Enrico Levantino, il karate come filosofia di vita. E il sogno del primo incontro da professionista che diventa realtà

CAMPI BISENZIO – Nell’immaginario collettivo, quando si parla di karate, il pensiero corre subito ad alcune pellicole cinematografiche o alle medaglie conquistate dagli azzurri alle Olimpiadi. Pensieri che, per un motivo o per l’altro, danno una visione “distorta” della realtà. Una realtà quotidiana, fatta di allenamenti e sacrifici, ma sempre con il sorriso sulle labbra, […]

CAMPI BISENZIO – Nell’immaginario collettivo, quando si parla di karate, il pensiero corre subito ad alcune pellicole cinematografiche o alle medaglie conquistate dagli azzurri alle Olimpiadi. Pensieri che, per un motivo o per l’altro, danno una visione “distorta” della realtà. Una realtà quotidiana, fatta di allenamenti e sacrifici, ma sempre con il sorriso sulle labbra, che abbiamo avuto la fortuna di farci raccontare da Enrico Levantino, campigiano doc, reduce dal primo incontro come professionista, in Irlanda, nel karate a contatto pieno.

Da un lato il coronamento di un percorso iniziato a 6 anni con il Karate Shotokan presso gli impianti di Spazio Reale; dall’altro il punto di partenza – e non di arrivo – verso altri, importanti traguardi. Già, perché quella di Enrico, una laurea in giurisprudenza in arrivo, un timido passato da calciatore con la maglia del Doccia, quella del karate è una vera e propria filosofia di vita. Quella “filosofia” che gli permette di non lasciare niente indietro: la fidanzata, Giovanna, (“che mi ha sempre spronato ad andare avanti ed è il mio punto di forza più importante”), lo studio, gli interessi di un ragazzo di neanche 30 anni e naturalmente l’attività fisica e sportiva. Ed è quello l’aspetto che ci piace maggiormente mettere in risalto: raccontare la storia di un ragazzo “sano”, con una famiglia altrettanto “sana” alle spalle (nella foto è con i genitori, Tommaso ed Emanuela) e che si sta impegnando al massimo per coronare quello che è il suo sogno. Un sogno, se vogliamo, che via via è diventato realtà già negli anni passati, con tante medaglie conquistate sia agli Europei che ai Mondiali a cui ha partecipato.

Ora, però, c’è stato il primo gradino di quella che potrebbe essere una “scala” ancora più importante: a Dublino, infatti, al termine di un incontro disputato in tre round da tre minuti ciascuno, Enrico è uscito sconfitto ai punti. Ma in quello che è stato il suo primo incontro da professionista, ha ricevuto complimenti dai tanti addetti ai lavori presenti, oltre ovviamente a chi crede in lui. Il risultato di un duro lavoro, per mantenere il peso fra i 65 e i 67 chilogrammi, unito a una dieta ferrea e ad allenamenti, sia tecnici che di preparazione atletica, che vogliono dire “tenere botta” sette giorni su sette. “E’ a questa età – racconta – che si raggiunge la maturità fisica e psicologica. Ogni allenamento cerco sempre di trovare qualcosa di nuovo, è una sfida continua con se stessi. Ma è una disciplina sportiva, questa, che la “senti” dentro…”.

I Queen come gruppo musicale preferito, la lettura di libri gialli o della “saga” di Harry Potter come passatempi preferiti, adesso c’è da guardare avanti e al prossimo incontro che, con ogni probabilità si svolgerà la prossima primavera. Un percorso da definire insieme a Stefano Grazzini (preparatore atletico), Marco Soggiu (mental coach), Margherita Portolano (nutrizionista), a un team di “consiglieri” come Massimo Petrocchi, Massimo Gori e Andrea Cerretelli, oltre a Rodolfo Bancone (ASD Budokan Montelupo) e Niccolò Cavallucci (Pro Fighting Firenze), che in questa avventura non recitano certo un ruolo secondario. Con la speranza, nel 2022, di poter vestire anche la maglia azzurra. Ma per un ragazzo che riesce a conciliare tutto e a far apparire come “normale” quella che comunque è un’attività che dei sacrifici li comporta, ne siamo sicuri, tutto è possibile. E noi tifiamo per lui.