“Il libro del rifugio” – “Mi piace pensare che la luna sia lì, anche se non la guardo”

PIANA FIORENTINA – Quando è iniziata questa “avventura” (il termine quarantena non mi piace proprio), il silenzio della sera ma soprattutto quello della notte non erano così “densi”. C’era il canto di una civetta, c’era il fischio di un treno che, neanche tanto lontano in linea d’aria, era di compagnia e faceva immaginare qualche pendolare […]

PIANA FIORENTINA – Quando è iniziata questa “avventura” (il termine quarantena non mi piace proprio), il silenzio della sera ma soprattutto quello della notte non erano così “densi”. C’era il canto di una civetta, c’era il fischio di un treno che, neanche tanto lontano in linea d’aria, era di compagnia e faceva immaginare qualche pendolare assonnato che si spostava per lavoro o che rientrava a casa. Ora, invece, il silenzio fa davvero impressione. In alcuni casi stimola sensazioni positive, in altre tutto il contrario e la tentazione che, penso, tanti abbiamo, sarebbe quella di mettersi a urlare per squarciare un muro che rischia di diventare troppo duro da abbattere. Ma ci prenderebbero sicuramente per matti e non sarebbe una bella sensazione ritrovarsi a casa, magari nel cuore della notte, le forze dell’ordine. Cosa fare? Per quanto mi riguarda mettere nero su bianco, o almeno provarci, le sensazioni che stiamo vivendo. E che, vi assicuro, non è poco. Perché il silenzio di questi giorni non è reale, si amplifica con il calar della sera. Non è il silenzio che, per esempio, “si respira” in montagna, ovvero in luoghi dove quel silenzio ti cambia anche nello spirito. E non è neanche quel silenzio a cui molti di noi, centrifugati da ritmi sempre più frenetici, auspicavano prima di questa emergenza sanitaria. E allora, direte voi? Stasera, per esempio, ad ammaliare questo silenzio c’è una luna che sembra abbracciarci e rassicurarci tutti. “E guardo il mondo da un oblò…” cantava Gianni Togni all’inizio degli anni Ottanta nella sua “Luna”, ed è quello che stiamo facendo oggi tutti noi, guardiamo la luna dall’oblò delle nostre case. Dopo una giornata in cui sono stati il sole e l’azzurro del cielo a contribuire a spingerci fuori dal tunnel. Oppure, citando niente meno che Albert Einstein, “mi piace pensare che la luna sia lì, anche se non la guardo”. Ho letto un breve testo dello scrittore Andrea Bajani sul silenzio e mi ha colpito l’immagine poetica della forza, del valore, di quell’atmosfera che, detto in modo semplice, si traduce innanzitutto in una mancanza di rumore, forse la principale “protesi” che accompagna la vita dell’uomo contemporaneo. Scrive Bajani: “Bisognerebbe vedere come l’uomo tratta il mare per tirarne fuori il sale e bisognerebbe dividere in vasche anche il silenzio. Estrarlo dalla terra, aspirarlo dai boschi quando è notte, raccoglierlo a secchielli dalle cantine. Bisognerebbe fare come si fa con il mare, e dopo avere diviso il silenzio in vasche aspettare, sapendo che l’attesa sarà ricompensata”. Certo che sarà ricompensata: il silenzio ci restituisce, con enormi interessi, tante cose, a partire dalla salute che invece viene scossa, e messa a rischio, dall’eccesso di rumori. Approfittiamone. Ancora per un po’.

(Si ringrazia Vanessa Boretti per la fotografia)

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