Il Santo Stefano dà il benvenuto a Claudia Conti: “Il basket? Molto più di uno sport. È bello trasmettere ai giovani quello che hai vissuto”

CAMPI BISENZIO – Nuovo anno e nuovo prezioso innesto: Claudia Conti, allenatrice con alle spalle una lunga carriera da playmaker che le ha permesso anche di calcare i campi della A1, entra nella famiglia di Santo Stefano Basket e siamo sicuri che la sua esperienza sarà di esempio per i più giovani. Ci confrontiamo subito con lei per rompere […]

CAMPI BISENZIO – Nuovo anno e nuovo prezioso innesto: Claudia Conti, allenatrice con alle spalle una lunga carriera da playmaker che le ha permesso anche di calcare i campi della A1, entra nella famiglia di Santo Stefano Basket e siamo sicuri che la sua esperienza sarà di esempio per i più giovani. Ci confrontiamo subito con lei per rompere il ghiaccio e capire valori e obiettivi.

Cosa significa per te il nostro sport?

“Quel rettangolo è più di uno spazio dove si gioca e la partita dura molto più di 40 minuti. Il basket è vita, entusiasmo, è casa. Un posto che mi ha accolto e mi accoglie tuttora: un rifugio. In quel rettangolo ho costruito non solo la mia carriera ma la mia vita”.

Quali sono stati i momenti più decisivi per la tua carriera?

“Ho sempre avuto la possibilità di scegliere dove giocare. Il mio desiderio fin da piccola era poter arrivare sempre più in alto e con tanto sacrificio sono riuscita a togliermi grandi soddisfazioni e a vincere tanto. Credo che il momento più decisivo, dopo aver giocato a 17 anni un campionato di A1 sia stato vincere il premio come miglior realizzatrice del campionato: per un playmaker non è cosa da tutti i giorni. L’importante per me era esserci in ogni occasione decisiva. Le sfide mi sono sempre piaciute e mi è sempre piaciuto giocarle da protagonista”.

Cosa cambia tra l’essere sul parquet e allenare?

“Cambia tantissimo! Sul campo potevo dimostrare senza dover parlare e per una come me – ho un carattere un po’ introverso – non è sempre semplice, però gli anni sul campo sono un bagaglio di esperienza sempre utile, che mi aiuta a capire, comunicare, trasmettere molto ai ragazzi. Cercare di passare loro quello che ho vissuto è una sensazione bellissima”.

Cosa ti ha convinto a essere dei nostri e quale contributo pensi di poter apportare al gruppo?

“Mi hanno cercato insistentemente e questo mi ha dimostrato che credono in ciò che posso dare. Il progetto mi ha convinto e per questo spero di non tradire le aspettative di nessuno. Come mia abitudine, partirò in punta di piedi, senza alcuna arroganza o presunzione, con solo tanto amore per il nostro sport. Spero di trasmettere tutto ciò che ho raccolto in 40 anni di basket, dove il sorriso e il rispetto devono essere sempre al primo posto”.

Come imposti il lavoro con i giovani, cosa ti aspetti da loro, cosa devono darti e soprattutto cosa può dare loro questo fantastico sport?

“Deve essere un lavoro di crescita e per imparare. Ciò che mi preme di più è instaurare un buon rapporto con i bimbi in modo da fare trovare loro la giusta fiducia per credere in quello che fanno. Si parla di bambini e quindi devono iniziare ad appassionarsi a questo sport. Poi, con il tempo e il lavoro, possono diventare giocatori. Ho sempre pensato che il basket sia uno sport che si ama o si odia e spero di aiutarli a innamorarsi della palla a spicchi”.