L’azienda li licenzia via WhatsApp e l’Ispettorato del lavoro sospende l’attività. C’erano anche lavoratori “in nero”

CAMPI BISENZIO – Ha utilizzato Facebook il sindaco di Campi Bisenzio, Emiliano Fossi, per comunicare “che l’azienda che aveva licenziato i 5 operai pakistani è stata chiusa. I controlli dell’ispettorato del lavoro hanno riscontrato la presenza di 6 lavoratori in nero su 13 e le attività sono state sospese. Una buona notizia, che mostra la […]

CAMPI BISENZIO – Ha utilizzato Facebook il sindaco di Campi Bisenzio, Emiliano Fossi, per comunicare “che l’azienda che aveva licenziato i 5 operai pakistani è stata chiusa. I controlli dell’ispettorato del lavoro hanno riscontrato la presenza di 6 lavoratori in nero su 13 e le attività sono state sospese. Una buona notizia, che mostra la forza della collaborazione tra istituzioni. Voglio ringraziare pubblicamente il ministro del lavoro Andrea Orlando e l’assessore regionale Alessandra Nardini. Lottiamo tutti insieme per un lavoro giusto, dalla parte dei lavoratori e dei diritti: non deve esserci spazio per chi sfrutta le persone”.

Quindi è stata la volta di una nota congiunta insieme allo stesso assessore Nardini: “Ringraziamo il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il ministro Andrea Orlando, che abbiamo informato subito, appena emerse le prime notizie, e ha attivato immediatamente l’Ispettorato del lavoro per le verifiche. A questo proposito vogliamo appunto ringraziare anche l’Ispettorato nazionale del lavoro per l’importante attività che sta svolgendo”, queste le parole del sindaco Fossi e dell’assessore Nardini in merito a quanto denunciato da un’organizzazione sindacale rispetto a 5 lavoratori pakistani licenziati dalla ditta per cui lavoravano, dopo essersi rifiutati di fare turni da 12 ore a Pasquetta.

“Quanto emerge dalle verifiche dell’Ispettorato e dei Carabinieri – aggiungono Nardini e Fossi – è estremamente grave e preoccupante. La Toscana è da sempre in prima linea contro ogni forma di sfruttamento lavorativo, impegnata nel promuovere e difendere i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Non ci può essere spazio per situazioni come questa, profondamente lesiva della dignità di donne e uomini. Continueremo a seguire con attenzione l’evolversi degli accertamenti, anche in coerenza con il lavoro che a livello regionale, insieme ai territori, si sta portando avanti proprio sulla prevenzione e il contrasto dei fenomeni di sfruttamento”.

Sulla vicenda sono tornati a esprimersi anche i SI Cobas: “Apprendiamo oggi che l’Ispettorato nazionale del lavoro ha sospeso l’attività del Pronto moda a Campi Bisenzio dove, la scorsa settimana, erano stati licenziati via WhatsApp cinque operai che avevano “osato” chiedere di lavorare otto ore (e non più dodici) e un giorno di riposo per Pasquetta. Bene che siano arrivati i controlli. Ma guai a considerare la questione “risolta”. I cinque operai licenziati sono ancora fuori dal lavoro. E l’intervento degli ispettori, purtroppo, non garantisce il ripristino dei diritti minimi all’interno della fabbrica. La battaglia quindi continua, e la politica non deve lavarsene le mani ora. Gli ispettori hanno trovato in fabbrica sei lavoratori in nero nonostante i controlli fossero stati annunciati in pompa magna sulle pagine di tutti i giornali e addirittura il Ministero del lavoro li aveva promessi. Cosa significa questo? E’ la conferma del fatto che le aziende del supersfruttamento non hanno paura dei controlli. Il più delle volte pagano le sanzioni e tornano il giorno dopo a sfruttare. Perché le sanzioni sono semplici cifre di costo da mettere a bilancio. I profitti sono di grande lunga maggiori all’importo delle multe. Lo denunciamo da anni. Su questo continuiamo a richiedere l’apertura di una riflessione seria”.

E ancora: “Abbiamo due scenari davanti. Il primo: l’azienda paga le multe, si libera così della sospensione e ritorna a sfruttare i lavoratori nella più completa illegalità mentre i cinque “ribelli” rimangono senza lavoro. Il secondo: l’azienda chiude la partita Iva e ne riapre un altra. E torna a sfruttare sotto un diverso nome, magari anche nello stesso capannone. In questo secondo caso, si eviterà anche di pagare le sanzioni. Tutti e due gli scenari vanno scongiurati. Noi ci siamo e ci saremo continuando la battaglia. La politica? Durante il controllo sono stati trovati al lavoro due operai cinesi senza permesso di soggiorno. Un altro con un procedimento di emersione. Troppe volte abbiamo visto controlli di questo tipo finire per creare più guai agli sfruttati che agli sfruttatori. Gli operai cinesi sono le vittime, le maggiori vittime di questo sistema di sfruttamento. E spesso invece finiscono per essere criminalizzati loro in quanto “clandestini” al posto del proprio sfruttatore. Questi tre operai hanno diritto ad un permesso di soggiorno per sfruttamento, previsto dalle leggi (inapplicate) vigenti. Come successo alla Texprint. Si può fare. Si deve fare. Se non si farà questo, lo sfruttamento non verrà mai sconfitto. Anche su questo tema, la politica deve fare una scelta di campo, coraggiosa. Abbiamo chiesto al sindaco Emiliano Fossi, già presente alla manifestazione di sabato scorso davanti allo stabilimento, di convocare sindacato, delegati aziendali e azienda ad un tavolo presso il Comune di Campi. La vertenza non è risolta, e ha bisogno dell’impegno istituzionale per risolverla. A quel tavolo bisogna sedersi con la consapevolezza di tutto quello che abbiamo detto sopra. Siamo pronti a tornare ai cancelli della fabbrica. Il 1 maggio, invece, manifesteremo a Prato – cuore del distretto del supersfruttamento – con un corteo che partirà alle 16 dai giardini Carlo Marx. Per dire basta allo sfruttamento nel distretto tessile ed abbigliamento che si estende sulla Piana”.