“La libertà” al Teatro della Limonaia per Intecity

SESTO FIORENTINO – Al Teatro della Limonaia il 30 settembre, il 1 e 2 ottobre alle 20.30 andrà in scena per il festiva Intercity lo spettacolo “La libertà” di Martin Bellemare. In scena: con Teresa Fallai, Ciro Masella, Annibale Pavone, Lorenzo Volpe e Patricia Ciarloni. Prima in assoluta n italiano. Mary e Paul sono una […]

SESTO FIORENTINO – Al Teatro della Limonaia il 30 settembre, il 1 e 2 ottobre alle 20.30 andrà in scena per il festiva Intercity lo spettacolo “La libertà” di Martin Bellemare. In scena: con Teresa Fallai, Ciro Masella, Annibale Pavone, Lorenzo Volpe e Patricia Ciarloni. Prima in assoluta n italiano. Mary e Paul sono una coppia sposata. Mary chiede insistentemente a Paul di cambiare lavoro, ma Paul non vuole. Lavora da anni in una nuova struttura statale, che offre un servizio innovativo e molto particolare. E adesso Max, figlio dei due, ha appena ottenuto un posto nello stesso servizio. La pièce è incentrata su una delle questioni fondamentali della filosofia di Camus: la libertà di scegliere se la vita vale la pena di essere vissuta oppure no. Tale questione viene affrontata dall’autore in chiave metaforica, attraverso un’allegoria che prende forma in un mondo distopico, un futuro più o meno lontano, ma che tanto assomiglia alla nostra società contemporanea. In questa parabola la libertà di morire è offerta da un servizio statale, una clinica che si prende carico di smaltire i propri clienti, come preferiscono. 

Ma stando così le cose, è effettivamente tutto più facile? Basta la volontà di morire per passare all’azione, soprattutto laddove l’individuo non ha neanche più responsabilità pratiche? E dal momento che tutto è statalizzato, la libertà diventa un’altra regola da accettare, una convenzione sociale? Che cos’è in fondo la libertà? Fino a che punto possiamo intervenire nelle decisioni altrui e cosa dobbiamo ammettere nelle azioni dell’altro, soprattutto quando lo amiamo?

Se la morte e il suicidio sono argomenti solitamente tabù, qui vengono esibiti e normalizzati, in maniera quasi grottesca, a evidenziare come anche queste tematiche possano essere raffreddate dalla cavillosa burocrazia di un ente statale. Ma stando così le cose, è effettivamente tutto più facile? Basta la volontà di morire per passare all’azione, soprattutto laddove l’individuo non ha neanche più responsabilità pratiche? E dal momento che tutto è statalizzato, la libertà diventa un’altra regola da accettare, una convenzione sociale? Che cos’è in fondo la libertà? Fino a che punto possiamo intervenire nelle decisioni altrui e cosa dobbiamo ammettere nelle azioni dell’altro, soprattutto quando lo amiamo?

Martin Bellemare, diplomato al National Theatre School of Canada, ha ricevuto nel 2009 il Premio Gratien-Gélinas per Le Chant di Georges Boivin. Ha ottenuto il Creation Aid dalla Cnt/Artccena per La Liberté, Moule Robert (borsa CNL, finalista al Premio SACD Francophone Dramaturgy 2017, Premio Michel-Tremblay 2018), Maître Karim la perdrix (Dramaturgy Prize francophone of the SACD 2018), e per il giovane pubblico Charlie et le Djingpouite (Finalista del Prix Louise-Lahaye 2020). Ha ricevuto in diverse occasioni il sostegno del Canada Council for the Arts e del Conseil des Arts et Lettres du Québec. Il suo lavoro per adulti è pubblicato da Dramaturges Éditeurs, per il pubblico giovane da Lansman.  

Michele Mariniello, attore, regista e drammaturgo. Si diploma all’Accademia dei Filodrammatici di Milano, e si perfeziona come drammaturgo e come attore nel corso di formazione di ERT a cura di Claudio Longhi, nel progetto Prospero a cura di Thomas Ostermeier presso lo Schaubühne di Berlino e con Cristina Pezzoli. Debutta alla regia nel 2015 con Vincere nella Vita al Teatro Filodrammatici di Milano. Scrive e dirige Fantine e Gavroche, quest’ultimo vincitore del bando Theatrical Mass. Nel 2021 dirige Icaro per la compagnia Anomalia Teatro di Torino. È due volte semifinalista alla Biennale di Venezia come miglior regista Under 35. Se la morte e il suicidio sono argomenti solitamente tabù, qui vengono esibiti e normalizzati, in maniera quasi grottesca, a evidenziare come anche queste tematiche possano essere raffreddate dalla cavillosa burocrazia di un ente statale.