I circoli Arci di Lastra a Signa alzano la voce contro la chiusura: “Non esiste”. E se la rifanno anche con Signa

LASTRA A SIGNA – L’unione fa la forza. Anche “contro” un Dpcm che definire contraddittorio è dire poco. L’unione è quella dei tre circoli Arci di Lastra a Signa: il circolo Arci Pista Le Cascine (all’interno del quale operano due realtà distinte fra loro: il bar “Le Nuove Cascine” e la pizzeria “Cascin di Peppo”), […]

LASTRA A SIGNA – L’unione fa la forza. Anche “contro” un Dpcm che definire contraddittorio è dire poco. L’unione è quella dei tre circoli Arci di Lastra a Signa: il circolo Arci Pista Le Cascine (all’interno del quale operano due realtà distinte fra loro: il bar “Le Nuove Cascine” e la pizzeria “Cascin di Peppo”), il circolo Arci Tripetetolo e il circolo Arci L’Incontro. Uniti per protestare contro la decisione di farli chiudere, ufficializzata nei giorni scorsi in seguito all’ultimo Dpcm, ma anche “per cercare di capire – hanno spiegato – come mai a Signa alcuni circoli siano sempre aperti”. L’appuntamento era all’esterno del circolo Arci Pista Le Cascine, dove si è respirato un misto di preoccupazione e rabbia. Sensazioni comuni a tanti in questo periodo, sensazioni accentuate dal fatto che, come hanno ripetuto tutti, “si viaggia a vista mentre è proprio in momenti come questo che ci vorrebbe più chiarezza da parte di chi ci governa”. La domanda è una sola: “Perché ci hanno chiusi? Nessuno sa darci una risposta e tutto questo è molto strano. Ma noi qui rischiamo di chiudere per sempre, altro che un mese, ed è uno stato d’animo che non si descrive facilmente…”. “Già venivamo da un periodo estremamente complicato, – aggiungono – quello del precedente lockdown, e avevamo rialzato un po’ la testa, anche se con grande difficoltà. Adesso dobbiamo restare un mese chiusi ma soprattutto, in base a quello che riusciamo a percepire, la strada sembra essere quella di un altro lockdown. Non esiste, non esiste davvero”. Preoccupazione e rabbia ma non rassegnazione: “Ne abbiamo parlato fra di noi, siamo pronti anche ad andare a Roma. Qualcuno dovrà ascoltarci ma soprattutto darci delle risposte. Non è giusto che si debbano tirare fuori soldi di tasca nostra senza sapere niente di preciso su quello che sarà il nostro futuro”. L’attenzione, poi, si sposta sull’altra sponda dell’Arno, a Signa, “dove – continuano – gran parte dei circoli sono ancora aperti e sinceramente non capiamo perché. Non è nostra intenzione fare una guerra fra poveri, vorremmo solo sapere il motivo ma nessuno sa darci una risposta. Noi, però, una risposta la vogliamo”. Insomma, ogni giorno che passa la situazione si fa sempre più “ingarbugliata” – e anche questo è un eufemismo – con una coperta che rischia di diventare maledettamente sempre più corta, di qualsiasi attività ovviamente si parli. E, purtroppo, con delle prospettive che non inducono certo all’ottimismo.