La bicicletta di seconda mano, l’acqua gelida nel secchio da imbianchino: i ricordi di Luciano Baccetti, quando il ciclismo era ciclostorico

LASTRA A SIGNA/SCANDICCI – Quella che vi raccontiamo oggi è una storia, anzi una “microstoria” del nostro territorio. Diviso, in questo caso fra i Comuni di Lastra a Signa e Scandicci, ma non solo. Il “palcoscenico” naturale della microstoria appunto che vede protagonista Luciano Baccetti, alcuni dei suoi compagni di squadra e quelli che erano […]

LASTRA A SIGNA/SCANDICCI – Quella che vi raccontiamo oggi è una storia, anzi una “microstoria” del nostro territorio. Diviso, in questo caso fra i Comuni di Lastra a Signa e Scandicci, ma non solo. Il “palcoscenico” naturale della microstoria appunto che vede protagonista Luciano Baccetti, alcuni dei suoi compagni di squadra e quelli che erano i colori sociali della A.S. Lastrense Columbus. Una “microstoria” nell’accezione assolutamente positiva del termine, il racconto del tessuto umano, sociale e sportivo che ha contribuito alla crescita e allo sviluppo dell’area in cui viviamo. E quando a farci sfogliare i loro album dei ricordi, anche quelli personali, sono coloro che questi album hanno contribuito a scriverli, siamo doppiamente contenti. Racconti del passato, in bianco e nero ma vividi di colori, racconti di quel ciclismo che era davvero ciclostorico. Per di più quando manca veramente poco alla seconda edizione della “Ciclostorica La Lastrense”, organizzata dal Gruppo Sportivo Tre Emme di Lastra a Signa e in programma il prossimo 19 marzo con partenza e arrivo a Lastra a Signa dopo avere attraversato i Comuni di Scandicci, Montespertoli, San Casciano Val di Pesa e Montelupo Fiorentino attraverso le colline fiorentine. 

Anno 1952, presentazione della squadra ciclistica Lastrense Columbus. Da sinistra Bini, Giani, Baccetti, il direttore sportivo Antonio Calugi, Giordano, Fantini, un altro dirigente e Pierluigi Ariani. Accanto la partenza della gara dal Ponte Rosso a Firenze: da sinistra Paolo Taddei, Ubaldo Vannini e Luciano Baccetti

Le fotografie che pubblichiamo hanno ancora il “sapore” dell’olio canforato con cui si massaggiavano e si riscaldavano i muscoli. ma soprattutto hanno il sapore di anni epici in cui Luciano Baccetti (a destra nell’immagine che pubblichiamo in apertura), classe 1934, iniziava a dare le prime pedalate all’età di 16 anni nella società sportiva Rinascita di Casellina: “Nel 1952 – racconta – ero già un atleta conosciuto e apprezzato nel ciclismo toscano. Mi avevano invitato alcune delle società più gloriose come la Bartali e l’Aurora ma non cedetti alle loro lusinghe perché dovevo lavorare e la garanzia di potermi allenare due volte la settimana per gareggiare la domenica la ebbi solo dalla Columbus Gomma, lo sponsor della Lastrense”. Il lavoro alla Columbus era pesante: tre turni a rotazione settimanali di 8 ore (6-14, 14-22 e 22-6) in piedi alla calandra, una macchina pericolosa con due cilindri orizzontali di acciaio in cui venivano incollate gomma e stoffa per creare le tomaie delle pantofole. Il passaggio a vapore a 100 gradi esalava benzolo: “Per limitare i danni, ogni giorno l’azienda ci forniva un quartino di latte. Una mattina verso le 11, mentre facevo il turno iniziato alle 6, dopo cinque ore di esalazioni di benzolo, svenni. La mia mano finì nei rulli. Dal dolore mi risvegliai immediatamente, la tirai via, ma fu un incidente che mi tenne lontano dal ciclismo per più di due mesi”.

I ricordi affondano le loro radici in anni in cui la voglia di rinascita era tanta, dopo il periodo difficile e complesso della seconda guerra mondiale. Anche grazie alla bicicletta: “Nel 1952 – continua – a correre con la maglia della Lastrense eravamo in tre: Pierluigi Ariani, che abitava a Tripetetolo, un altro che di cognome faceva Dani e che mi pare fosse di Malmantile, e il sottoscritto. Io usavo una bici artigianale, una Bartolini, che mio babbo Romano aveva acquistato di seconda mano. Aveva il telaio troppo grande e una pedalata difettosa, che andava “governata” con un movimento astuto della gamba che spesso portava il puntale a incastrarsi nella ruota. L’episodio più bello di quel periodo risale alle di fine agosto del 1952 quando a Firenze si disputò la Coppa dell’Unità, dal nome del quotidiano, un evento di carattere nazionale che richiamava atleti da tutte le regioni d’Italia: Lazio, Campania, Piemonte, Marche e anche dalla Sardegna. In palio, un trofeo bellissimo alto più di 60 centimetri: una grande “U” nera in legno, sormontata da una coppa d’argento ovale”.

“Avevo lavorato fino alle 22 della sera prima. Arrivo e partenza erano nel viale Belfiore, dove c’era la sede della Uisp. Partimmo in 176 verso Sesto, Calenzano, arrivammo fino a Prato, tornammo verso Firenze, passando da Pontassieve andammo fino al Valdarno e si tornò risalendo dall’Incisa fino a Torre a Cona (la salita che da San Donato scende verso Bagno a Ripoli), Piazzale Michelangelo dove io ero in terza posizione. Scattò il primo, il secondo gli andò dietro, io mi alzai sui pedali e gli presi le ruote. I due davanti a me erano marchigiani: Gaetano Pollastrelli di Civitanova Marche e Orfeo Magi della Fulgor Senigallia. Noi prime tre in fuga scendemmo a Porta Romana, Ponte alla Vittoria, Statale 67, Casellina, Lastra a Signa, Signa, Indicatore, Campi e poi, da via Pratese, tornammo nel viale Belfiore, per un totale di 115 chilometri”.

“Durante la gara – continua il suo racconto – non avevamo molte indicazioni. Mi raggiunse in motocicletta Vinicio, il fratello dell’Ariani, che mi chiese se volessi un po’ d’acqua. Risposi di sì e me lo ritrovai qualche centinaio di metri più avanti con un secchio da imbianchino. Mi arrivò uno schiaffo di acqua gelida che quasi mi paralizzò lo stomaco e le gambe. Il primo dei compagni di fuga che scattò, sul ponte di Campi lungo la via Pratese, riuscii a riprenderlo, ma quando partì il secondo fui bloccato dai crampi. Vinse Pollastrelli, Magi secondo, a un chilometro dal traguardo mi raggiunse e superò l’Ariani e io, ormai senza forze, arrivai quarto. Ma siccome la coppa veniva assegnata alla squadra che piazzava più atleti fra i primi cinque, la Lastrense, avendo me e l’Ariani rispettivamente quarto e quinto, se la aggiudicò. E adesso spero che questa coppa si trovi gelosamente custodita nella bacheca della società sportiva Lastrense….”.