“I giovani al tempo del Coronavirus”, indagine di Save the Children: 34.000 studenti a rischio abbandono scolastico alle superiori

PIANA FIORENTINA – Quando ancora non sappiamo quale sarà, nell’immediato, il futuro della scuola nel nostro paese, Save the Children dà voce agli adolescenti, “gli studenti inascoltati nella crisi”, presentando i risultati della nuova indagine condotta da Ipsos per l’Organizzazione, che analizza opinioni, stati d’animo e aspettative di studenti tra i 14 e i 18 […]

PIANA FIORENTINA – Quando ancora non sappiamo quale sarà, nell’immediato, il futuro della scuola nel nostro paese, Save the Children dà voce agli adolescenti, “gli studenti inascoltati nella crisi”, presentando i risultati della nuova indagine condotta da Ipsos per l’Organizzazione, che analizza opinioni, stati d’animo e aspettative di studenti tra i 14 e i 18 anni. Per Save the Children, infatti, l’impatto prodotto sui ragazzi dalla chiusura delle scuole “è ancora gravemente sottovalutato”. “Servono ristori” anche per più giovani, e che la politica “sia all’altezza delle loro aspettative”, utilizzando le risorse del Next Generation UE – come gli stessi ragazzi indicano – prioritariamente per il loro futuro.

E quello che emerge è un quadro decisamente critico. Con gli stessi studenti a fra suonare un campanello d’allarme sul rischio di dispersione scolastica per “almeno 34.000 iscritti alle superiori”. Il 28% degli studenti dichiara infatti che almeno un loro compagno di classe dal lockdown di questa primavera a oggi avrebbe smesso di frequentare le lezioni (tra questi, un quarto ritiene che siano addirittura più di 3 i ragazzi che non partecipano più alle lezioni). Secondo gli adolescenti intervistati, tra le cause principali delle assenze dalla Dad, c’è la difficoltà delle connessioni e la fatica a concentrarsi nel seguire la didattica dietro uno schermo. Difficoltà che sembrerebbero avere un duro impatto nella loro preparazione scolastica: più di uno studente su tre (35%) si sente più impreparato di quando andava a scuola in presenza e il 35% quest’anno deve recuperare più materie dell’anno scorso. Quasi quattro studenti su dieci dichiarano di avere avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare (37%). Gli adolescenti dicono di sentirsi stanchi (31%), incerti (17%), preoccupati (17%), irritabili (16%), ansiosi (15%), disorientati (14%), nervosi (14%), apatici (13%), scoraggiati (13%), in un caleidoscopio di sensazioni negative di cui parlano prevalentemente con la famiglia (59%) e gli amici (38%), ma che per più di 1 su 5 rimangono un pesante fardello da tenersi dentro, senza condividerlo con nessuno (22%).

Questi alcuni dei dati emersi dall’indagine “I giovani ai tempi del Coronavirus”, condotta da Ipsos per Save the Children – l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per difendere i bambini a rischio e garantire loro un futuro – su un campione di adolescenti tra i 14 e i 18 anni (un campione di 1000 ragazzi frequentanti la scuola superiore secondaria, rappresentativo dell’universo di riferimento per genere, area geografica ed età), che sono stati intervistati per comprendere le loro opinioni, stati d’animo e aspettative: “Una voce, quella dei ragazzi e delle ragazze che mette in luce il vero impatto, spesso sottovalutato, della chiusura delle scuole e del loro funzionamento a singhiozzo”.

E, guardando al futuro, solo 1 su 4 pensa che “tornerà tutto come prima” (26%) e la stessa percentuale ritiene che “continueremo ad avere paura”, mentre il 43% vede l’esperienza che sta vivendo come uno spartiacque che sdogana, anche dopo il vaccino, il fatto che “staremo comunque insieme in modo diverso, più on line” (43%).

“Non dimentichiamo – spiegano da Save the Children – che già nel 2019, prima della pandemia, in Italia un ragazzo su otto abbandonava la scuola con in tasca solo la licenza media. Dai territori più difficili dove operiamo ci giungono continui segnali di allarme, nonostante l’impegno di scuole ed educatori. È necessario riaprire subito le scuole in sicurezza con un’offerta educativa potenziata, soprattutto nei territori più difficili, per scongiurare un ulteriore allargamento delle diseguaglianze”. Insomma, una quadro della situazione che non induce certo all’ottimismo.