FIRENZE – Un pomeriggio sempre in bilico fra le lacrime e il sorriso. In un condensato di emozioni che, nell’arco di un paio d’ore, ha permesso a tanti ragazzi degli anni Ottanta, che oggi hanno i capelli un po’ imbiancati, di salutare per l’ultima volta uno di loro. E’ stato celebrato infatti nella chiesa di San Martino a Mensola, a poche centinaia di metri dalla sua casa e dal quartiere dove ha sempre vissuto, il funerale di Andrea Moricci, 68 anni, segretario e memoria storica dell’Unitalsi Toscana ma anche uno dei “ragazzi” che il GGU, il Gruppo Giovanile Unitalsi, lo ha visto nascere e crescere. Ecco perché quella di oggi, e il “bello” probabilmente è stato questo, è stata una giornata in cui l’alternarsi delle emozioni ha permesso a tanti amici, a tanti giovani di ieri di “mischiarsi” con chi invece è giovane oggi ma con la consapevolezza di fare parte di un unico mondo: quello appunto dell’Unitalsi Toscana. E non a caso, per salutare Andrea, “uomo semplice e dal cuore puro e genuino”, così come lo ha mirabilmente descritto il figlio Tommaso a conclusione del rito funebre, sono arrivati un po’ da tutta la regione.
A celebrare, circondato da tanti sacerdoti dell’Unitalsi, è stato invece don Italo Castellani, che dall’associazione è l’assistente regionale. E se l’inizio della Santa Messa è stato preceduto da quell’Ave Maria che Andrea spesso ha cantato a Lourdes, la voce rotta dall’emozione di monsignor Castellani ha dato subito il senso dell'”abbraccio profondo” che tutta la comunità presente – ma anche quelli non sono potuti esserlo ma che tanto hanno apprezzato Andrea in questi anni – ha voluto rivolgere alla moglie Cristina e ai figli. Con il “Cantico dei Cantici” a sigillare in modo netto il senso della Celebrazione Eucaristica ma soprattutto quello che Andrea ha dato alla propria famiglia: “Più forte della morte è l’amore”, proprio “perché sei stato un uomo che si è fidato di Dio – ha detto monsignor Castellani rivolto ad Andrea – che si è fidato di Dio e ha creduto sempre nella sua “promessa”. Adesso riposa in pace e dal cielo custodisci i tuoi familiari e anche tutti noi”.
A sottolineare la vicinanza di tutta l’Unitalsi Toscana alla famiglia di Andrea, le parole del presidente regionale Giampiero Bagnati: “Quella di oggi è un’emozione che non avrei mai voluto provare ma che mi consente di esprimere nei confronti di Andrea un grande sentimento di gratitudine. In questi anni di collaborazione, ho conosciuto un grande uomo e un vero innamorato dell’Unitalsi, oltre a essere sempre un punto di riferimento a cui tutti ci siamo aggrappati. Grazie per tutti gli insegnamenti che ci hai donato e per la dignità che hai dimostrato fino all’ultimo…”.
Poco di più di tre anni fa, quando ormai per la pensione era questione di giorni, lo abbiamo incontrato seduto alla sua scrivania, in quell’ufficio di via Goro Dati, e prima in via dello Studio, sempre a Firenze, dove tantissime volte, con grande pacatezza, è riuscito a sbrogliare matasse che sembravano fin troppo complicate. Era il luglio del 2018 e Andrea, oltre allo scrigno dei suoi ricordi, ci aprì anche il suo cuore. Ed è proprio con le sue parole che lo voglio ricordare, anche per rendere omaggio ai tanti dell’Unitalsi che ci hanno preceduto nel cammino e che oggi lui avrà sicuramente abbracciato di nuovo: “L’Unitalsi mi ha dato tanto: mi ha fatto crescere, mi ha dato l’opportunità di conoscere tante persone, di ceti e condizioni diverse, di luoghi e provenienze diverse, persone con corpi sofferenti fino al non credere ma non per questo privi di accettazione, il vero “Eccomi”. E con l’Unitalsi diamo fondamento a quelli che sono i principi cardine che essa rappresenta, il mettersi al servizio dell’altro, spesso sofferente, e farlo, al tempo dei social, nel modo più riservato possibile. Fare del bene ha bisogno soltanto di una cosa: un cuore grande. E’ con l’esempio che si promuove e si dà linfa vitale all’associazione, fare del bene è diventata una “malattia” sempre più rara; sta a noi, che abbiamo avuto la fortuna di incontrare l’Unitalsi, di farla diventare “contagiosa” fino a provocare una “epidemia” di Amore e di Speranza”.