Il Diario della prof. ricordando Zafon e Sepulveda nella nuova Spagna (15)

CALENZANO – Tra ricordi e personaggi, italiani e spagnoli, tra le pagine dei libri letti e amati di autori che da poco ci hanno lasciato come Sepulveda e Carlos Ruiz Zafón e la musica di Pau Donés, leggiamo il Diario della prof. Meri Coscarelli ci porta in Spagna accompagnata da Antonio. “Vita. Vita. Vita. Vita. […]

CALENZANO – Tra ricordi e personaggi, italiani e spagnoli, tra le pagine dei libri letti e amati di autori che da poco ci hanno lasciato come Sepulveda e Carlos Ruiz Zafón e la musica di Pau Donés, leggiamo il Diario della prof. Meri Coscarelli ci porta in Spagna accompagnata da Antonio.

“Vita. Vita. Vita. Vita. Vita. Vita. Vita. Semplicemente: Ti Adoro.
Perché sei incredibile!!! Nell’ultimo articolo vi ho parlato di quanto sia importante, nella vita dei nostri ragazzi, per la scuola e, anche, nelle nostre vite di educatori, uno scambio, ricordate?
Ma sono stata troppo internazionale: come ho fatto a dimenticare il paese e le persone che amo di più? Come ho fatto a lasciare in panchina la mia adorata Spagna? Ci ha pensato Antonio, un granadino amabile “y valiente” come la sua terra. La meravigliosa Andalusia. Lui mi ha riportato a casa. Perché, come scriveva Gianni Rodari, “Le case possono parlare, se qualcuno ha tempo e voglia di starle ad ascoltare”. Allora leggete la sua bellissima mail. La lascio in spagnolo per le meravigliose donne con cui condivido il mio tempo lavorativo, per l’infaticabile Filippo e per tutte quelle amiche che condividono con me questo lavoro e questa passione.

“Y la vida se paró de repente y las calles se llenaron de vacío y los muros se inundaron de silencio. Nadie lo vio venir, nadie lo sospechaba. Los apestados eran otros, las fronteras estaban lejos. Han bastado unas gotas de saliva para cambiar el mundo. El coronavirus, el virus más monárquico, ha llegado a todos sin distinción de clases y está cambiando el modo en que hemos entendido el mundo, para siempre.
Málaga, en estos días, es una ciudad fantasma. La ausencia de personas y de coches ha dejado que escuchemos otros sonidos que siempre estuvieron ahí, pero que eran ajenos a nuestros oídos: el sonido de los pájaros, el silbido de una suave brisa, la sacudida de los árboles. El cielo está más limpio que nunca y el aire desprende un aroma campestre. ¿Cómo hemos podido vivir en la ciudad sin disfrutar de estos regalos?
Salimos a la calle solamente para ir al supermercado. Hacemos una cola en la calle manteniendo la distancia de seguridad hasta que nos permiten pasar. Entonces nos dan unos guantes, un poco de gel y entramos. Escuchamos por los altavoces “racionalicen el miedo, esto pasará” y no puedo evitar sentirme incómodo. Hay algunas estanterías vacías y noto el miedo en la mirada de la gente. Hay miradas cómplices, sonrisas en la distancia, gestos con las manos. Charlo con la cajera, le pregunto cómo está y se emociona. Me cuenta su rutina, yo la mía. Nos deseamos lo mejor. Nunca había una conversación así. Regreso a casa con ganas de llegar, quitarme la ropa y volver a estar cómodo.
Todas las tardes, a las 20 h., salimos a nuestros balcones a aplaudir. Dicen que son aplausos dirigidos al personal sanitario, pero sé que son una excusa para motivarnos. Estamos aplaudiendo a nuestros vecinos, aplaudimos a la familia que no podemos ver, a aquellas personas que están sufriendo y a los que, con su esfuerzo, salvan vidas. Queríamos tiempo, toda la vida escuchando en bucle “lo siento, no tengo tiempo”; “me gustaría, pero no tengo tiempo”; “quiero cambiar mi vida, pero no tengo tiempo”. Se han acabado las excusas. Es hora de vivir la vida en su plenitud.
Recuerdo con mucho cariño vuestra llegada a Granada. Era una tarde de marzo de 2012. Atardecía. Os bajasteis a coger el equipaje y estuve hablando un buen rato con los profesores. Hablamos de Lorca, de la ubicación de los hoteles, de la programación de los siguientes días. Aún no entendía nada de italiano, así que la primera palabra que entendí fue gracias a ti, Mary. Fue “vicino” para referirte a la cercanía del hotel. Fueron días realmente especiales: la subida al Albaicín, la sentada en unas escalinatas en el barrio del Realejo charlando sobre el poeta, la visita a la Alhambra, las risas, la participación en clase, el trato con los profesores… Fuisteis el mejor grupo que, además, llegó en la mejor estación que puede vivir Granada, la primavera, así que solo puedo agradecéroslo. Fui muy feliz allí y fuisteis parcialmente responsables de ello”
Con cariño Antonio Parrales

“E la vita si interruppe improvvisamente e le strade si riempirono di vuoto e le pareti furono inondate dal silenzio. Nessuno l’ha visto arrivare, nessuno lo sospettava. Gli infettati erano altri, i confini erano lontani. Sono bastate poche gocce di saliva per cambiare il mondo. Il coronavirus, il virus più monarchico, ha raggiunto tutti senza distinzione di classi e sta cambiando il modo in cui abbiamo compreso il mondo, per sempre.

Malaga, in questi giorni, è una città fantasma. L’assenza di persone e di macchine ci ha permesso di sentire altri suoni che erano stati sempre lì, ma che erano estranei alle nostre orecchie: il suono degli uccelli, il sibilo di una leggera brezza, il tremore degli alberi. Il cielo è più pulito che mai e l’aria emana un profumo di campagna. Come abbiamo potuto vivere in città senza godere di questi doni?
Usciamo solo per andare al supermercato. Ci mettiamo in fila per strada mantenendo la distanza di sicurezza fino a quando ci permettono di passare. Poi ci danno dei guanti, un po ‘di gel e entriamo. Ascoltiamo gli speakers ripetere: “razionalizzate la paura, questo passerà” e non posso fare a meno di sentirmi a disagio. Ci sono alcuni scaffali vuoti e noto la paura negli occhi delle persone. Ci sono sguardi complici, sorrisi in lontananza, gesti delle mani. Chiacchiero con la cassiera, le chiedo come sta e lei si emoziona. Mi racconta la sua routine, io la mia. Ci auguriamo il meglio. Non c’era mai stata una conversazione del genere. Ritorno a casa con la voglia di farlo, con la voglia di spogliarmi e di rimettermi a mio agio. Ogni sera, alle 20, usciamo sui nostri balconi per applaudire. Dicono che sono applausi rivolti al personale sanitario, ma so che è solo una scusa per motivarci. Applaudiamo ai nostri dirimpettai, applaudiamo alla famiglia che non possiamo vedere, a quelle persone che soffrono e a quelle che, con il loro sforzo, salvano vite. Volevamo tempo, tutta la nostra vita ascoltando: “Scusa, non ho tempo”; “Mi piacerebbe, ma non ho tempo”; “Voglio cambiare la mia vita, ma non ho tempo.” Le scuse sono finite. È tempo di vivere la vita al massimo. Ricordo con affetto il vostro arrivo a Granada. Era un pomeriggio di marzo del 2012. Si stava facendo buio. Scendeste a prendere i bagagli e ho parlato a lungo con voi insegnanti. Abbiamo parlato di Lorca, della posizione degli hotel, del programma dei giorni seguenti. Non capivo ancora l’italiano. La prima parola che ho capito è stata grazie a te, Mery. Era “vicino”, per riferirsi alla vicinanza dell’hotel. Furono giorni davvero speciali: la salita all’Albaicín, il tempo trascorso seduti su alcuni gradini nel quartiere Realejo, chiacchierando sulla vita del poeta, la visita all’Alhambra, le risate, le lezioni in classe, l’intesa con gli insegnanti. Siete stati il mio miglior gruppo. Inoltre, siete arrivati nella migliore stagione per visitare Granada, la primavera; quindi, posso solo ringraziarvi. Sono stato molto contento e siete stati parzialmente responsabili di tutto ciò”
Con affetto Antonio

Sarebbe bello concludere così, vero? Ma non posso. Non posso proprio. Qualcosa. Qualcuno me lo impedisce.
Il mio cuore piange. Piange tanto. È stato tempo di addii.
Mi hanno lasciato 3 persone che adoravo. Che mi hanno fatto compagnia negli ultimi decenni della mia vita.
Sepúlveda: con il suo gatto Zorba e la gabbianella Fortunata. Con il suo amore unico verso il suo Cile. Con la Morena persa e ritrovata. Pau Donés: voce unica e carismatica del gruppo Jarabe de Palo. La sua “Flaca” mi ha accompagnata dolcemente nel mio primo anno verso il mondo latino. “Depende” mi ha permesso di condividere ore di puro lavoro in perfetta sintonia con Susana, ovvero: colei che sa sempre farmi vedere il mondo in fotogrammi di rosa splendente. E tutto, da quel lontano 1999, è stato BONITO. Carlos Ruiz Zafón, scrittore spagnolo mio coetaneo, anzi, per essere precisa, più piccolo di me di quasi due mesi, mi ha fatto entrare in quella labirintica e gigantesca biblioteca del “Cimitero dei Libri Dimenticati”, che aiuta migliaia di volumi a evitare l’oblio. Oblio. Oblio. Oblio. Non amo questa parola. Se potessi, la cancellerei dal dizionario. Ma, sono sicura, che questo termine non vi appartiene e mai vi apparterrà. Per la ragione più semplice che possa esistere: saremo sempre in tanti ad amarvi e a farvi continuare a vivere.
Sarebbe bello a questo punto un sottofondo musicale. Non importa che sia spagnolo o che sia cileno.
Buon viaggio, Luis.
Buon viaggio, Pau.
Buon viaggio, Carlos.
Sono sicura che dove andrete continuerete a fare cose grandi. 
In questo momento voglio essere ottimista e tutto mi deve sembrare “BONITO” (bellissimo)

Buon pomeriggio, ragazzi miei.
La vostra prof

Meri Coscarelli”