Ex Gkn, l’assemblea dei lavoratori presenta un documento. E chiede (ancora una volta) chiarezza

CAMPI BISENZIO – E’ suddiviso in otto punti – e preceduto da alcune considerazioni più di natura generale – il documento approvato dall’assemblea permanente dei lavoratori ex Gkn. Un documento che è stato “pubblicato” sulla pagina Facebook del Collettivo di fabbrica e inviato ai mezzi di comunicazione. “Dal 19 gennaio, data dell’accordo quadro, – si […]

CAMPI BISENZIO – E’ suddiviso in otto punti – e preceduto da alcune considerazioni più di natura generale – il documento approvato dall’assemblea permanente dei lavoratori ex Gkn. Un documento che è stato “pubblicato” sulla pagina Facebook del Collettivo di fabbrica e inviato ai mezzi di comunicazione. “Dal 19 gennaio, data dell’accordo quadro, – si legge nel documento – l’azienda non ha presentato di fatto un piano industriale dettagliato e indagabile, né ha chiarito le modalità con cui avverrà l’investimento in Qf. Abbiamo presentato al Mise la cronistoria di tutti gli incontri mandati a vuoto: 31 marzo, 20 aprile, 27 aprile, 31 maggio, per non parlare degli incontri interni. Il consorzio che in teoria dovrebbe nascere in questa settimana non è un passaggio né concordato con noi, né condiviso né tanto meno chiaro. Nè a noi, né, ci permettiamo di dire, al tavolo istituzionale. Abbiamo appreso solo venerdì scorso che si tratterà di un consorzio “non a scopo di lucro” e che avverrà un’entrata nel cda di Qf di rappresentanti di società terze che, almeno, saranno finalmente disvelate”.

“Il punto non è che delle società non possano consorziarsi “senza scopo di lucro” per attività di rappresentanza o di ricerca. Il punto è che nessuno di questi passaggi chiarisce quanto andiamo chiedendo da tempo: quali sono i presupposti di continuità aziendale, quali sono i vincoli contrattuali, societari e solidali tra gli investitori e Qf, i dettagli del piano industriale che a oggi è solo “una fotografia dall’alto”, la finanziabilità del progetto, la linea di credito, le commesse, la solidità di prospettiva, la linea di approvvigionamento delle materie prime, il bacino di reclutamento della figure professionali mancanti, le tappe per tornare al saldo occupazionale e così via dicendo. Questi elementi non solo sono indispensabili per poter avviare una trattativa seria, serena e professionale tra le parti sociali sul cronoprogramma e gli aspetti della reindustrializzazione. Ma sono anche elementi chiave da esplicitare per chiunque voglia accedere a fondi pubblici e a un tipo di ammortizzatore sociale. Il fatto che l’Inps non abbia ancora autorizzato il pagamento della cassa integrazione ordinaria e che il Mise abbia richiesto la convocazione urgente di un tavolo tecnico con l’azienda dimostra che tali elementi non mancano solo al collettivo di fabbrica, alla Rsu o alle organizzazioni sindacali. Mancano a tutti i soggetti che hanno firmato l’accordo quadro del 19 gennaio”.

“I passaggi chiave dovevano essere: proposte vincolanti entro il 31 marzo, trattativa sul piano industriale, closing con vendita della società all’investitore in piena continuità occupazionale e di diritti entro agosto. Tali passaggi sono stati fatti saltare unilateralmente dall’azienda, rassicurando che comunque gli investitori sarebbero entrati in Qf. Oggi invece ci troviamo con un consorzio, non a scopo di lucro, e con ancora forti elementi di incertezza. Il ritardo e lo stallo derivano da questo contesto. E da nient’altro. Invece di prenderne atto, l’azienda ha preferito percorrere la via “solita”, che conosciamo fin troppo bene: dipingere i lavoratori come pericolosi intransigenti, sostenere e diffondere la leggenda metropolitana dello stabilimento inagibile. Ha in pratica giocato a creare tensione e divisione, predicando a parole invece trasparenza e disponibilità. Ancora all’ultimo incontro abbiamo sentito il dottor Borgomeo affermare che è tutto pronto ma mancano solo due elementi per dare il via al progetto: l’agibilità dello stabilimento e la cassa integrazione che non viene concessa. Ancora una volta si invertono causa ed effetto: la cassa integrazione non viene concessa perché non c’è chiarezza sul progetto, non il contrario. E lo stabilimento è perfettamente agibile. Il punto è che i lavoratori non hanno alcuna intenzione di smantellarlo senza chiarezza sulla sua reindustrializzazione”.

“Se c’è qualcosa che rende inagibile lo stabilimento è la lentezza e l’immobilismo aziendale. Sia chiaro che non solo siamo noi ad avere fretta, ma abbiamo proposto a ripetizione e nel tempo tutti gli elementi di trattativa per fare un passo in avanti. Oggi questi elementi di trattativa sono diventati per noi richieste categoriche per raggiungere un nuovo punto di equilibrio che ristabilisca quella cosiddetta fiducia, che mai come in questa vicenda è stato termine usato, abusato e inflazionato. Lungi da quanto sostenuto, la nostra vicenda è tutt’altro che conclusa. E’ ancora tempo di attivismo, impegno e solidarietà di tutto il territorio, delle sue competenze e intelligenze solidali. Fuori da ogni attendismo, iniziamo a costruire un’azienda socialmente integrata, dove professionalità e diritti continuino ad alimentarsi a vicenda. Le istituzioni, di fronte al prolungarsi di questo stato di incertezza, non attendano oltre e trovino tutti gli strumenti necessari a intervenire dentro Qf”.

“Noi – si legge ancora nel documento – non creiamo problemi, da sempre forniamo proposte e soluzioni. Eravamo al lavoro, ci è stato tolo e da quel 9 luglio non facciamo altro che parlare e proporre vie per tornare al lavoro. Se l’azienda è realmente interessata a un passo avanti, si metta realmente a discutere e sottoscrivere accordi, pancia a terra, su tutti gli aspetti ad oggi non chiari o non definiti: 1) nuovo accordo di implementazione dell’accordo quadro del 19 gennaio, visto come è stato largamente disatteso. Qualsiasi annuncio e mossa societaria dovrebbe essere fatta a seguito del tavolo al Mise, dell’accordo tra le parti e della restituzione pubblica del tavolo tecnico tra istituzioni e azienda. 2) Avvio del processo di entrata di Invitalia e /o di altri soggetti pubblici in Qf. 3) Commissionare a Artes, a università toscane, con il contributo della regione il progetto di creazione del competence center nella palazzina nord dell’azienda, con l’idea di concedere l’uso della palazzina nord a un soggetto di ricerca pubblico e locale ai fini di creare un polo di ricerca utile a Qf e al territorio, per continuare a identificare le migliori soluzioni di prodotto. E’ da tempo che insistiamo su questa proposta e se fosse stata presa seriamente in considerazione, oggi saremmo un bel passo avanti. 4) Nel nuovo accordo, chiarimento dei meccanismi di closing e di vincoli degli investimenti. Nello stesso accordo o subito dopo calendarizzare discussione sul cronoprogramma dettagliato della reindustrializzazione. 5) Definizione quantitativa dei passaggi di ripresa produzione (inizio 2023) e di pieno regime (2024), sia con date certe ma anche con la chiarezza di quale è l’ammontare di ore di lavoro associate ai vari passaggi (prima produzione-pieno regime). 6) Chiarezza, codificata nell’accordo di cui sopra, su: i dettagli del piano industriale”, la finanziabilità del progetto, quali sono i vincoli contrattuali e societari tra gli investitori e Qf, la linea di credito, le commesse, la solidità di prospettiva, la linea di approvvigionamento delle materie prime, il bacino di reclutamento della figure professionali mancanti e non, le tappe per tornare al saldo occupazionale eccetera. 7) Vista la tendenza di Qf a esternalizzare momenti decisionali e funzioni produttive, rinuncia all’utilizzo degli appalti in Qf. Pulizie e logistica siano reinternalizzate. Questo sia a causa della lunga cassa integrazione, sia perché per l’ennesima volta Qf ci ha mostrato come lo strumento appalto sia solo finalizzato a peggiorare la qualità del lavoro, a esternalizzare i centri di decisione e a comprimere il costo del lavoro. Dopo cinque mesi, ancora non sono partite le pulizie interne e non abbiamo visto uno straccio di capitolato. 8) Il cronoprogramma non può riguardare solo lo smantellamento dello stabilimento ma deve comprendere tutto ciò che è necessario al pieno ritorno alla funzionalità dello stabilimento: lavori edili e ripristino funzioni “infrastrutturali” (server, magazzino, docce, mensa, ufficio spedizioni, ufficio finanze, reparto industrializzazione, servizi informatici eccetera)”.