Gkn, da sinistra un appello perché “le leggi si scrivano nel confronto di chi lavora”

CAMPI BISENZIO – E’ di nuovo una presa di posizione a tre quella che Lorenzo Ballerini, capo gruppo di Campi a Sinistra, insieme ad Antonella Bundu e Dmitrij Palagi, consiglieri comunali di Sinistra Progetto Comune a Palazzo Vecchio, prendono in tema di lavoro. Con la vicenda della Gkn a fare da “fil rouge” ma con […]

CAMPI BISENZIO – E’ di nuovo una presa di posizione a tre quella che Lorenzo Ballerini, capo gruppo di Campi a Sinistra, insieme ad Antonella Bundu e Dmitrij Palagi, consiglieri comunali di Sinistra Progetto Comune a Palazzo Vecchio, prendono in tema di lavoro. Con la vicenda della Gkn a fare da “fil rouge” ma con l’obiettivo di apire un dibattito a 360 gradi. “In queste ore, – spiegano in una nota – un gruppo di giuristi e avvocati ha lanciato un appello importante, nato a seguito di un incontro davanti alla fabbrica Gkn, insieme al collettivo dello stabilimento e al gruppo di supporto della vertenza. Insorgiamo è una parola d’ordine che richiede una mobilitazione costante e continua, a tutti i livelli, anche su quello istituzionale”.

“Le leggi – aggiungono – devono essere scritte in relazione alle esigenze del territorio e di chi lavora, per dare massima forza e tutela a chi non ha i mercati finanziari e i profitti dalla propria parte. La Costituzione limita la libertà dell’iniziativa economica privata con il diritto alla dignità delle persone: la delocalizzazione di un impianto che funziona è contraria a ogni principio di civiltà. Anche perché le aziende non mancano di ricevere finanziamenti pubblici in momenti di crisi o per sviluppare le loro attività: quindi deve esserci come minimo una relazione di reciprocità”.

Da qui l’appello, in cui “si chiede che si arrivi a una legge efficace e utile, elencando alcuni punti da seguire, che qui riproponiamo, invitando tutti a firmare e far firmare (https://www.change.org/p/fermiamo-le-delocalizzazioni-e-lo-smantellamento-del-tessuto-produttivo):

1-A fronte di condizioni oggettive e controllabili l’autorità pubblica deve essere legittimata a non autorizzare l’avvio della procedura di licenziamento collettivo da parte delle imprese.

2-L’impresa che intenda chiudere un sito produttivo deve informare preventivamente l’autorità pubblica e le rappresentanze dei lavoratori presenti in azienda e nelle eventuali aziende dell’indotto, nonché le rispettive organizzazioni sindacali e quelle più rappresentative di settore.

3- L’informazione deve permettere un controllo sulla reale situazione patrimoniale ed economico-finanziaria dell’azienda, al fine di valutare la possibilità di una soluzione alternativa alla chiusura.

4- La soluzione alternativa viene definita in un Piano che garantisca la continuità dell’attività produttiva e dell’occupazione di tutti i lavoratori coinvolti presso quell’azienda, compresi i lavoratori eventualmente occupati nell’indotto e nelle attività esternalizzate.

5- Il Piano viene approvato dall’autorità pubblica, con il parere positivo vincolante della maggioranza dei lavoratori coinvolti, espressa attraverso le proprie rappresentanze. L’autorità pubblica garantisce e controlla il rispetto del Piano da parte dell’impresa.

6- Nessuna procedura di licenziamento può essere avviata prima dell’attuazione del Piano.

7- L’eventuale cessione dell’azienda deve prevedere un diritto di prelazione da parte dello Stato e di cooperative di lavoratori impiegati presso l’azienda anche con il supporto economico, incentivi ed agevolazioni da parte dello Stato e delle istituzioni locali. In tutte le ipotesi di cessione deve essere garantita la continuità produttiva dell’azienda, la piena occupazione di lavoratrici e lavoratori e il mantenimento dei trattamenti economico-normativi. Nelle ipotesi in cui le cessioni non siano a favore dello Stato o della cooperativa deve essere previsto un controllo pubblico sulla solvibilità dei cessionari.

8- Il mancato rispetto da parte dell’azienda delle procedure sopra descritte comporta l’illegittimità dei licenziamenti ed integra un’ipotesi di condotta antisindacale ai sensi dell’articolo 28 legge 300/1970″.