FIRENZE – Permettere la vendita per asporto anche a ristoranti, pizzerie, gelaterie e pasticcerie. Lo chiede la Fipe-Confcommercio fiorentina, soprattutto in vista delle festività pasquali. “Non si capisce perché si possano acquistare una lasagna pronta, un pollo allo spiedo o una colomba pasquale, al supermercato magari dopo aver percorso qualche chilometro in auto per raggiungerlo e aver fatto una lunga coda per entrare, ma non si possano acquistare in altri locali, come il ristorante, la rosticceria o la pasticceria sotto casa, condannati a fare al massimo la consegna a domicilio”, dice il presidente della Confcommercio di Firenze Aldo Cursano, che sta portando avanti la battaglia anche nella veste di vicepresidente vicario nazionale di Fipe, l’associazione a cui aderiscono i pubblici esercizi italiani.
I nostri locali possono garantire un elevato standard di sicurezza anche in questo momento delicato, dove la priorità di tutti è contenere l’epidemia da Covid-19, – spiega Cursano – l’accesso per l’asporto sarebbe ovviamente contingentato, perché ci si muove sempre su prenotazione con appuntamenti in orari specifici. Al cliente bastano pochi minuti per prelevare quanto ha ordinato, pagare e andare subito via senza dover aspettare. Il take-away da sempre è una delle prerogative del nostro comparto, siamo abituati a gestirlo”.
“È evidente che il divieto di asporto per pasticcerie, gelaterie, ristoranti e pizzerie sia un’anomalia da correggere al più presto, anche perché nel frattempo un numero importante di imprese che fanno parte a pieno titolo della filiera alimentare – e che potrebbero garantire un apprezzato servizio di prossimità – sono costrette a non poter esercitare l’attività di vendita senza una fondata ragione di carattere sanitario”, prosegue il presidente della Confcommercio fiorentina.
“Le oltre 300 pasticcerie e gelaterie di Firenze e provincia allo stato attuale non possono vendere per asporto né una semplice confezione di fette biscottate per la colazione né una colomba o un uovo per festeggiare la Pasqua. E, sempre per Pasqua, ai tanti ristoranti della città e della provincia che non potranno ospitare i propri affezionati clienti viene preclusa anche la possibilità di preparare il pranzo che i clienti potrebbero portarsi a casa. Si potrà andare al supermercato, fare anche due o tre ore di fila, ma non al ristorante a prendersi il piatto della tradizione che si è preventivamente ordinato”. Per i locali resta la strada – unica – della consegna a domicilio, “ma è senza dubbio più complessa e onerosa, anche perché in molti casi costringe a rivolgersi a società terze che garantiscono il servizio di trasporto, magari passando da una piattaforma online che si trattiene una percentuale piuttosto alta sul venduto – aggiunge Cursano – e se può funzionare per Firenze, per centri più piccoli questo servizio neppure esiste”.
La vendita per asporto, unita o meno alla consegna a domicilio, potrebbe risolvere il problema della mancanza di liquidità delle imprese, che si va ogni giorno più grave: “Abbiamo accettato e condiviso con grande senso di responsabilità la decisione di sospendere l’attività di somministrazione effettuata dalle nostre imprese per evitare assembramenti. Ma qualcuno ci deve spiegare perché non sia possibile la vendita dei nostri prodotti con le stesse modalità, anche di carattere sanitario, che vengono adottate in tutti gli altri esercizi commerciali attualmente aperti. Stiamo sopportando, come tutti, sacrifici enormi, con l’aggravante di avere in magazzino merce che rischia di deteriorarsi, affitti da pagare, scadenze di pagamento solo rinviate e nonostante questo ci viene impedito di dare poter lavorare anche nelle forme oggi consentite ad altre imprese. Questo è inaccettabile”. “Oltretutto, quello dell’asporto potrebbe essere uno dei canali principali nel futuro della ristorazione – conclude il presidente della Confcommercio fiorentina – con le persone spaventate dai luoghi troppo affollati, la soluzione ideale potrebbe essere proprio quella di ordinare il pranzo o la cena nel locale preferito, andarla a prendere e poi consumarla tra le mura domestiche”.