziale e osare nuovi percorsi.

Queste lunghe e difficili settimane, ad esempio, ci hanno portato a ri-scoprire la famiglia come ambito in cui coltivare il confronto, la vita di preghiera e l’ascolto della Parola di Dio. È un’esperienza da valorizzare, anche per vivere con maggiore pienezza le nostre celebrazioni comunitarie, per disegnare insieme il volto della Chiesa di domani e per lasciare alle spalle, quello che il cardinale Bassetti, il 21 marzo 2018, ha definito «il volto di una fede… che, sì, guarda al Cielo, ma che poi stenta a tenere i piedi per terra; una fede che talvolta diserta la strada, una fede che latita dove invece dovremmo trovarla impegnata a tradurre il Vangelo in segni di vita».

Don Giovanni Momigli