La pandemia cambia anche il rapporto con lo psicoterapeuta e le persone scelgono la videoterapia

CAMPI BISENZIO – In un anno dominato dall’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 i nostri comportamenti sono cambiati. Nuove regole necessarie per combattere la pandemia hanno richiesto atteggiamenti diversi ai quali non eravamo abituati coinvolgendo tutti gli aspetti della nostra quotidianità. Distanziamento, mascherine e nuovo impensabile rapporto con la tecnologia che in molti casi ha sostituito […]

CAMPI BISENZIO – In un anno dominato dall’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 i nostri comportamenti sono cambiati. Nuove regole necessarie per combattere la pandemia hanno richiesto atteggiamenti diversi ai quali non eravamo abituati coinvolgendo tutti gli aspetti della nostra quotidianità. Distanziamento, mascherine e nuovo impensabile rapporto con la tecnologia che in molti casi ha sostituito il rapporto personale, tanto che la parola “remoto” è entrata nel nostro vocabolario giornaliero. Si fanno lezioni e riunioni da distanza entrando nelle case degli altri e portando gli altri nelle nostre case attraverso la telecamera del computer. Un cambiamento che ha coinvolto anche l’ambito psicoterapeutico. Con Cipriana Mengozzi del Centro MeMe professione e formazione facciamo il punto su questo nuovo aspetto.

La pandemia ha annullato i rapporti in persona trasformati per necessità in incontri da remoto. Questa nuova modalità quali cambiamenti ha portato in positivo e in negativo?

Credo che la pandemia sia stata al contempo un momento di forte crisi e uno stimolo importante per la riconfigurazione del nostro lavoro in ambito psicologico-psicoterapeutico. Questo perché siamo in un momento di particolare allarme emotivo, che trascina con sé aspetti sia positivi che negativi. Per quanto riguarda le psicoterapie, ad esempio, la quantità di incontri da remoto è inevitabilmente cresciuta rispetto a prima. Le dinamiche interpersonali sono molto diverse in presenza e online. Si potrebbe pensare che la presenza abbia solo aspetti positivi, in realtà non è così. In questo momento per alcune persone è molto importante vedere il volto dello psicoterapeuta e pur non avendo positività covid o altre problematiche, scelgono la videoterapia per non dover sopportare la mascherina durante i colloqui, mascherina che vedono come barriera tra esseri umani, dato che impedisce la piena espressione e comunicazione non verbale di sorrisi, pianti, smorfie, e di tutto quanto arrotonda e completa la comunicazione verbale che compiamo attraverso la parola. Psicoterapia è molto di più che parola. È abbraccio, sorriso, pianto, rabbia. Tutto il corpo parla, non solo la bocca. Ed è proprio il corpo che manca nella terapia online, dove vediamo solo un busto, e a volte traballante! Noi terapeuti stiamo molto attenti e stabilizziamo il cellulare, scegliamo l’inquadratura; le persone invece spesso camminano per casa, il telefono casca, ogni tanto vedo lampadari, muri, percorsi, corridoi! L’ortodossia avrebbe molto da dire in proposito sul cosiddetto “setting di terapia”, che definisce sia l’ambiente sia le regole. Ho fatto terapie online a persone alla guida, in auto, nei parcheggi. La privacy in casa è un problema per molti, quindi per la seduta si spostavano in auto, parchi, giardini pubblici, per poter parlare liberamente col proprio terapeuta. Certo è che la flessibilità dell’online è preziosa, ma toglie quel viaggio in macchina verso lo studio dello psicoterapeuta, dove il paziente pensa a cosa vorrà dire appena arriva del professionista, è proprio una concezione diversa. Se l’appuntamento è online, e ci si collega da casa, poco prima il paziente non ha la testa sul colloquio, magari è a stirare o vedere la tv. Dal mio punto di vista di psicoterapeuta l’importante è concordare tutto, contrattare le regole, mantenerle, e cucire addosso alla persona ciò di cui ha bisogno. Per quanto mi riguarda, facilitare la relazione d’aiuto e la sua espressione è il primo obiettivo. Altri vantaggi lavorativi sono ovviamente quelli di poter seguire persone di tutta Italia, e anche all’estero. Vantaggio non trascurabile, che però richiede al professionista competenze non improvvisate, perché la seduta in presenza e la psicoterapia online, come potete capire, non sono affatto la stessa cosa dal punto di vista professionale. Per mia fortuna, occupandomi anche di formazione o consulenza aziendale (anche per multinazionali), sono abituata da 20 anni ad utilizzare gli strumenti online, a fare docenze a master online e a condurre riunioni. Questo mi ha permesso di trovarmi subito a mio agio, in quanto svolgevo psicoterapie online già prima della pandemia, così come le docenze e le consulenze, e conoscevo le principali piattaforme informatiche e le loro modalità di utilizzo. Mi ha aiutato molto il fatto di avere doppio titolo, come psicoterapeuta e come psicologo del lavoro. Ci sono competenze trasversali importanti e utilissime, che hanno dato valore al mio lavoro sia con le aziende che coi pazienti.

A tal proposito, anche altre attività che voi svolgete come Centro MeMe come la formazione di conseguenza sono state trasformate in gran parte in incontri da remoto. Ci sono stati casi curiosi per le iscrizioni o la partecipazione?

Sì, certamente. Abbiamo incrementato l’attività online anche sul fronte consulenze e formazione. Centro MeMe ha due anime: una clinica rivolta ai pazienti e al supporto psicologico-psicoterapico e una organizzativa, rivolta alle aziende e alla formazione dei professionisti sanitari. Su questo ultimo fronte la pandemia ha impattato enormemente, soprattutto perché gli spostamenti sono stati limitati ed impediti. Le decisioni governative in proposito hanno penalizzato la formazione, come se fosse tutta trasferibile online, senza alcuna variazione di qualità. In realtà, ciò non è del tutto vero. Pur comprendendo la situazione, abbiamo preferito in certi casi garantire alle persone la possibilità di interagire, rimandando i corsi, perché nel nostro settore l’esperienza in aula è molto di più della mera trasmissione di contenuti, e non è affatto la stessa cosa fare esperienza di gruppo online, o in presenza. Per le iscrizioni e la partecipazione i casi buffi sono infiniti! Si va da persone che hanno fatto bonifici senza iscriversi ai corsi, e sena indicare il proprio nome, con conseguente imbarazzo della nostra segreteria (A chi fatturo? Come si chiama il partecipante? Da dove viene?) a situazioni in cui non era chiaro il destinatario. La comunicazione online non ha sempre la stessa efficacia, pur avendo alto valore mediatico! Nel caso delle consulenze invece, siccome ci occupiamo di gestione del rischio clinico e sicurezza del paziente negli ospedali e nelle strutture sanitarie, l’incremento delle richieste di consulenza è stato incredibile! I covid-manager delle strutture hanno iniziato a chiamarci dopo settembre 2020, quando si è attivata la seconda ondata. Pensavamo di essere in uscita dalla pandemia, invece non è stato così. Per queta ragione il personale delle strutture, che aveva retto fino a quel momento, non è più riuscito a sostenere da solo il peso e ha chiesto il nostro aiuto esterno. Al momento siamo molto impegnati su questo fronte, tanto da pensare a eventi anche gratuiti di diffusione di buone pratiche dal punto di vista scientifico, per aiutare i professionisti sanitari nella gestione di tutti i risvolti della pandemia. 

Dopo la pandemia lei pensa si continuerà ad utilizzare la modalità da remoto?

Assolutamente sì! Non ho alcun dubbio in proposito! Come dicevo, già utilizzavo l’online sia per le psicoterapie che per le aziende e per la formazione, quindi sono molto felice che adesso la diffidenza su questi strumenti da parte di tutti i cittadini sia diminuita. Mi spiace solo che le potenzialità dell’online abbiano dovuto passare attraverso un’esperienza tragica per emergere. D’altro canto, la presenza è insostituibile e il mio amore per la professione mi porta a dire che la relazione umana, sia essa applicata in azienda o in ambulatorio, è assolutamente insostituibile! L’atmosfera dell’ambulatorio, poter abbracciare un paziente e averlo davanti mentre piange, poterlo consolare, così come gestire in presenza l’aula, accompagnare i partecipanti ai corsi sia nelle docenze che al pranzo o alla pausa caffè, vedendo in diretta i loro occhi brillare ad ogni apprendimento, sono soddisfazioni professionali a cui non rinuncerei mai.